Ilsa è impegnata, assieme a Fomet e a FCP Cerea, in un progetto che mira ad aumentare l'efficienza del fosforo. E' un elemento essenziale nella nutrizione dei vegetali ma l'Europa è molto dipendente, per il suo approvvigionamento, da paesi africani e del Medio Oriente dove viene estratto, spesso, con metodi poco sostenibili.

Si chiama Rpe - Rise phosporus efficiency – ed è stato finanziato per  il 40% attraverso fondi europei gestiti dalla Regione Veneto (POR-FESR 2014-2020 – Progetti sviluppati da aggregazioni di imprese Asse 1: Ricerca e sviluppo tecnologico e innovazione - Asse 3: Competitività dei sistemi produttivi) e per il restante dalle aziende coinvolte.

Nel prossimo futuro, la disponibilità di alcuni elementi nutrizionali per le piante, in primis il fosforo, sarà critica. Questo macro-elemento essenziale è contenuto in percentuale consistente nelle deiezioni animali ed umane, ma tale frazione è solo marginalmente utilizzabile.
Il cuore del progetto è la realizzazione di fertilizzanti fosfatici, soprattutto per l'agricoltura biologica, che si basano su minerali semplici e non modificati chimicamente e sugli scarti della filiera dell'allevamento animale.

La combinazione di rocce fosfatiche e di residui alimentari ed animali, con additivi appositamente selezionati e studiati, porterà ad un aumento dell'efficienza d'uso del fosforo che è oggi molto bassa. Negli ultimi decenni, questa bassa efficienza ha richiesto sovradosaggi e quindi sprechi, per raggiungere gli obiettivi produttivi che l'economicità dell'attività agricola richiede.

Il recupero e la valorizzazione di sottoprodotti da altre filiere produttive, sta consentendo ai partner, ognuno con uno specifico ruolo - Ilsa per la pellettatura in ambiente controllato e l'integrazione con idrolizzati ed estratti che funzionano da attivatori, Fomet per la fermentazione controllata con impiego di enzimi e FCP Cerea per la granulazione controllata con diversi reagenti - di mettere a punto una serie di prototipi di fertilizzanti organo-minerali solidi e liquidi.
Questi sono realizzati con materie prime seconde e materie prime semplici, sostenibili e a basso impatto ambientale. Richiedono una ridotta domanda di energia per la loro produzione, sono impiegabili in agricoltura biologica e da applicare alle colture agrarie in modo mirato. Ma soprattutto, hanno un elevato rapporto tra fosforo applicato e fosforo distribuito, che consente alle piante coltivate un ottimale sviluppo vegeto-produttivo.

Cruciale il ruolo di unità scientifiche private come Landlab e pubbliche come il Dipartimento di Agronomia animali alimenti risorse naturali e ambiente (Dafnae), guidato da Serenella Nardi, per la valutazione delle materie prime e dei prototipi generati. Questo sia a livello analitico che fisiologico e agronomico, per accelerare le fasi di analisi delle migliori combinazioni tra materie prime ed additivi e per la comprensione dei meccanismi di azione e di valutazione delle performance dei fertilizzanti.

Paolo Girelli, presidente di Ilsa, racconta così Rpe: "Questo progetto, in fase avanzata (si concluderà a ottobre 2018), dimostra la capacità delle aziende venete di fare sistema colmando così gli svantaggi derivanti dalle loro ridotte dimensioni, se comparate con i colossi tedeschi, americani e cinesi della chimica". 
"Dimostra anche - sottolinea Girelli - che la chimica verde nella nostra regione è una realtà consolidata nella cultura aziendale e questo ci dà vantaggio rispetto ai competitori stranieri, ma anche italiani, presenti in altre regioni".

Le tre aziende partner si stanno rapidamente organizzando verso la fase di industrializzazione post-progetto per proporre al mercato prodotti disegnati sulle esigenze delle colture agrarie e dell'agricoltura sostenibile e più avanzata, con l'ottica di dare di meno per ottenere di più: più raccolto, più sostenibilità e un aumentato margine economico per gli operatori agricoli.