Come è possibile valorizzare la biodiversità in viticoltura? L'argomento è stato al centro del seminario che si è svolto il 28 aprile all'Istituto Agrario di San Michele e che ha visto partecipare agricoltori, vivaisti, tecnici e ricercatori proventi da tutta Italia.

Per valorizzare la biodiversità in viticoltura - si è detto nel corso dell'incontro - le strade possibili sono due. La prima è rappresentata dalla selezione clonale, vale a dire migliorare varietà esistenti selezionando al loro interno delle sottovarietà che presentano caratteristiche interessanti sia dal punto di vista della qualità che della sanità (indennità dalla principali malattie virali). La seconda strada consiste nella creazione di nuove varietà, migliorative, partendo da varietà esistenti, attraverso il miglioramento genetico per incrocio tradizionale. 

La selezione clonale, tuttavia, rischia da sola di abbassare la biodiversità riducendo la variabilità genetica intravarietale. Emerge così, sempre più, l'esigenza di intervenire con metodi di selezione che mantengano il più possibile la variabilità attuando una selezione di tipo conservativo. Argomento, questo, affrontato dai ricercatori e docenti dell'Università di Udine. In altri termini, si tratta di produrre un numero elevato di cloni all'interno di una varietà, fino a consigliare ai viticoltori di effettuare impianti policlonali.

Il seminario ha rappresentato anche un'importante occasione per conoscere meglio l'attività realizzata dalla Fondazione Mach nel settore della selezione clonale e del miglioramento varietale, grazie agli interventi di Marco Stefanini e Nicola Zulin dell'unità Viticoltura del Centro sperimentale. Da anni l'Istituto di San Michele investe in queste attività, valorizzando le selezioni di vitigni locali e creando nuovi incroci. La selezione clonale ha l'obiettivo di migliorare la qualità del materiale vivaistico da un punto di vista sia genetico che sanitario. Grazie all'Istituto di San Michele, che da quarant'anni opera in questa direzione, è stato possibile re-inventare i vigneti ad un livello qualitativamente alto dopo l'avvento della fillossera (presente dai primi del ‘900 in regione), parassita che ha sconvolto il mondo viticolo perché ha 'obbligato' l'utilizzo dell'innesto delle varietà di vite europea su dei portinnesti americani (resistenti all'afide in questione). San Michele è uno dei costitutori di cloni di vite di importanza nazionale e sede dell'Associazione italiana costitutori viticoli. Le ditte vivaistiche provinciali utilizzano ed offrono annualmente sul mercato i materiali dell'Istituto Agrario per una quota variabile dal 60 al 90% del totale innestato. 

Il miglioramento genetico si propone di garantire: resistenza ai funghi, aumentare la precocità della maturazione, incrementare il potenziale aromatico e polifenolico. Il lavoro di miglioramento genetico con la tecnica del breeding tradizionale ed assistito svolto presso Iasma dall'Unità di viticoltura, con il prezioso contributo di tecnici e ricercatori, è stato possibile anche grazie alle risorse genetiche acquisite e mantenute nella collezione ampelografica dell'Istituto di San Michele, in località Giaroni.

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