"Per concorrere sui mercati internazionali l’agricoltura non può prescindere dall’innovazione e dall’utilizzo delle più moderne tecniche di miglioramento genetico, le cosiddette New breeding techniques, e il genome editing è una delle più promettenti che abbiamo oggi a disposizioneTuttavia il rischio è che l’Unione europea possa bloccare questo importante progresso scientifico inserendo il genome editing nel regime normativo degli organismi geneticamente modificati, Ogm, con i quali invece non hanno niente a che vedere".

Sono le parole del presidente di Assosementi Giuseppe Carli, nell'intervento di ieri, 28 settembre, in occasione del convegno promosso dall'Università di Bologna intitolato "Genome editing: come nasceranno le varietà di domani". L’Unione europea, secondo Carli, è quindi chiamata in tempi brevi a chiarire la propria posizione sulle nuove tecniche di miglioramento genetico, le cosiddette New breeding techniques, Nbt, basandosi su oggettive basi scientifiche.

"La peculiarità del genome editing è l’azione più precisa e mirata sulle sequenze geniche, evitando quindi di introdurre Dna estraneo, permettendo inoltre di modificare in modo predefinito solo il gene di interesse, diversamente dalla mutagenesi indotta - ha aggiunto Carli -. Questa tecnica consente inoltre di realizzare varietà resistenti e in grado di rispondere alle caratteristiche produttive e qualitative desiderate dagli agricoltori in minor tempo rispetto ai metodi convenzionali che richiedono dagli 8 ai 10 anni".

"Per consentire l’accesso a questa Nbt, fondamentale per la futura competitività della nostra agricoltura, è però necessario che l’uso di questa tecnica venga sostenuto e incentivato, e non ostacolato da scelte normative incongruenti che classifichino come Ogm le varietà prodotte con l’editing - ha ribadito Carli -. Senza una chiara regolamentazione le piccole e medie imprese europee sarebbero disincentivate ancorché impossibilitate ad utilizzare l’editing per via degli ingenti costi delle procedure autorizzative richieste per la commercializzazione degli Ogm, con il risultato che la ricerca verrebbe inevitabilmente delegata ai paesi extra Ue che quindi si assicurerebbero un notevole vantaggio competitivo".