Si tratta dell’ennesimo colpo, ricordiamo ad esempio quello certamente più grave, per la diffusione territoriale, della barbabietola. Eravamo nel 2006 quando vi fu il tracollo con la superficie coltivata ridottasi ad 1/3 ed il conseguente buco di fatturati non solo per il settore agricolo, ma anche per l’indotto commerciali ed agroindustriale.
Ricordiamo che allora calcolammo, pur considerando la sostituzione della bietola con altre colture, un deficit nella vendita di fitosanitari corrispondente a circa 20.000.000 €, una perdita non da poco per l’intero sistema economico, se consideriamo che un mancato fatturato toglie liquidità al mercato nel suo insieme con ricadute in tutti i settori.

E torniamo al tabacco. Una coltura indubbiamente limitata interessando solo alcuni territori all’interno di alcune regioni per un totale ettariale di poco superiore ai 30.000 ha. Una superficie forse trascurabile all’interno della Sau nazionale ma significativa per le aree dove la coltura è radicata, come nella provincia di Verona dove si coltiva il 17% della coltura nazionale, Benevento il 15%, Caserta il 13%, Avellino il 6% e Perugia il 22 %.

Questa coltura è in grado di fornire all’agricoltore una Plv superiore ai 10.000€/ha. Una piccola fortuna che si riversa nel circuito economico locale, al quale si dovrà rinunciare perché con la riforma della Pac verranno meno gli aiuti indispensabili alla sua sopravvivenza. Infatti il prezzo di mercato contribuisce alla Plv complessiva per circa un quarto.

Già nel 2009 il 40% del premio è stato disaccoppiato, a parte la Puglia dove lo è stato per il 100%. Da quest’anno i produttori storici di tabacco percepiranno il 50% del premio, scollegato dalla produzione, che contribuisce alla PLV totale per circa il 38% mentre il rimanente 50% verrà destinato al finanziamento di programmi di ristrutturazione nell’ambito della politica di sviluppo rurale.

In ultima analisi i tabacchicoltori potranno contare su poco più del 60% della Plv di cui disponevano prima della riforma, anche perché difficilmente potranno utilizzare il 50% degli aiuti destinati allo sviluppo rurale in virtù degli attuali criteri di accesso.

Gli effetti del disaccoppiamento sono noti e infatti hanno portato all’abbandono della coltivazione in Puglia, dove si coltivavano 1.300 ettari ripercorrendo un’esperienza analoga affrontata in diverse parti d’Europa dove la facoltà del disaccoppiamento totale è stata attuata già a partire dal 2006: in Grecia la produzione si è ridotta del 70%, in Belgio ed Austria è praticamente scomparsa.

Importanza del tabacco per l’indotto
Il settore dei mezzi tecnici, ma non sarà il solo, risentirà in maniera considerevole della perdita della coltura come si evince da un’analisi dettagliata dei conti economici.
E' necessario considerare anche le operazioni per produrre le piantine da trapiantare ed i costi connessi. Questi riguardano il seme, il sub strato, gli alveoli, i concimi, i prodotti per la difesa che nell’insieme incidono sull’investimento di un ettaro di terreno destinato a tabacco per circa 1.500€.
Successivamente andiamo a considerare le concimazioni che vengono realizzate sia in pre che post trapianto per un costo complessivo di circa 600€/ha.
Vi è poi la difesa della coltura che richiede interventi contro malerbe ma soprattutto insetti e la peronospora. Per il diserbo possiamo ritenere che mediamente il costo affrontato si aggiri attorno ai 60€/ha mentre per gli insetticidi circa 180€/ha e per gli antiperonosporici 100€.
Ma il costo che certamente incide in percentuale maggiore è quello per le cimature con prodotti antigermoglianti che possono arrivare al valore di 250€/ha.

Ecco allora che la filiera di mezzi tecnici dovrà rinuncia a livello nazionale ad un fatturato che si aggira attorno a 90 milioni di euro. Una cifra considerevole che non va però letta isolatamente perché come abbiamo già precedentemente accennato va ad aggiungersi ad altre situazioni analoghe come la barbabietola da zucchero e al grano duro che quest’anno subirà una riduzione degli investimenti stimato attorno al 10-15% dopo che la superficie in questi anni si era già ridotta a 1.200.000 mila ettari.

Se poi volessimo calcolare le perdite di altri settori del lavoro umano non ci rimarrebbe che calcolare il valore di circa 2.5 milioni di ore di lavoro-uomo che la coltura richiede, compresa la fase di prima trasformazione.

A cura del Gruppo di lavoro Mezzi Tecnici di Compag