L'olivicoltura sempre più al centro delle attenzioni dell'agronomia, del mercato e anche dell'integrazione necessaria con il territorio. Questi i temi affrontati nel corso del seminario organizzato da Grena dal titolo "Dall'olivicoltura di oggi una scommessa per il domani", tenutosi a Lamezia Terme (Cz) presso la cantina Statti.

Introdotto da Laura Grena Magagna, direttore commerciale e responsabile export di Grena, e moderato da Antonio Lauro, presidente del concorso Evo Iooc (International olive oil contest), l'incontro ha abbracciato l'olivicoltura sotto molteplici aspetti, dall'agroecologia applicata ai sistemi arborei, alla qualità dell'olio, dai rapporti fra olivicoltura e territorio ai trend di mercato.

A fornire una panoramica sulle attuali e future strategie per l'olivicoltura nel territorio è stato Adamo Rombolà, docente dell'Università di Bologna, il quale ha approfondito il tema dell'agroecologia applicata alla gestione dei sistemi arborei.
A seguire, Fiammetta Nizzi Grifi, agronoma, ha enfatizzato il ruolo dell'agronomia e del terreno nella valorizzazione dell'olivo e dell'olio, un processo che solo al termine può trovare consona collocazione in un packaging accattivante.
Vanno quindi superati gli attuali scenari che spesso vedono purtroppo impianti obsoleti, con densità troppo basse e una scadente gestione agronomica degli impianti e del suolo. Solo operando al meglio è possibile per l'olivicolture sottrarsi alla banalizzazione dei prezzi, ricordando peraltro che relativamente al biologico, questo è tale solo se c'è coerenza ed etica nel fare impresa. Un monito ai molti "furbetti" che spesso danneggiano anche i colleghi più professionali.
Olivicoltura significa però anche territorio. Un legame la cui forza è stata riassunta da Elena Santilli, ricercatrice del Centro di ricerca olivicoltura, frutticoltura e agrumicoltura del Crea. Basti pensare che a livello mondiale sono 2.629 i diversi germoplasmi, con 631 cultivar presenti in Italia, a conferma dell'estrema ricchezza varietale del Belpaese quanto a olivo. Dal punto di vista gestionale, però, sempre più l'olivicoltura nazionale dovrà imboccare la strada della resilienza verso le patologie, tramite investimenti crescenti monitoraggi e  biodiversità.
Infine, le pieghe del mercato, caratterizzato da estrema variabilità nell'offerta, sono state condivise da Alberto Grimelli, direttore della rivista "Teatro Naturale". Sottolineato in primis il calo della produzione spagnola, passata da 1,78 a 1,2 milioni di tonnellate, a fronte dell'aumento di quella italiana, da 185mila a 300mila tonnellate.
Diversi peraltro i costi degli impianti super intensivi nei diversi Paesi del Mondo, passando dai 1,43 euro/kg di olio in Argentina fino ai 3,39 euro/kg in Israele. In Spagna il costo di produzione è 2,19 euro/kg, contro il 1,60 euro/kg della Tunisia. Una estrema eterogeneità che lascia comprendere anche le forti differenze in termini di concorrenzialità internazionale.
Quanto ai trend commerciali, sono cresciuti fortemente i volumi verso Usa, Giappone, Cina e Russia, con una stasi alternata a leggere contrazioni solo negli ultimi anni. Discorso a parte la Russia, per le ovvie conseguenze dell'embargo commerciale.