Tra i dialoghi informali durante i quali Ivano Valmori stuzzica Mariano Alessio Vernì su temi regolatori, non poteva mancare quello sui fertilizzanti consentiti in agricoltura biologica.

Molto spesso accade di imbattersi in prodotti che possono indurre in errore: loghi, frasi, claim, persino gli stessi nomi commerciali, tutto lascia immaginare che il prodotto possa essere impiegato su coltivazioni in regime biologico. Fino a che si tratta di prodotti dedicati all'hobbistica, per quanto sanzionabili dalla repressione frodi, non sono soggetti a verifiche e controlli da parte degli organismi di certificazione. Cosa diversa è quando vengono coinvolti agricoltori professionali, casomai con decine di ettari convertiti al biologico.

Nel peggiore dei casi, la non conformità potrebbe portare al dover tornare in conversione con due-tre anni di riduzione forzata del reddito aziendale. Non di rado la superficialità del fabbricante nel gestire la realizzazione dell'etichetta e/o la mancata registrazione del prodotto al registro Sian, hanno generato danni di centinaia di migliaia di euro con cause civili che si sono protratte per anni.

La video-chiacchierata non poteva però tralasciare le ricadute commerciali legate alle lentezze burocratiche di un sistema obsoleto e difficile da gestire: non è possibile dover aspettare quasi 150 giorni affinché una registrazione vada a buon fine. Inutili sono le registrazioni ad altre liste (locali o internazionali) se non si è ottemperato al minimo richiesto in sede nazionale. Molto è lasciato anche alla pragmaticità degli operatori sul campo, ma casomai di fronte ad agricoltori recidivi, non è da condannare l'applicazione letterale delle norme e tutto ciò che da essa dipende.

Buona visione.
 

 
FertilNorma: pillole di regulatory
Come districarsi tra le normative dei prodotti per la nutrizione delle piante