La produzione italiana di kaki mostra quest’anno una diminuzione abbastanza consistente, risultando inferiore di circa il 15-20% ai quantitativi storici normalmente prodotti. Le ragioni di questa contrazione sono da ricercare essenzialmente nella scarsa allegagione e nella caduta di una parte dei frutti registrata nel corso dell’estate 2013.

A tracciare un primo, parziale, bilancio a poco più di un mese dall’avvio della campagna è Cristian Moretti, direttore di Agrintesa.
Forte della grande vocazionalità del territorio e dell’elevata specializzazione, la cooperativa faentina ha saputo differenziare la propria offerta affiancando al tradizionale kaki romagnolo (che fa perno sulla varietà Kaki Tipo, gradita per la dolcezza, l’aroma e la specifica tipologia di consumo dei frutti, a cucchiaio) la nuova cultivar Rojo Brillante con frutti consistenti, da sbucciare, particolarmente apprezzati dai consumatori più giovani.

Per quanto concerne i diversi mercati, i consumatori italiani prediligono il prodotto classico con polpa morbida, mentre all’estero si registra una preferenza abbastanza netta per i kaki a polpa soda, in particolare in Germania, Inghilterra ed Europa dell’Est. Soltanto in Svizzera, in virtù della nutrita presenza di cittadini di origine italiana, la bilancia dei consumi pende verso i kaki tradizionali come nel nostro Paese.

Complessivamente – dichiara Moretti – quest’anno la produzione di Agrintesa supera di poco i 50.000 quintali ed i frutti mostrano buone caratteristiche organolettiche e di pezzatura. Grazie anche a questo elevato livello qualitativo garantito dalla nostra cooperativa la commercializzazione dei kaki, affidata alle società Alegra e Valfrutta Fresco, è partita bene e sta proseguendo con un trend abbastanza soddisfacente anche in questi giorni”.

Moretti riporta che un altro elemento positivo per la campagna è la grande concentrazione, produttiva e commerciale, che si registra in Italia per questo frutto. La coltivazione dei kaki è infatti diffusa prevalentemente in Emilia Romagna e Campania, che da sole rappresentano più del 90% della produzione nazionale totale. "Queste sono inoltre le due Regioni che hanno sviluppato maggiormente il sistema di gestione post raccolta - nota Moretti - particolarmente importante per un frutto come questo che richiede un’elevata professionalità non solo in campo ma anche, e soprattutto, nelle fasi successive della filiera”.