In un mondo finito per spazio e risorse, non si può più ragionare secondo concetti di sfruttamento infinito del pianeta. In tal senso, la circular economy, o "economia circolare", è stata pensata infatti al fine di rigenerare da sola le proprie materie prime, senza attigere a nuove fonti. In tale assetto produttivo ed economico, questo nuovo modello di economia si prefigge di operare a rifiuti zero, dal momento che qualsiasi prodotto nasce dall'utilizzo di materiali derivati da altri processi industriali.

Un approccio di mercato che attualmente contabilizza in tutta Europa circa 2,2 miliardi di euro che hanno generato anche 19 milioni di posti di lavoro.

Per favorire tale processi virtuosi, nell'estate 2018 l'Unione europea ha approvato un pacchetto di norme specifiche, soprattutto al fine di valorizzare un sistema dove la Germania ricicla già il 66% dei rifiuti, contro una Repubblica Ceca ferma al 30%.

Anche l'agricoltura può giocare un ruolo fondamentale in tal senso, dato che da sempre i campi coltivati hanno funto da ricettori di quanto veniva scartato da molteplici attività umane, partendo proprio da quelle legate all'agricoltura, ovvero da quelle zootecniche foriere di liquami e di letame.
 
Economia circolare

Ma la tecnica si è molto evoluta dai tempi del semplice seppur nobile letame. Per esempio Grena, società veronese specializzata nella nutrizione vegetale e nel settore dei biostimolanti, utilizza infatti da tempo fonti rinnovabili per la produzione dei propri prodotti, riuscendo a mantenere le risorse e le materie prime utilizzate il più a lungo possibile all'interno del ciclo produttivo aziendale.

Molti prodotti della Casa di San Bonifacio nascono infatti da sostanza organica di origine animale. Grazie a ciò, i biostimolanti Grena risultano ecologicamente sostenibili in quanto il processo di trasformazione che li genera avviene tramite i metodi THP® (thermal hydrolysis process) ed ETHP® (evaporation thermal hydrolysis process), brevettati da Grena e alimentati da energia derivante da fonti rinnovabili.

In particolare, si basano sull'idrolisi termica umida, la quale implica una semplice cottura a 90° e 130°, alla pressione di 3 bar, senza l'aggiunta di alcun prodotto chimico. È infatti tramite tale processo che si liberano gli aminoacidi contenuti naturalmente nelle proteine con la successiva aggregazione di alcuni amminoacidi in peptidi, principali protagonisti della proliferazione radicale.

Grazie a tali nuovi approcci è possibile produrre nuovo cibo attingendo a ciò che nei precedenti sistemi produttivi veniva considerato erroneamente come scarto.