Una volta si pensava che l'ulivo fosse una pianta che non aveva bisogno di nulla, né di concimazione né di irrigazione. Se è vero che Olea europaea è una specie rustica, in grado di sopravvivere anche ai caldi e aridi climi mediterranei, è anche vero che per ottenere produzioni di qualità in quantità è necessario fornire alla pianta tutti gli input (e la difesa) di cui ha bisogno per potersi esprimere al meglio.

 

Tuttavia quest'anno, visti i costi dei fertilizzanti, molti agricoltori potrebbero pensare di risparmiare ed evitare di concimare. Come sappiamo molto bene i concimi azotati sono schizzati alle stelle, raddoppiando il loro costo. E anche quelli a base di fosforo e potassio hanno avuto degli incrementi sensibili.

 

Risparmiare sulla nutrizione non è però una buona strategia, almeno per chi vuole fare olivicoltura di qualità. Bisogna invece puntare sull'azzeramento degli sprechi, sul gestire al meglio la biomassa in azienda e sul reperire concimi organici alternativi a quelli minerali.

 

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Concimazione dell'olivo, non sprechiamone 1 grammo

L'Unione Europea ha fissato come obiettivo per il 2030 la riduzione del 50% degli sprechi di fertilizzanti in agricoltura. Questo perché una parte ingente dei concimi normalmente applicati al suolo non viene assorbita dalle piante, ma viene dilavata dalle piogge, oppure volatilizza o ancora viene immobilizzata nel suolo, diventando indisponibile per la coltura.

 

L'olivo ha bisogno, come tutte le piante, di azoto, fosforo e potassio. Più alcuni microelementi che di solito sono disponibili nel terreno (quali ferro, boro, molibdeno, zolfo, calcio e altri). Per evitare sprechi bisogna quindi prima di tutto capire quanto concime serve effettivamente alle piante e per farlo occorre partire, tramite analisi del suolo, dallo stock di nutrienti presenti. Per determinare carenze di microelementi è possibile invece fare una analisi fogliare, ma si tratta di un'operazione non sempre necessaria.

 

Come riportato in questo articolo, possiamo stimare il fabbisogno di un olivo in piena produzione e in condizioni di equilibrio in circa 250, 80 e 200 grammi di N (azoto), P2O5 (anidride fosforica) e K2O (ossido di potassio) rispettivamente. Sono numeri puramente indicativi, in quanto possono essere influenzati dalla tipologia di terreno, dalla cultivar, dalla conduzione dell'oliveto (se inerbito o meno, se i sarmenti sono trinciati o meno, eccetera).

 

Ogni olivicoltore ha la propria strategia per fornire questi elementi alle piante. Di solito si interviene con una concimazione alla ripresa vegetativa, con un concime NPK. Si effettua poi una concimazione azotata nella fase di allegagione indurimento nocciolo e poi di nuovo si interviene con un NPK a maturazione.

 

Se il fosforo e il potassio sono due elementi che rimangono disponibili nel terreno per un lasso di tempo lungo e quindi possono essere forniti una, due volte l'anno, l'azoto è invece soggetto a volatilizzazione e a lisciviazione, essendo idrosolubile. L'ideale sarebbe quindi frazionare gli apporti in tante piccole somministrazioni, in modo da fornire il nutrimento di cui le piante hanno bisogno, senza sprechi. In questo modo è anche possibile ridurre gli apporti.

 

Poi ogni azienda agricola deve valutare il costo dell'intervento e considerare anche la possibilità di usare concimi a lenta cessione o con inibitori, che allungano la vita del concime azotato. Si tratta tuttavia di prodotti con un costo maggiore, anche se più efficienti.

 

Affidarsi esclusivamente alla concimazione fogliare non è invece una buona strategia. Primo, perché i concimi fogliari sono prodotti con un costo elevato. Secondo, perché la quantità di elementi assorbibili dalle foglie è limitata e richiederebbe un frazionamento così spinto da risultare in un costo troppo elevato. Infine, studi hanno dimostrato che la sola concimazione fogliare azotata non è in grado di sopperire interamente al fabbisogno nutritivo dell'olivo.

 

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Per chi ha a disposizione un impianto di irrigazione, ormai necessario per chi vuole avere produzioni elevate e sicure ogni anno, una strada interessante è la fertirrigazione. La possibilità di veicolare i concimi tramite l'acqua è infatti un modo efficace di nutrire le piante, permette il frazionamento delle dosi senza costi aggiuntivi e riduce gli sprechi.

 

Concimi organici a chilometro zero

I concimi minerali sono semplici da utilizzare e offrono ottime performance, ma visto l'aumento dei prezzi è bene valutare anche i concimi organici, producibili in azienda oppure acquistabili esternamente.

 

Prima di tutto occorre guardare a ciò che c'è già in campo: flora spontanea e residui di potatura. Come scritto in questo articolo è possibile trinciare le ramaglie se la condizione fitosanitaria lo permette, invece di bruciarle o allontanarle dal campo. La trinciatura permette di restituire al suolo una parte degli elementi asportati dalla pianta nella crescita.

 

L'ideale sarebbe abbinare la trinciatura al primo sfalcio del cotico erboso, in quanto l'unione delle due differenti tipologie di biomassa è di maggiore interesse dal punto di vista nutritivo. Se in azienda il diserbo viene fatto con lavorazioni superficiali del terreno, è bene interrare anche i residui di potatura, in modo da ridurre la perdita di sostanza organica per volatilizzazione.

 

Il sovescio di leguminose permette invece di aumentare lo stock di azoto nel suolo, sfruttando la capacità delle piante di assorbirlo dall'atmosfera. La decomposizione dei tessuti vegetali a livello di terreno libera gli elementi nutritivi accumulati dalla pianta, che entrano poi nelle disponibilità dell'olivo. Se non si effettua il sovescio si può falciare la flora spontanea, lasciando i residui al suolo. E occorre fare attenzione a non applicare i fertilizzanti durante il picco di attività del cotico erboso, in modo da evitare che le piante intercettino in maniera eccessiva il nutrimento.

 

Sottoprodotti della molitura e non solo

Rimanendo nel ciclo di produzione dell'olio è anche possibile utilizzare la sansa e le acque di vegetazione come ammendanti. Il loro utilizzo è però strettamente regolato in quanto sono prodotti che, a causa della loro composizione (ad esempio in polifenoli), ad alte dosi possono creare problemi di inquinamento.

 

Si tratta tuttavia di materiale organico che nelle giuste quantità può ridare al suolo fertilità. In questo caso è però buona norma consultare la legge regionale per individuare limiti e adempimenti da assolvere prima dello spandimento.

 

Guardando al di fuori della filiera, invece, è possibile reperire concimi di origine zootecnica, nonché compost. In quest'ultimo caso, specie se si tratta di compost proveniente dalla raccolta differenziata, è bene rivolgersi a professionisti che certifichino la qualità del materiale conferito e l'assenza di metalli pesanti. Vista la penùria di concimi minerali, anche il prezzo di quelli organici è aumentato, ma se si riesce a trovare un fornitore nelle vicinanze è possibile comunque rifornirsi a costi contenuti.

 

A questo punto il problema è calcolare che percentuale del fabbisogno dell'olivo i residui di potatura, il sovescio o i concimi organici riescono a soddisfare. Qui deve entrare in gioco l'esperienza dell'olivicoltore, che è l'unico a conoscere le caratteristiche del proprio campo. Ci si può inoltre rivolgere ad un tecnico e andare per tentativi, anche perché al di là dell'emergenza attuale, sarebbe sempre buona norma usare biomasse e sottoprodotti già disponibili in azienda o nelle immediate vicinanze. Si risparmia e si produce un effetto positivo sull'ambiente.