Il maltempo autunnale, con piogge e alluvioni che hanno colpito vaste aree a nord e a sud dell’ Italia, nelle nostre campagne ha fortemente limitato la semina dei cereali autunnali.

Secondo stime di Sis - Società italiana sementi, impresa sementiera leader nella produzione e commercializzazione di seme di frumento tenero e duro, la riduzione delle semine va da un meno  10-15% delle aree più precoci come Bologna e la Romagna, a meno 30-40% di Veneto, bassa Lombardia e alta Emilia nonché centro Italia.

“Siamo di fronte ad una autunno eccezionalmente ‘bagnato’, il più bagnato dell’ultimo decennio - commenta il presidente della Società, Gabriele Cristofori –  munque non tutto è perduto, c’è ancora tempo per poter seminare, approfittando del ritorno della stagione asciutta”.

Nel comparto dei frumenti teneri, dove Sis è leader di mercato, oltre alla possibilità di seminare fino a metà gennaio anche varietà autunnali come il richiestissimo ‘Bologna’, ci sono varietà perfettamente alternative come ‘Palesio’ e la novità ‘Masaccio’ che possono essere seminate fino a tutto febbraio o varietà come il primaverile ‘Valbona’ per la cui semina si può arrivare anche al 15 marzo. “Naturalmente – spiega il direttore generale, Claudio Mattioli - per questo tipo di semine si rende necessario l’ accorgimento di aumentare di un 15/25% la dose di seme per ettaro”.

Per quanto riguarda i frumenti duri, Sis ricorda che le sue  varietà, tra le quali spicca per diffusione il ‘Claudio’, sono tutte perfettamente alternative e quindi seminabili tranquillamente anche in periodo ‘primaverile’, e cioè fino a tutto febbraio. Naturalmente più la semina è posticipata, più è opportuno rivolgersi a varietà  precoci.

Sis è impegnata ad evitare il rischio di una forte contrazione delle semine e quindi di un ulteriore calo della produzione di frumenti.

“Si tratta – commenta Cristofori – di forniture strategiche per la qualità del made in Italy (pane e pasta). Nell’attuale scenario di volatilità dei mercati, non si deve disincentivare la produzione nazionale e quindi la capacità di auto-approvvigionamento del nostro Paese, rendendo l’industria di trasformazione ancor più dipendente dalle importazioni”.