Il professor Giorgio Mariano Balestra, del Dipartimento di Protezione delle piante dell'Università della Tuscia, affronta nel suo intervento anche aspetti epidemiologici e molecolari  del batterio.

"Gli isolati di PSA rinvenuti ad oggi in Italia - spiega il professor Balestra - si contraddistinguono per la morfologia tipica delle colonie, circolari, convesse, con bordi a volte ondulati, di diametro di 2-3 mm, e di colore bianco. Sono inoltre negativi in riferimento a: produzione di pigmenti fluorescenti, colorazione di Gram, ossidasi, riduzione dei nitrati, crescita a 40°C, idrolisi dell’arbutina, caseina, tirosinasi ed ureasi, marciume su patata, produzione di 2 chetogluconato, liquefazione della gelatina. Gli stessi, invece, sono positivi in relazione a: produzione di levano, idrolisi del Tween 80, produzione di acido da sorbitolo, utilizzazione del saccarosio e reazione di ipersensibilità su foglie di tabacco.Risultano suscettibili al rame, a differenza di alcuni isolati di PSA giapponesi che risultano resistenti a differenti concentrazioni di rame metallo (Fratarcangeli et al., 2009; Quattrucci et al., 2010). 

Similmente gli isolati italiani analizzati non sono resistenti agli antibiotici, mentre differenti isolati di PSA coreani e giapponesi risultano antibiotico-resistenti (Nakajima et al., 1995); inoltre, tutti gli isolati di PSA, ad eccezioni di alcuni ottenuti oltreconfine (Hwang et al., 2005), non risultano attivi nel nucleare il ghiaccio (Balestra et al., 2010, dati non pubblicati) come invece evidenziato per altri batteri (P. s. pv. syringae, P. viridiflava) in grado di indurre danni da gelo su piante di actinidia (Balestra e Varvaro, 1998; Rossetti e Balestra, 2007, 2008a; Rossetti et al., 2009)".

In riferimento alla produzione di fitotossine, saggi biologici e molecolari dimostrano che gli isolati di PSA italiani non producono né faseolotossina, prodotta dagli isolati giapponesi, né coronatina, prodotta invece tipicamente da quelli coreani (Shim Han et al., 2003; Balestra et al., 2010, dati non pubblicati)

L’epidemiologia

Differenti sono i fattori che possono potenzialmente concorrere ad una diffusione di PSA; su questi aspetti differenti gruppi di ricerca sono attivamente impegnati in indagini di ricerca e sperimentazione. Di seguito vengono riportate le informazioni acquisite in merito a: gelate (autunnali, invernali, primaverili), eventi grandinigeni, pioggia, vento, potatura (invernale-estiva), diradamento, raccolta, caduta foglie, polline, frutti, materiale vivaistico.

  • Gelo: Temperature al di sotto dei -10°C e per periodi prolungati debilitano notevolmente le piante di actinidia, provocando stress e determinando la formazione di numerose ferite in grado di predisporre i tessuti ad essere aggrediti da differenti patogeni tra cui il PSA. Similarmente temperature al di sotto dei 0°C a ridosso della ripresa vegetativa, anche per periodi brevi (alcune ore), sono in grado di esprimere una marcata attività criogena e quindi di incrementare danni da gelo su tessuti vegetali (Balestra e Varvaro, 1997a, 1997b, 1998; Rossetti e Balestra, 2007, 2008a; Rossetti et al., 2009). Similari sono i rischi per brinate di particolare rilevanza. Adottare pertanto appropriate tecnologie (sistemi anti-brina), unitamente a trattamenti con sali di rame dopo eventi del genere, risulta quanto mai opportuno.
  • Grandine: Gli eventi grandinigeni (autunnali, invernali, primaverili, estivi) determinano gravi danni ai differenti organi vegetativi. Oltre all’adozione di reti anti-grandine, risulta pertanto fondamentale, sulla base degli oramai diffusi sistemi meteorologici previsionali, intervenire a protezione dei frutteti con sali di rame entro 48 h dopo ogni evento grandinigeno (Renzi et al., 2009).
  • Pioggia: Prolungate precipitazioni, anche se brevi ma di intense, determinano un micro-clima (ed un’elevata % di UR) ideale per la moltiplicazione del batterio sugli organi vegetativi. Allo stesso tempo grazie alle piogge viene favorita la dispersione delle cellule batteriche da piante infette a piante non infette. Inoltre, questi eventi determinano ferite soprattutto a livello fogliare, le quali favoriscono la penetrazione del PSA.
  • Vento: Diversi fenomeni ventosi sono in grado di determinare evidenti situazioni di stress idrico che possono portare alla comparsa di notevoli danni ai differenti organi vegetativi. La costituzione di opportuni frangivento, soprattutto in areali soggetti a fenomeni di particolare persistenza dei venti, risulta quindi opportuna al fine di non incrementare il numero di ferite che, potenzialmente, possono essere utilizzate da questo patogeno.
  • Potatura: Questa fase, sia invernale, sia estiva, unitamente alle fasi di diradamento, concorre a costituire numerose nuove vie d’ingresso per il batterio. Da un lato è quindi necessaria la disinfezione degli utensili impiegati e dall'altro intervenire direttamente sulle ferite createsi con sali di rame soprattutto se in concomitanza di condizioni climatiche ottimali (elevata UR, temperature miti).
  • Caduta foglie: Anche la fase di caduta delle foglie può presentare considerevoli rischi per  il manifestarsi di infezioni. Pertanto, a metà ed al termine della stessa è opportuno proteggere le piante di actinidia mediante la distribuzione di sali di rame.
  • Polline: Oggi per ottenere kiwi di qualità e di elevata pezzatura è necessario distribuire, all'interno dell'impianto, polline in aggiunta a quello naturalmente prodotto dai maschi presenti. In base a studi fatti in Italia, non emergono evidenze scientifiche che sottolineino la presenza di PSA in partite di polline utilizzate, siano esse provenienti da impianti apparentemente sani sia da impianti già affetti dalla batteriosi.
  • Frutti: Anche i frutti di kiwi, nell’ambito delle attività di ricerca, sono sottoposti a meticolose analisi; al momento si può affermare che tutti i frutti di kiwi che vengono commercializzati in Italia sono assolutamente esenti da PSA.
  • Materiale vivaistico: La produzione di piante di actinidia rappresenta un aspetto su cui bisogna porre la giusta attenzione ed apportare opportuni miglioramenti legislativi. In base alle attuali norme vigenti (D.M. 14 aprile 1997) si deve sottolineare che l’actinidia non è considerata una specie frutticola: emerge quindi l'esigenza di riconsiderare da parte del Legislatore il ruolo che compete a questa importantissima coltura. Non è più accettabile che l’actinidia non abbia ancora il giusto riconoscimento e collocamento normativo. Per questo motivo e soprattutto in funzione dell’adeguamento normativo di cui sopra, risulta importante certificare le produzioni vivaistiche italiane come esenti da PSA.