Il rilancio della frutticoltura dell’Emilia-Romagna passa attraverso il rinnovo degli impianti mediante l’introduzione di nuove varietà e nuove tecniche di coltivazione più rispondenti ai requisiti di qualità e salubrità del prodotto richiesti dai consumatori. Per cercare di favorire questo percorso l’UE Unione Europea ha varato, già da alcuni anni, dei piani di rinnovamento opportunamente finanziati mediante specifiche azioni recepite a livello d'interventi regionali.

In funzione di una corretta applicazione delle direttive europee, l’Emilia-Romagna ha stabilito che tutto il materiale ammesso al contributo sia della migliore qualità. In particolare, si devono utilizzare piante o materiali di propagazione muniti di certificazione genetico-sanitaria, che garantisca l’autenticità varietale e lo stato sanitario virus esente. La certificazione è un processo in grado di produrre materiale controllato da un punto di vista sanitario e genetico, nel rispetto di quanto previsto dai disciplinari di produzione. La regione Emilia-Romagna dimostrandosi sensibile a questa esigenza del settore vivaistico ha emanato a partire dal 1984 alcuni regolamenti di certificazione genetico-sanitaria di tipo volontario diversificati per specie partendo proprio in quell'anno dalla fragola.

 

Gli attori della filiera ed i livelli di certificazione

L’organo che supervisiona e coordina l’intero processo di certificazione è il Servizio fitosanitario regionale (Sfr) attraverso il controllo del processo in tutte le sue fasi: dalle ispezioni in campo alla verifica delle conformità della documentazione relativa al materiale richiesto in certificazione. Spetta al Sfr anche il riconoscimento dell'idoneità dei campi di piante madri, dei laboratori di micropropagazione, dei vivai e delle rispettive strutture produttive. Accertata la conformità rispetto a quanto disposto dalle normative il Sfr rilascia la certificazione ai materiali prodotti attestata dal cartellino apposto sulle piante. Più in generale ha il compito di sorveglianza del territorio rispetto alla diffusione delle malattie da quarantena in modo da garantire che l'attività vivaistica si svolga in aree idonee a prevenire contaminazioni del materiale vivaistico.

All’interno del processo è presente il Cav, Centro attività vivaistiche. Il centro gestisce direttamente le fasi di costituzione della fonte primaria, conservazione e premoltiplicazione sotto il controllo pubblico, provvedendo al reperimento di cultivar e di portinnesti ritenuti interessanti dalla base sociale (fonte primarie) e che vengono sottoposte a tutti i controlli sanitari previsti dalle leggi vigenti e successivamente utilizzate come fonti per le fasi di conservazione e premoltiplicazione. Il materiale viene mantenuto all'interno di serre antiafidi (screen-house) ed utilizzate per produrre materiale di categoria base. Con questo materiale vengono costituite le piante da destinare ai campi di piante madri situati all'aperto e gestiti dai sette centri di moltiplicazione associati al Cav operanti in Emilia-Romagna. In questi campi vengono prodotti semi, innesti e portinnesti certificati virus esente, da utilizzare nella produzione vivaistica. Si realizza così un processo produttivo che consente non solo la qualificazione delle produzioni vivaistiche, ma anche l'attuazione di un chiaro percorso di rintracciabilità delle stesse.

All'interno di questo processo il materiale acquista livelli differenti di controllo a seconda del percorso di tutela che segue. Oltre quindi alle piante virus esenticontrassegnate con uno specifico cartellino di colore azzurro (elevato livello di controllo), sono presenti la categoria CAC con piante senza specifici contrassegni (livello minimo e sufficiente di controllo) ed il CAC-Bollino Blu accompagnate da cartellino arancione. L’accordo di programma “Bollino blu” prevede che il vivaista effettui controlli visivi e faccia analizzare le piante madri di origine per la ricerca dei virus PPV, PNRSV, PDV. E' importante sottolineare la notevole differenza da un punto di vista fitosanitario e genetico delle produzioni certificate rispetto alla categoria CAC o CAC-Bollino blu.

Vivaio presso il Cav

 

Il Bollino Blu nasce nel 2002 nasce per ovviare alla carenza di materiale controllato sanitariamente per tutte quelle varietà scelte dalle organizzazioni dei produttori per i nuovi impianti, finanziati in base ai regolamenti comunitarie non ancora disponibili nel sistema di certificazione virus esente. L'accordo prevede un percorso di tracciabilità del materiale vivaistico che garantisca l'esenzione dei materiali di moltiplicazione dal virus Sharka (PPV) e da altri virus che colpiscono le drupacee (PDV e PNRSV). Grazie a questo accordo è stato possibile attuare in Emilia-Romagna un sistema di controllo rigoroso anche per il materiale di propagazione di categoria CAC che, seppur di qualità inferiore a quello certificato virus esente, rispetta comunque i requisiti fitosanitari obbligatori indicati dalla normativa europea attualmente vigente (CAC).

Ogni anno le piante indicate dai vivaisti come possibili fonti per l'approvigionamento d'innesti vengono controllate dai tecnici del Cav mediante ispezioni visive e raccolta di campioni che vengono sottoposti ad analisi per i tre virus sopra citati. Inoltre le piante che all'esame visivo mostrano sintomi di altre malattie in grado di provocare dei danni economici come il viroide del mosaico latente (PLMVd), i fitoplasmi (ESFY) o il virus ACLSV, vengono escluse dal programma.

 

L'evoluzione della certificazione  

Nel mondo vivaistico è cresciuta notevolmente la sensibilità verso il materiale certificato, anche a causa delle preoccupanti diffusioni di patogeni da quarantena come la Sharka ed il colpo di fuoco batterico. A testimonianza di questo basti pensare che ad oggi molto o quasi tutto il materiale appartenente a fragola, portinnesti di drupacee, portinnesti di pomacee ed astoni di pomacee (in modo particolare le pere) è di categoria virus esente. Diversa è sicuramente la situazione per le drupacee in cui vengono certificate quantitativi inferiori ed in modo particolare per il pesco. La motivazione è legata principalmente al notevole cambio varietale a cui vanno incontro queste specie frutticole, e la vita media commerciale di una cultivar spesso non supera i 6-8 anni, e che quindi preclude di fatto il suo inserimento nel sistema di certificazione. Tra controlli e successive moltiplicazioni le prime partite consistenti di varietà possono essere disponibili per i primi impianti dopo 4-5 anni e quindi quando molte novità cominciano ad essere meno attraenti. Altra causa che frena lo sviluppo della certificazione delle drupacee è legata alla richiesta del mondo vivaistico di adeguarsi ai disciplinari di produzione al fine di individuare un giusto compromesso tra le necessarie esigenze di carattere fitosanitario e di controllo e le particolarità dettate dalla realtà territoriale nella quale essi devono operare.

La possibilità più concreta per accorciare i tempi d'immissione nel circuito della certificazione è quella in cui i costitutori utilizzino, nell'attività di miglioramento genetico, parentali virus esenti, e che nel ciclo dei controlli sanitari cominci già nella fase di selezione, permettendo così di poter disporre di sufficiente materiale virus esente già al momento dell'immissione in commercio della novità vegetale. Il Cav in questi anni ha svolto a questo proposito una capillare opera di sensibilizzazione verso i costitutori ed i vivaisti licenziatari dei brevetti e le Op ottenendo risultati soddisfacenti. Un'altra strada percorsa per ridurre i tempi di introduzione è stata quella di reperire fonti virus esenti di varietà interessanti presso alcuni centri di conservazione sparsi per il mondo, visto l'utilizzo sempre più massiccio di varietà d'origine estera nella nostra frutticoltura. Si sono rilevate proficue le collaborazioni con il Ctifl (Francia), il Naktuinbow (Olanda) con la Washington state University di Prosser (Usa) dove è stato possibile reperire una serie di novità brevettuali già controllate sanitariamente e perciò rapidamente introdotte nel programma di certificazione.

 

Conclusioni

L'Emilia Romagna ha scelto di elargire dei contributi finanziari per poter promuovere l'utilizzo di materiale certificato nei nuovi impianti, stimolando così gli agricoltori all'utilizzo di queste piante provenienti da aziende vivaistiche professionali. La conseguenza è stata anche la riduzione del ricorso all'autoproduzione e ad un certo vivaismo abusivo che risultava molto rischioso sotto l'aspetto della diffusione delle malattie e che rappresenta un modo per aggirare il rispetto delle proprietà brevettuali e dei diritti dei costitutori. Inoltre l'utilizzo del Bollino Blu ha permesso un graduale inserimento dei vari attori della filiera all'interno del sistema di certificazione responsabile senza provocare scompensi particolari.

Ad oggi i costitutori operano nei loro programmi di miglioramento genetico tenendo conto degli aspetti fitosanitari necessari, mentre i vivaisti si sono organizzati in modo da poter rispondere rapidamente ed efficacemente alle richieste dei produttori che a loro volta hanno accantonato le riserve sul materiale virus esente.

Si vuole anche ricordare come poche varietà di recente introduzione siano state sottoposte a risanamento per renderle idonee alla certificazione. La maggioranza delle varietà diffuse in questi ultimi anni sono state ottenute dal costitutore già virus esenti e sono state inserite in certificazione senza ricorrere al processo di termoterapia.

Grazie a questi aspetti sembra possibile effettuare un ulteriore salto di qualità che permetta di utilizzare in modo normale ed abituale piante certificate nella moderna frutticoltura. A questo proposito il ricorso dei disciplinari di produzione del Servizio Nazionale di Certificazione dovrebbe rendere più uniforme la produzione di materiale certificato virus esente in tutta Italia. Ulteriori sviluppi? Da un lato è auspicabile un miglioramento del rapporto tra costitutori ed organizzazioni dei produttori per cercare novità vegetali che rispondano alle reali esigenze del mercato (riducendo così costi e tempi). Dall'altro, una collaborazione tra organizzatori dei produttori e vivaisti nella programmazione dei nuovi impianti potrebbe consentire di razionalizzare le risorse e di ridurre i costi di produzione.

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