Un equilibrista sospeso su un filo, a cento metri d'altezza, e sotto nessuna rete di protezione. E' questa l'istantanea del settore agrumicolo siciliano, alla prese con il problema Tristeza e con una riqualificazione che tarda a venire. Alcune aziende però stanno tentando di superare queste difficoltà, ma da sole e senza l'aiuto delle istituzioni e della politica è difficile. Affrontare il cambiamento e l'emergenza fitosanitaria diventa vitale per il futuro, altrimenti potremmo perdere un'eccellenza riconosciuta in tutto il mondo.  

Ma allora come si può fare? Qual è la strategia per cambiare questo trend? Abbiamo chiesto a Salvo Laudani, presidente di Fruitimprese Sicilia, di spiegarci qual è la situazione del comparto agrumi in Sicilia e qual è la strada che si può percorrere per crescere e per valorizzarsi.
 
Recentemente avete inviato al Mippaf un dossier sulla questione dell'ortofrutta siciliana. Quali sono i punti salienti?
"L'aspetto principale ha riguardato la Tristeza - spiega Laudani - Da mesi siamo alle prese con il Ctv-Citrus tristeza virus, che ad oggi ha interessato oltre 32 mila ettari di agrumeti, soprattutto nelle province di Catania e Siracusa, sui 70 mila totali. Siamo di fronte ad una vera emergenza ed i danni produttivi ed economici sono stati ingenti. Fino ad oggi l'unico modo per fronteggiarla è stato l'eradicazione delle piante infette.
Se vogliamo però combattere veramente la Tristeza dobbiamo riconvertire la produzione, impiantando nuove varietà tolleranti e resistenti al virus. Senza dimenticare la qualità del prodotto. Questa è l'unica strada per riqualificare l'agrumicoltura, superare l'emergenza e riprendersi il mercato. Però non possiamo aspettare troppo e le istituzioni e la politica ci devono aiutare. Chi non ha potuto attendere ha già iniziato questo cambiamento ed il risultato è stato positivo".

 
Arance pronte per essere raccolte in un impianto siciliano: (Fonte immagine - © Pixabay)

E sul fronte della competitività?
"Anche questo - continua Laudani - è un aspetto che abbiamo voluto inserire nel dossier. Le aziende siciliane non sono competitive rispetto al resto d'Europa, Spagna in primis. I motivi sono diversi ma quello che balza più all'occhio sono gli alti costi di produzione, di logistica e d'energia. E poi le tasse danno la mazzata finale. Non possiamo farcela da soli e lo Stato deve intervenire.
E non dimentichiamo che la Tristeza riduce ancora di più la nostra competitività, visto che le piante infette producono meno e peggio. Questo ovviamente lascia spazi alla concorrenza. Basti dire che da gennaio a giugno di quest'anno la Spagna ha inviato in Italia oltre 200 mila tonnellate di agrumi. Un quantitativo decisamente alto".


Com'è stata l'ultima campagna produttiva?
"Difficile ed impegnativa - conclude Laudani -, all'insegna di buona produttività ma con pezzature scarse. Questo ha ridotto il reddito dei produttori già fortemente in crisi. Mentre la stagione precedente era stata molto scadente ma con buone pezzature. Quest'anno si farà fatica a valorizzare il prodotto e quindi la remunerazione non sarà granché. Chi però è stato capace di produrre bene potrà permettersi di soddisfare le richieste del mercato ed avere un giusto compenso".

E allora come vede il futuro degli agrumi siciliani?
"Non dobbiamo abbatterci. Se guardo avanti vedo buone prospettive. Ma a patto che ci sia una vera riqualificazione ed un vero cambio di marcia".