Nemmeno rimandata, la proposta di riforma della Pac è sonoramente bocciata da Intercéréales, l’associazione interprofessionale francese del comparto cerealicolo.
E dal tenore delle dichiarazioni, ci sembra che l’asse franco-tedesco in Europa si sia un po’ allentato, quanto meno agli occhi degli addetti ai lavori.

La riforma della Pac avrebbe tradito i principi delle Organizzazioni comuni di mercato nate nel 1962 e non avrebbe messo in pista strumenti efficaci per contrastare la volatilità dei listini.
Anzi, per dirla con le parole di Hervé Le Stum, direttore di Intercéréales, “la Pac è diventata una politica che si occupa del territorio e dell’ambiente, ma non è più una politica agricola”.


Direttore Le Stum, la Francia è uno dei principali produttori di cereali europei. Come è stato il raccolto 2012?
“Durante lo scorso inverno abbiamo temuto il peggio per le gelate, che hanno attanagliato soprattutto la zona nord-est del Paese. Molti produttori sono stati costretti a seminare il grano su suoli gelati, un fenomeno che non accadeva da molti anni.
Per questi motivi le superfici di grano sono scese di 150.000 ettari rispetto alla stagione precedente. ciononostante, la produzione ha avuto esiti migliori, grazie all’aumento delle rese medie, al punto che il raccolto 2012 è stato di 35,8 milioni di tonnellate, contro i 34 milioni del 2011”.


Una situazione che immagino abbia provocato un aumento delle colture cerealicole primaverili…
“Esattamente. Granturco e orzo sono cresciuti notevolmente. Alcuni dati: la produzione di orzo primaverile destinato alla produzione di birra è salito a 4,6 milioni di tonnellate contro i 2,5 milioni del 2011, mentre l’orzo autunno-vernino ha registrato un incremento più timido, da 6,3 milioni di tonnellate nel 2011 è passato a 6,7.
Questo non ha avuto un impatto significativo sulla produzione di grano, a causa di rendimenti più bassi rispetto allo scorso anno (15,5 contro 15,9 milioni di tonnellate nel 2011).
Significativamente superiore è stata la produzione di grano duro, 2,4 milioni di tonnellate contro i 2 del 2011”.


Quali sono le previsioni per l’annata cerealicola in corso?
“Ad oggi, ci aspettiamo un ritorno alla normalità per tutti i cereali. Prevediamo che le superfici di grano saranno leggermente superiori alla media decennale (+1,5%), mentre grano duro e orzo invernale risentiranno di una flessione del 5% rispetto alla media dell’ultimo decennio”.

Come procede il decorso delle semine autunnali?
“Le semine autunnali sono state ostacolate da condizioni molto umide nella maggior parte delle regioni. Ma finora l’inverno è stato normale e le falde acquifere sono rimpinguate. E come gli altri anni, la Francia esporterà la metà della propria produzione”.

Si sta discutendo della riforma della Pac. Qual è, direttore, l’opinione di Intercéréales?
“La riforma della Pac non è assolutamente progettata per orientare la produzione di cereali, in quanto il dogma europeo da oltre 15 anni è far giocare il mercato nel determinare la scelta degli agricoltori”.

È un giudizio alquanto negativo.
“La Pac è diventata una politica che si occupa del territorio e dell’ambiente, ma non è più una politica agricola. Le Organizzazioni comuni di mercato che hanno fatto il successo della Pac del 1962 sono state svuotate del loro contenuto”.

Addirittura?
“Questa riforma nasconde molti pericoli per i produttori di cereali.
Gliene dico qualcuno.
Innanzitutto, l’applicazione della sussidiarietà, in attuazione delle varie misure, provoca una distorsione della concorrenza tra Paesi: è probabile infatti che, dopo la riforma, gli aiuti per ettaro sul grano destinati agli imprenditori tedeschi siano più elevati di 80-100 euro rispetto ai loro omologhi francesi, il cui aiuto è stato tagliato a vantaggio di misure per il bestiame o per altre produzioni.
I vincoli ambientali rischiano di limitare la produzione e di ridurne la qualità. Ad esempio, se prendiamo il frumento, è noto come le limitazioni all’uso di azoto diminuiscano inizialmente il contenuto proteico di grani, influenzando fortemente le qualità in fase di panificazione; abbiamo trovato che quasi nessun frumento prodotto in Danimarca, dove tali restrizioni sono in vigore da diversi anni, è risultato adatto per il pane.
Allo stesso modo, tutto ciò che riguarda i mezzi di produzione - prodotti fitosanitari o le risorse idriche per irrigare - può essere influenzato da misure agroambientali nazionali, finanziate per il 30% degli aiuti europei, in base alla superficie assegnata".


Questo vi pone in una posizione antitetica rispetto al greening, pare di capire.
“Certo. La proposta di riservare il 7% delle superfici coltivate a zone di interesse ecologico, con ogni probabilità andrà ad indebolire il potenziale produttivo”.

In questi ultimi anni i cereali hanno affrontato più di una volta i rally dei mercati. La Pac potrà aiutarvi in tal senso?
“Nessuna misura concreta riuscirà a mitigare la volatilità dei prezzi, che ora è il problema principale dei produttori di grano dopo l’apertura delle frontiere. I meccanismi di garanzia proposti, sia in risposta alle incertezze economiche che ai rischi per la salute non sono assolutamente all’altezza delle sfide”.

In Francia avete avuto problemi di aflatossine?
“No, non ne abbiamo avuto notizia. Non è un problema prioritario per la produzione francese e dunque il problema della revisione delle soglie di legge non si è ancora presentato.
L’industria francese si pronuncerà quando si verificherà il problema.
La Commissione europea sta però lavorando ad una deroga temporanea ai livelli massimi di micotossine, in caso di condizioni climatiche eccezionali.
Ma questo testo, tuttavia, si occuperà solamente delle Fusarium-tossine e dei derivati ??destinati al consumo umano. Tale deroga non dovrebbe riguardare anche altre tossine, come le aflatossine nei mangimi animali”.


Recentemente l’Efsa si è espressa sull’interazione fra l’uso dei neonicotinoidi e la moria delle api. Il governo francese fu tra i primi a imporre il divieto, salvo poi fare marcia indietro.
“Dopo tale parere dell’Efsa, la Commissione dovrebbe proporre agli Stati membri il divieto nell’uso di tre neonicotinoidi per due anni.
Quindi il governo francese dovrebbe applicare il principio di precauzione senza porsi domande e vietare senza indugio tutti i prodotti che contengono neonicotinoidi, limitando. Questo limiterà di nuovo i mezzi di produzione a disposizione degli agricoltori. La conseguenza generalizzata a livello europeo sarà un calo della produzione di cereali in Europa, mentre tutti sanno, e la Fao lo continua a dire, che la domanda di cereali a livello mondiale aumenterà del 70% nei prossimi 30 anni”.


La pratica dell’ingrasso dei bovini, prima marginale in Francia, avrà secondo voi delle ripercussioni sui consumi o sulle scorte dei cereali?
“Gli effetti di questo rinnovato interesse per l’ingrasso dei broutard in Francia sarà molto marginale. La dieta per i vitelli da ristallo si basa principalmente sull’insilato di mais e il grano interviene solo a completamento della razione.
È probabile che se verranno dedicate nuove superfici ala coltura del mais per insilato, una parte verrà distolta dalla produzione di grano, ma un’altra parte andrà a sostituire l’orzo da foraggio primaverile, che è molto meno produttivo.
Tuttavia, l’impatto dell’ingrasso dei broutard sugli usi del grano in Francia sarà misurata in centinaia di migliaia di tonnellate, non in milioni di tonnellate. La quantità sarà inferiore alle variazioni del raccolto da un anno all’altro e la capacità della Francia di rifornire di grano i suoi vicini europei sarà completamente influenzata da questo cambiamento”.


Come vedete le energie rinnovabili?
“Siamo convinti che non si torni indietro. È necessario sviluppare tutte le energie rinnovabili e anche le biomasse ne fanno parte. Le tecniche e le materie prime utilizzate oggi, a partire dai cereali ai semi oleosi, corrispondono alla prima generazione di queste tecnologie. Ed è illusorio credere che la produzione di energia da biomassa possa direttamente competere con la seconda o terza generazione.
Quanto alla produzione di biocarburanti i due terzi della colza trovano questo impiego, mentre l’uso del grano rimane al di sotto del 5% della quantità di grano disponibile ogni anno”.