Inaugurazione per la 27esima edizione del convegno peschicolo nazionale, dal titolo 'Innovazione e strategie per la peschicoltura del futuro'. L'evento si è tenuto il 23 ottobre davanti ad una platea di oltre 300 persone all'interno del Pala de Andrè di Ravenna con il supporto organizzativo di Cso-Centro servizi ortofrutticoli, Università di Bologna, Cra-Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura.

"Nonostante la devastante crisi del mercato - spiega Silviero Sansavini del DipSa-Università di Bologna e promotore del Convegno -, come non mai si era verificato in passato, siamo fiduciosi che dalle due giornate uscirà un vigoroso messaggio di speranza, un atto di fiducia nella peschicoltura del futuro che attinge dalla consapevolezza che ancora una volta, se i peschicoltori lo vorranno, saranno loro stessi ad indicare i capisaldi tecnici da seguire nei prossimi anni. Le innovazioni varietali, tecnologiche ed agronomico-sanitarie, sono tutti presupposti di una possibile e motivata rinascita culturale-produttiva, da tutti auspicata. Ma serviranno anche proposte e soluzioni per le altre gravi problematiche della filiera pesco (organizzativa, socio-economica, logistica, promozionale, accordi con catene distributive, ricerca nuovi mercati, etc)".
 
La sessione mattutina del convegno, moderata da Ivano Valmori di AgroNotizie, ha ospitato importanti relatori: Elisa Macchi (Direttore del Cso di Ferrara), Giancarlo Minguzzi (Presidente FruitImprese Emilia-Romagna), Hans-Christoph Behr (Ami) e Carlo Pirazzoli (Università di Bologna). 

I numeri di pesche e nettarine in Italia e in Europa
"La produzione di pesche, nettarine e percocche si sta contraendo nell'Unione Europea - spiega Elisa Macchi del Cso -, passando dagli oltre 4 milioni di tonnellate dei primi anni 2000 ai circa 3,7 milioni di tonnellate del 2013. Restringendo il campo alla sola offerta destinata al mercato fresco la tendenza però sembra stabile nello stesso arco temporale con i circa 2,8 milioni di tonnellate prodotte nel 2013. L'Italia attualmente è il primo produttore europeo con 1,5 milioni di tonnellate prodotte (erano 1,6 milioni nel 2000) seguita da Spagna con quasi 900 mila tonnellate (erano 500 mila nel 2000), Grecia con oltre 300 mila (erano oltre 400 mila nel 2000) e Francia con quasi 300 mila (erano 450 mila nel 2013).
Il pesco rappresenta il 25% circa dell'offerta frutticola italiana -
continua la Macchi -, per un valore alla produzione di oltre 600 milioni di euro. Tuttavia il comparto peschicolo si caratterizza come uno dei più disaggregati. Basti pensare che nell'ambito del Cso la specie del pesco è quella con la minore rappresentatività rispetto al complesso delle superfici investite. A dicembre 2013 era pari al 16%, contro il 35% di pere e il 36% del kiwi. Inoltre è fondamentale proseguire il miglioramento varietale, uniformare l'offerta di prodotto su standard qualitativi elevati, ma allo stesso tempo rendere riconoscibili le diverse varietà con le loro caratteristiche. Sottolineo come nei catasti delle imprese aderenti al Cso sono presenti nel 2014 quasi 470 tipologie diverse di pesche e nettarine e la numerosità non è certo diminuita dal 2004 ad oggi quando erano circa 450. Un'ulteriore necessità è un'attenta programmazione sia a livello italiano che europeo per evitare eccessi di prodotto. La programmazione può essere fatta solo se si conosce la situazione attuale. E' quindi necessario costituire il catasto delle produzioni, ma in una situazione di così elevata disaggregazione diventa difficile. Solo una sinergia con le istituzioni può portare un beneficio".
 

Import-export italiano, diamo i numeri
"Anche nel 2013 l'Italia ha continuato a destinare le sue pesche e nettarine soprattutto in Germania - spiega Giancarlo Minguzzi, Presidente di FruitImprese Emilia-Romagna -. La quantità esportata è però calata di oltre 18 mila tonnellate in un anno, passando dalle oltre 148 mila tonnellate del 2012 alle oltre 129 mila del 2013. Si evidenzia inoltre che l'export italiano nel 1° semestre 2014 segna un incremento del 24% a volume, ma un pesantissimo -17% a valore. Di contro, l'import italiano è aumentato del 29% a volume e dell'1% a valore con una quantità pari a oltre 72 mila tonnellate 
Sul mercato tedesco l'attuale leader di mercato appare essere la Spagna con il 50% di quota, seguita dall'Italia con il 43%. L'import del Regno Unito sta invece aumentando costantemente, portandosi nel 2013 a superare le 80 mila tons. Anche questo mercato è dominato dalla Spagna, che detiene una market share del 63% con l'Italia seconda con il 12%Segnalo anche il mercato scandinavo dove l'Italia è prima con il 55%. 
Dobbiamo cambiare molto per tentare un rilancio del comparto peschicolo. E' necessario migliorare la qualità del prodotto, riconvertire i nostri impianti con nuove e più adatte varietà e migliorare la frammentazione dell'offerta commerciale e del commercio dei prodotti".


 

Grande partecipazione alla 27 edizione del convegno nazionale peschicolo tenutasi a Ravenna ed organizzato dal Cso di Ferrara e dall'Università di Bologna


Germania, il 60% delle pesche si vendono al discount
"In base alla nostra indagine abbiamo notato come il consumo di pesche e nettarine sia molto più alto nei Paesi produttori d'Europa rispetto a quelli importatori - spiega Hans-Christoph Behr, della società di consulenza tedesca Ami -. La Germania ha il maggior consumo pro-capite (2,39 kg/persona nel 2013, di cui 1,51kg/persona per le nettarine e 0,88 kg/persona per le pesche), ma allo stesso tempo ha anche i minori prezzi al consumo (nel 2013 si sono attestati a 1,75 euro/kg per le nettarine e 2,16 euro/kg per le pesche). Mediamente, un consumatore tedesco spende in pesche e nettarine solo 4,53 euro/kg all'anno, contro i 10,04 euro/kg degli italiani, i 6,97 euro/kg dei francesi ed i 6,92 euro/kg degli spagnoli.
Abbiamo notato che le pesche vengono consumate tendenzialmente meno che le nettarine, anche se negli ultimi anni questa tendenza è in aumento grazie soprattutto alla diffusione delle platicarpe che presentano ottimo sapore e si adattano ad un consumo snack. Il prodotto a frutto piatto viene principalmente venduto nelle confezioni da 500 grammi. La sua quota a volume è salita al 17,8% nel 2014, rispetto al 10,9% del 2013 e del 9,7% del 2012. Il principale segmento di consumo in Germania sono gli over 70 e il luogo principale di acquisto è il discount con il 60%. Discorso diverso per Francia e Spagna, dove i volumi si concentrano principalmente e rispettivamente negli iper (32%) e nei canali tradizionali (60%)".



30 centesimi al chilo non sono abbastanza per andare avanti
"Abbiamo fatto uno studio di competitività che ha riscontrato come i costi di produzione in Italia siano superiori - spiega Carlo Pirazzoli, Università degli studi di Bologna - rispetto ad altri Paesi nostri competitor, Spagna e Grecia su tutti. Mediamente in Emilia-Romagna produrre un chilo di pesche costa circa 40-50 centesimi. Inoltre all'aumento dei costi non è corrisposto un aumento dei prezzi alla produzione che, invece, sono rimati fermi sui livelli di dieci anni fa, su valori di circa 30 centesimi al chilo. Abbiamo eroso tutta la nostra redditività e a volte si è andato oltre. Per poter pensare di cambiare questo trend è necessario contenere i costi di produzione, aumentare le rese produttive, migliorare la qualità, rinnovare le varietà, adeguare l'offerta alla domanda, migliorare la programmazione dell'offerta, migliorare la valorizzazione del prodotto, perseguire accordi di filiera migliorativi per i produttori agricoli, maggiore coordinamento del sistema".
 

Tutte le relazioni presentate sono scaricabili sul sito del Cso di Ferrara, organizzatore dell'evento.