Ecco cosa accade alle uve in appassimento
L'uva messa ad appassire non si disidrata semplicemente, ma prosegue alcuni dei metabolismi iniziati con la maturazione e ne attiva di nuovi, con conseguenze importanti per la vinificazione
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Dopo la vendemmia e in fase di appassimento l'uva non muore, ma modifica il suo metabolismo
Fonte foto: © hykoe - Fotolia
Ad indagare queste dinamiche ci ha pensato un gruppo di ricercatori, coordinato da Giambattista Tornielli, del dipartimento di Biotecnologie dell'Università di Verona.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Plant physiology, tra le riviste internazionali più autorevoli in ambito vegetale.
Gli scienziati sono partiti dallo studio della varietà Corvina, un vitigno fondamentale per la zona del veronese, utilizzato per la produzione di vini passiti come l'Amarone e il Recioto.
Una volta colti e messi ad appassire, gli acini non sono morti, ma vivi e devono contrastare la disidratazione e la conseguente concentrazione dei succhi cellulari. Per farlo modificano il metabolismo con trasformazioni a carico di polifenoli e aromi.
"Abbiamo applicato le tecnologie e le conoscenze più avanzate, sviluppate per la prima volta proprio a Verona nel nostro dipartimento, per l'analisi dell'espressione genica su larga scala (trascrittomica) e del profilo dei metaboliti (metabolomica)", spiega Sara Zenoni, ricercatrice di Genetica agraria e prima firmataria del lavoro.
"Abbiamo così potuto constatare che sono migliaia i geni che cambiano la loro espressione nel corso di un appassimento di tre mesi. Abbiamo ricostruito i processi metabolici fondamentali delle uve in appassimento: appaiono interessanti dal punto di vista enologico le grandi modifiche che riguardano i composti polifenolici e i composti ad impatto aromatico della famiglia dei terpeni, che avvengono solo se le uve rimangono ad appassire per tempi molto lunghi”.
Al di là della fisiologia della bacca, dal punto di vista enologico proprio queste risposte attive all'appassimento sono fondamentali per ottenere vini rinomati come appunto l'Amarone o il Recioto.
"La prospettiva che emerge dal nostro studio - spiega Tornielli - dimostra come l'appassimento non sia un semplice processo di disidratazione passivamente subito dall'uva, ma come anzi vi sia un metabolismo attivo negli acini che modificano le proprie caratteristiche. La conoscenza del processo biologico dell'appassimento è quindi necessaria per definire rigorosamente le condizioni più adatte al raggiungimento degli alti standard qualitativi per la successiva vinificazione".
Ma non tutti i vitigni appassiscono in maniera uguale. La comparazione di varietà come Corvina, Sangiovese, Oseleta, Syrah, Merlot e Cabernet Sauvignon ha evidenziato come Corvina e Sangiovese (in misura minore) rispondono all'appassimento in modo nettamente più attivo delle altre. Un vantaggio competitivo per i vignaioli del veronese.
Il lavoro dei ricercatori dell'Università scaligera è stato svolto in collaborazione con alcune aziende vitivinicole del territorio, in particolare l'azienda Masi agricola e il suo Gruppo tecnico. "I risultati raggiunti dimostrano come sia fondamentale la sinergia tra il mondo della ricerca e quello delle imprese per poter sviluppare conoscenze scientifiche approfondite con un potenziale impatto applicativo", fanno sapere dall'ateneo.
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Fonte: Agronotizie
Autore: Tommaso Cinquemani
Tag: vino viticoltura ricerca vitivinicoltura genetica tecnologia cibo e alimentazione
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