Per il 2010, secondo il Cso di Ferrara - Centro servizi ortofrutticoli, in Italia saranno coltivati circa 3.500 ettari di fragola con un calo del 7% rispetto al 2009 (Dati Cso di Ferrara).

Analizzando nel dettaglio i dati si può vedere come esista una certa differenza di contrazione tra le diverse aree: un calo importante al Nord (con Cesena in prima posizione con una contrazione del 18%) e minore al Sud (Campania, Basilicata e Calabria mediamente hanno una contrazione del 10%). "Guardando tali dati in modo complessivo - spiega Walther Faedi, direttore del Cra, Unità di ricerca per la frutticoltura (Forlì) - si vede come la fragolicoltura italiana sia in uno stato di crisi, anche se fino all'anno scorso si avvertivano deboli segnali di ripresa. L'annata negativa del 2009 ha però determinato una nuova ripresa dei disinvestimenti". 

Consumi in aumento
Se però quest'anno le superfici sono in calo il mercato sembra essere in crescita, anche grazie a un clima altalenante che se da una parte ha ridotto l'offerta, dall'altra ha ridotto anche una parte di consumi, soprattutto in periodi più critici, portando così un equilibrio vantaggioso sia per le GDO sia per i produttori. "I dati riguardanti il mercato - continua Walther Faedi - dimostrano come in realtà la contrazione del comparto fragola non deriva da un calo dei consumi (+20% dal 2000 - Dati Cso di Ferrara). Le famiglie italiane comprano soprattutto frutta di stagione pagandola sempre di più senza però che questo beneficio si manifesti ai produttori. E' altrettanto vero che questa situazione di mercato non permette di abbassare il livello di guardia soprattutto verso coloro che investono e che producono visto i costi di produzione ed i prezzi di liquidazione. Se si considera l'azienda diretto-coltivatrice romagnola, più indirizzata alla coltivazione in pieno campo, presenta costi di produzione molto alti. Essi sono passati dai 15.000,00 euro/ettaro del 1982 ai 50.000,00 euro/ettaro del 2009 (Dati Istat) con prezzi di liquidazione che sono rimasti più o meno invariati in questi anni se non in alcuni casi calati".

Ma allora come uscire da questo stato di crisi?
"In primo luogo - prosegue Faedi - per tentare di essere competitivi è necessario avviare in modo deciso un rinnovamento varietale finalizzato al miglioramento del sapore dei frutti e della qualità. Per qualità si intendono adeguate caratteristiche organolettiche (elevato grado Brix ed aroma intenso) unite ad un'elevata consistenza del frutto, aspetto attraente e lunga shelf-life del prodotto".

Quello che sta succedendo nel Sud Italia con la Candonga® Sabrosa* è un esempio significativo. Candonga è una fragola unica nel suo genere che arriva sugli scaffali dei punti vendita a febbraio, con tutte le qualità che può avere una fragola in piena stagione: profumo e maturità, livello di zucchero elevato, bella da guardare e deliziosa da assaporare. "Anche i consumatori - spiega Carmela Suriano direttore di Planitalia Srl- hanno premiato questa cultivar e la Candonga si sta sempre più affermando in Italia ed all'estero. La Candonga è una fragola con caratteristiche organolettiche molto elevate grazie alla notevole dolcezza del frutto, all'aspetto molto attraente, alla lunga shelf-life, all'elevata consistenza della polpa ed alla sua forte sensazione di salubrità".

"La strada della qualità  - dice Walther Faedi - è quindi prioritaria ed obbligatoria per la sopravvivenza della coltura in Italia a discapito anche di una certa produttività. Inoltre occorre che ogni attore della filiera faccia la sua parte, ma soprattutto che i canali di vendita scelgano il prodotto 'made in Italy' di qualità e che lo valorizzino. Per valorizzazione si intende eseguire una corretta campagna di informazione allo scopo di comunicare al mercato il giusto valore del prodotto ed invogliarlo all'acquisto".

"In secondo luogo  - conclude Walther Faedi - dobbiamo cercare di allungare i calendari di maturazione nei periodi fuori stagione introducendo nuove varietà rifiorenti e incentivando la diffusione di vecchie tecniche colturali (autunnale veronese, programmate trentine, piante fresche cime radicate) che consentono lo sviluppo delle aziende in modo specializzato e più redditivo per diversi mesi dell'anno".

L'azienda come vera impresa
Le indicazioni sopracitate sarebbero vane però se le aziende agricole non diventassero delle vere e proprie imprese diversificate, integrate in sistemi commerciali e relazionali, aperte all'innovazione e multiattive.