Il cancro batterico dell’actinidia è sempre di più una problematica rilevante per i coltivatori italiani di kiwi. L'andamento climatico degli ultimi due anni, caratterizzati da una lunga stagione fredda accompagnata da piogge, ha reso il terreno favorevole alla proliferazione di questo batterio, oltre che predisporre le piante ad una facile infezione. 

I recenti dati pubblicati dal Cra - Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma hanno mostrato il rapido diffondersi della batteriosi, creando allarme per il grande valore economico della coltivazione colpita.

Una calamità naturale
Diversi sono stati gli incontri tra associazioni di settore, enti regionali, ministero, OP e produttori allo scopo di trovare soluzioni a questo grave problema. Per la Regione Lazio (area maggiormente colpita) è prevista una misura del Piano di sviluppo rurale pari a 5 milioni di euro per la ricostruzione degli impianti di kiwi danneggiati da calamità naturali ed eventi eccezionali.

'Il provvedimento - spiega Francesco Battistoni, assessore alle Politiche agricole della Regione Lazio - fa parte delle linee guida dettate dalla Regione. Inoltre abbiamo chiesto l'attivazione di un tavolo di confronto a livello nazionale ed un incontro con il ministro Giacarlo Galan per delineare una strategia adeguata d'intervento. Nel frattempo per cercare di limitare la proliferazione della malattia stiamo cercando di delimitare le aree interessate alla batteriosi per attuare adeguate metodologie di prevenzione e contenimento ed in modo da poter dichiarare lo stato di calamita (esenzione di tre anni dai pagamenti Inps, posticipo del pagamento dei mutui contratti per tre anni, e pagamento degli interessi a carico della regione). Inoltre per quanto riguarda la ricerca stiamo cercando di reperire nuove risorse soprattutto per ottenere piante resistenti".

Prodotti e difesa in campo
(Vedi Atlas of plant pathogenic bacteria)
"La Pseudomonas syringae pv. actinidiae (PSA) - spiega Marco Scortichini del Cra - Centro di ricerca per la frutticoltura di Roma - è l'agente causale del cancro batterico del kiwi. Va subito precisato che questo batterio non provoca nessun danno all'uomo e che i frutti provenienti dalle aree di coltivazione soggette all'infezione sono del tutto commestibili e mantengono intatte tutte le loro proprietà nutrizionali. In base alle nostre ricerche le cultivar a polpa gialla oggi presenti in commercio (Hort16A*, JinTao* e Soreli*) sono molto sensibili alla malattia e che anche le varietà di A. deliciosa (polpa verde) possono risultare suscettibili al batterio".  

"Tra le varie attività intraprese dal Cra - prosegue Scortichini - in collaborazione con le associazioni dei produttori di kiwi c'è quella di mettere a punto strategie di prevenzione e controllo del cancro batterico. A seguito di una di queste attività abbiamo recentemente individuato una possibile strategia di difesa che però deve ancora essere testata in modo corretto ed in pieno campo. Abbiamo preso in considerazione le modalità di penetrazione e diffusione del batterio all'interno degli actinidieti, le sue caratteristiche biologiche e le pratiche colturali che vengono effettuate per la produzione. In funzione di questo viene individuata una strategia di difesa in due distinti periodi: dalla ripresa vegetativa alla raccolta (A) e da poco la raccolta a fine inverno (B)".

"Nel periodo A - spiega Scortichini - non sono stati utilizzati prodotti rameici anche se in vitro hanno mostrato attività battericida. La motivazione è collegata alla necessità di rispettare i limiti massimi ammessi dalla vigente legge per quanto riguarda il contenuto di tale metallo nel frutto (5 ppm) ed il suo accumulo nel terreno (6 Kg/Ha). Inoltre molti composti rameici inducono, soprattutto sul kiwi giallo, fenomeni di fitotossicità e riduzione della pezzatura dei frutti. Conseguentemente in questo periodo la scelta è ricaduta su prodotti come un prodotto a base della chitina ed un prodotto a base di perossido di idrogeno (che hanno manifestato elevato potere battericida in vitro). Nel periodo B sono invece stati presi in considerazione prodotti a base di rame e composti a base di chitina".

"Lo scopo nel primo periodo è quello di ridurre al minimo l'inoculo batterico sulle foglie, sui rami e lungo il tronco e cordoni. Nel secondo periodo lo scopo è di proteggere il kiwi dalla penetrazione del batterio attraverso le aperture anatomiche e le ferite indotte da eventi naturali o dalle pratiche agronomiche".

La prova in campo
"Le prime prove - precisa Scortichini - hanno riguardato un'azienda coltivata a kiwi giallo colpita completamente dal batterio".

Per ridurre drasticamente l'inoculo le piante sono state capitozzate e riallevate. Sono quindi stati effettuati trattamenti da fine marzo a fine giugno (ogni 30 giorni) con il battericida a base di chitina (50-100 g/hL). In piena estate (da metà luglio a fine agosto) i trattamenti sono stati sospesi. In settembre è stato poi effettuato un trattamento protettivo al tronco e ai cordoni con il battericida a base di chitina (100g/hL). Dopo la raccolta sono stati eseguiti trattamenti con poltiglia bordolese (1,2 kg/ha). Durante l'inverno sono stati poi continuati trattamenti con poltiglia bordolese (1,2 kg/ha) alternati con trattamento a base di chitina (150 g/hL).

A seguito di questo trattamento le piante tester manifestavano tutti i sintomi mentre sulle 1.600 piante dell'impianto solo 20 hanno rimanifestato i sintomi. Questi risultati sono sicuramente incoraggianti anche se sono da ritenersi preliminari ed ancora da valutare appieno.