Ottenere le piante di carciofo direttamente da seme e non da carduccio o micropropagazione, cogliendo vantaggi economici e di stabilità genetica del materiale di propagazione, a tutto vantaggio dell’intera filiera produttiva: dal produttore al consumatore, che potrà contare sulla stabile riconoscibilità di un prodotto sempre di maggiore qualità. 

E’ quanto emerso sabato scorso nel convegno “Il carciofo da seme. Prospettive di sviluppo in Campania” tenutosi a Mercato San Severino, in provincia di Salerno, nell’ambito del Progetto di ricerca “Produzione sementiera del carciofo-Cynaseme”, cofinanziato dalla Misura 124 del Programma di Sviluppo Rurale della Campania 2007/2013.

I soggetti partner del progetto Cynaseme, cofinanziato dalla misura 124 del Psr Campania, sono la Semiorto Sementi Srl, che ha materialmente sviluppato i nuovi ibridi di carciofo romanesco F1, il dipartimento Dafne dell’Università della Tuscia, che ha dato il supporto dei suoi genetisti ai breeder della Semiorto Sementi e la società agricola Iris Garden Sas di Mannara Maurizio & C. che ne ha sperimentato la coltivazione. I nuovi ibridi F1 di carciofo da seme, tutti italiani, ottenuti dal progetto Cynaseme - CS11-054 e CS 11-114 – sono già in corso di iscrizione al Registro varietale.

Numerosi i benefici per le imprese agricole che adotteranno negli impianti carcioficoli piantine provenienti da seme, a cominciare dalla maggiore produttività e vigoria della pianta. Non di meno si è rilevata una riduzione dei costi aziendali, in virtù della differente durata della coltura che da poliennale passerà ad annuale, con possibilità di inserire rotazioni colturali in grado di ridurre la stanchezza del terreno.

Altra chicca: piantando gli ibrdi F1 di carciofo romanesco da seme aumentano sia i guadagni che i ricavi sulla coltura: perchè il minor impiego di fitofarmaci, una maggiore meccanizzazione delle operazioni di messa a dimora e colturali abbattono i costi, mentre una minore perdita di produzione dovuta agli stress biotici innalza fatalmente la produzione lorda vendibile aziendale. Altro vantaggio è la maggiore competitività conseguente all’impiego di materiali genetici innovativi - ibridi F1 - che grazie alla stabilità nel tempo sono in grado di fidelizzare il consumatore finale. Infine, last but not least i nuovi ibridi assicurano maggiori garanzie dal punto di vista sanitario.

Tutte queste caratteristiche sono al servizio dell’espansione della coltura. L’Italia è il primo produttore mondiale di carciofo, nonostante ciò solo la metà della popolazione conosce e consuma questo ortaggio. La grande opportunità è accrescere la cultura del carciofo e stimolare i consumi di un prodotto che fa bene all’organismo nel suo complesso, continuando a migliorare la qualità del prodotto e a semplificare e rendere più profittevole la gestione agronomica della sua coltura.

“Crediamo nella ricerca e nell’innovazione tutta made in Italy” ha iniziato così il suo intervento Giuseppe Mancuso della Semiorto Sementi. L’azienda aveva a disposizione e già commercializzava l’ibrido F1 Romolo, unico ibrido della tipologia Romanesco presente sul mercato. Da questa pianta è partito il lavoro di selezione, con l’apporto dell’Università della Tuscia, per ottenere varietà adatte alla riproduzione da seme: gli ibridi F1 CS11-054 e CS 11-114. In agro di Mazzarino (Caltanissetta), sono stati raccolti capolini commerciabili già a partire dal mese di dicembre 2014. I risultati ottenuti ne hanno evidenziato sia l’ottima produttività che le buone caratteristiche qualitative.

“Un comparto, quello del carciofo, ricco di opportunità ma anche di criticità - ha evidenziato il capo del team interdisciplinare di genetisti molecolari e agronomi, che ha curato il progetto di ricerca Cynaseme,  Francesco Saccardofino a questo momento la produzione del carciofo in Italia è avvenuta con carducci, ovuli e piante micro-propagate con tutte le problematiche connesse a tali tecniche colturali (coltura poliennale, eterogeneità del materiale genetico, condizioni fitosanitarie spesso incerte). Queste difficoltà hanno ostacolato lo sviluppo vivaistico del carciofo e la gestione agronomica della coltura”.

“Il progetto di ricerca loda una pubblica amministrazione a supporto dell’innovazione, una Regione Campania presente e che ha reso possibile la ricerca in un settore – quello sementiero - in cui si investe poco - ha afferma Romana Bravi, referente del Centro di sperimentazione e certificazione delle sementi della sede di Battipaglia, che sottolinea - In precedenza solo altri Paesi, come la Spagna, avevano coinvolto i loro istituti in ricerche di miglioramento genetico del seme per la coltura del carciofo”.