C'era una volta la popolazione rurale che viveva per lo più in campagna, spesso senza reti fognarie, senza servizi, quindi anche senza depuratori. O meglio, i depuratori in qualche modo esistevano, ma a cielo aperto.
Tutto ciò che risultava di scarto finiva infatti nelle letamaie e poi da lì, una volta matura la massa maleolente, veniva sparso nei campi per restituire alla terra buona parte di ciò che le era stato tolto per produrre cibo. Oggi non più, con risvolti psico-sociologici imbarazzanti che confermano il profondo scollamento del mondo urbano da quello agricolo.

Per comprendere meglio i cambiamenti occorsi negli ultimi 70 anni si è quindi deciso di intervistare loro, i fanghi di depurazione, grandi accusati oggi di inquinare l'ambiente, devastare il territorio e attentare alla salute dei cittadini.

Signor Fango, ci spieghi: da dove nascono tutte le polemiche sui suoi smaltimenti in campo nate negli ultimi tempi?
"Presto detto, dopo la Seconda Guerra mondiale, la popolazione migrò in città, vi si moltiplicò e ruppe in tal modo gli equilibri pre-esistenti. Non solo dal punto di vista della quantità di scarti da smaltire, vista l'esplosione della popolazione e dei consumi, ma anche da quello della localizzazione e della tipologia degli scarti. Se fra le due guerre mondiali lo smaltimento avveniva in modo puntiforme e spalmato su tutto lo Stivale, oggi i grandi e piccoli centri urbani producono reflui e inquinanti in quantità ben maggiori e concentrate in pochi punti specifici del territorio. Reflui che vanno poi ad afferire ai depuratori, quando questi ci sono, ovviamente, perché l'Italia, tanto per cambiare, è indietro circa la rete di depuratori delle acque, quelli cioè che ricevono i vari reflui 'bianchi, grigi e neri' e li separano in acqua pulita e fanghi di decantazione. Buona parte degli inquinanti organici, peraltro, viene digerita per via aerobica dalla flora batterica che trova in quelle poltiglie immonde una sconfinata fonte di nutrimento".

Qui però sembra più un problema legato ai cittadini e ai loro impatti sull'ambiente. Cosa c'entra l'agricoltura?
"C'entra, perché al termine del processo di purificazione ciò che resta deve essere poi smaltito in qualche modo e cosa c'è di meglio dei campi coltivati per fare ciò? In fondo, è un modo per ripristinare il ricircolo della sostanza organica facendo tornare ai campi ciò che era finito in città sotto forma di cereali, frutta e verdura. Si fa un gran parlare del calo della sostanza organica nei terreni agrari italiani, quindi noi fanghi dovremmo essere guardati con occhio molto positivo, sebbene controllati in modo serio al fine di rispettare dei limiti in termini di sostanze inquinanti, tipo idrocarburi e metalli pesanti".

Appunto, c'è una bella differenza fra le letamaie del 1950 e i fondi dei vasconi di depurazione.
"Ovvio che sì. Dalle città finiscono nei depuratori mica solo sostanze organiche sotto forma di feci e urine, o similari. Ci sono anche microplastiche, detersivi, oli, idrocarburi, metalli pesanti e sostanze varie che con la filiera agroalimentare c'entrano pochino. Ma la colpa è mica dell'agricoltura: sono città e industrie, dove lavorano per lo più i cittadini, a complicare la nostra composizione".

Capirà quindi che spargere in campagna tali miscugli di sostanze può generare apprensione e anche opposizioni feroci.
"Lo capisco bene, ma mi faccia capire: se non la smettete voi di inquinare, poi che volete fare? Non depurate più le acque? Perché per non produrre fanghi dovreste lasciare i reflui così come sono e reimmeterli nell'ambiente senza averli depurati. Se lo immagina l'impatto ambientale? Allora sì che salute e territorio sarebbero gravemente a rischio, soprattutto a carico delle acque".

Beh, certo, se i reflui non vengono depurati fiumi e laghi mica possono sperare di cavarsela.
"Ma mica solo fiumi e laghi, bensì anche i mari. Almeno stando ai monitoraggi effettuati da Legambiente tramite la cosiddetta Goletta Verde, un vero e proprio laboratorio galleggiante. Dalle analisi parrebbe che quasi la metà dei porti e delle foci dei fiumi sarebbe inquinato dal poco al molto. Soprattutto dal punto di vista dei batteri fecali, come Enterococchi ed Escherichia coli. Quindi se si ama davvero l'ambiente si dovrebbe investire molto di più nella depurazione dei reflui urbani. Cosa che invece in Italia non avviene con adeguata attenzione. Anzi, si figuri che in Puglia sono nati i soliti comitati spontanei di cittadini informati che si sono opposti alla costruzione di un depuratore delle acque a Urmo, vicino a Manduria. Lì non sono mancate neppure le solite mamme allarmate a dire la loro. Mica penseranno di essere le uniche quelle di Revine Lago contro i pesticidi, vero?"

Sì, ho saputo. Ma in quel caso si parlava di spostamenti, non di blocco.
"Ovvio. Tutto è bellissimo e utilissimo, basta che non venga fatto sotto casa mia. Lì è stato contestato lo scarico a mare delle acque post-depurazione. Quelle che oggi arrivano cioè al mare senza depurazione alcuna, o sbaglio? Invece, depurando in modo spinto le acque si ottiene una loro pulizia quasi totale dagli inquinanti prodotti anche dalle persone che oggi si oppongono al depuratore stesso".

Però, esaltando i processi di depurazione potrà solo aumentare la quantità di fanghi prodotti.
"E lo trova sbagliato? Io di questo non me ne ho mica a male. Essere tanto o poco mica mi destabilizza, personalmente. Più che altro lo dico per voi. Meno sono io e peggio è per acque e territorio. Più io cresco e meglio è. Ovvio che poi di me dovete decidere cosa fare. In fondo, mi avete prodotto voi. Che fate? Prima mi generate e poi pretendereste che io mi nebulizzassi nel nulla, come per magia?"

Parrebbe di sì, a giudicare dalle mozioni estive contro di Lei, per lo meno quando restituito ai campi coltivati.
"Qualcosa di più che un semplice parrebbe. In Lombardia, per esempio, sono nati altri comitati spontanei di cittadini più o meno informati che di vedermi finire nei campi proprio non ne vogliono sapere. Capisco che non sono un bello spettacolo, né da vedere, né da odorare, ma ripeto: mi hanno creato loro. Pure quelli che oggi organizzano comitati e spronano sindaci e giustizia a mettere mano a me e al mio smaltimento agricolo. Sebbene io capisca bene come alcuni fatti di cronaca abbiano messo paura, con dei fanghi che contenevano sostanze che non dovevano esserci, non si può combattere una guerra generalizzata contro di me, sempre e comunque. Controlli severi, sempre, ma manovre ideologiche e strumentali magari anche no".

Anche perché da parte dei tecnici di settore Lei non dovrebbe neppure causare problemi, sempre che siano rispettati i limiti di Legge per i vari parametri legati ai suoi componenti.
"Esattamente. Si sono già espressi in parecchi a mio favore, incluse alcune università prestigiose ed enti di primaria importanza in agricoltura. Ma niente. Oltre 50 comuni lombardi sparsi fra le province di Pavia, Lodi e Cremona si sono appellati al Tar. Questo ne ha accettato le richieste e ha modificato i limiti relativi ai contenuti di idrocarburi, ridotti dagli attuali dieci grammi per chilo di fango a soli 50 milligrammi. Stanti questi nuovi limiti, quasi mai io potrei essere smaltito in campagna. S'immagina l'ingorgo? Avremmo rischiato perfino il blocco dei depuratori, zeppi di fanghi non smaltibili. I soliti limiti impossibili da rispettare, giustificati da una fuorviante interpretazione del cosiddetto principio di precauzione. Per fortuna la Conferenza Stato-Regioni ha deliberato in agosto verso nuovi limiti più ragionevoli, ovvero un grammo per chilo anziché dieci e tutti i famosi cittadini giù a gongolare per la vittoria raggiunta. Peccato che anche così si rischia di generare molte situazioni imbarazzanti con dei fanghi che non si possono smaltire e altri sì. Che fate, mi miscelate in funzione dei vostri comodi, manco fossi un blended whisky? E con quali costi umani ed energetici lo fareste? No, guardi, anche questo nuovo limite mitiga solo in parte il problema rispetto ai 50 milligrammi, ma mica lo risolve".

Ma allora cosa vorrebbero fare di Lei?
"E chi lo sa? Nelle discariche non pare essere il destino migliore, visto che nemmeno l'Unione europea concorda su tali tipi di smaltimento. E poi, si rende conto che appena io dovessi essere conferito nelle discariche, immediatamente nascerebbe il bisogno di ampliare le esistenti e di crearne di nuove? Tradotto, pullulerebbero in trenta centesimi di secondo millemila comitati, altrettanto spontanei, di cittadini altrettanto informati che si opporrebbero con tutte le loro forze alle discariche stesse. Certe volte ad avere a che fare con voi umani pare di sognare…"

E non credo siano bei sogni…
"Ovviamente no. Non si capisce davvero cosa diavolo volete. Prima producete fiumi di inquinanti d'ogni tipo e genere, poi vi opponete a qualsivoglia sistema per smaltirli in modo per lo meno razionale, minimizzando gli impatti ambientali. La soglia zero è irraggiungibile, lo volete capire?"

Non si scaldi con me! Guardi che io sono il primo a ricordare ogni giorno ai cosiddetti cittadini le loro stesse contraddizioni e pessime abitudini! Gli stessi comitati nascono infatti perfino contro i vigneti, come ha ricordato pure Lei. Stesse a loro, chissà come finirebbe l'attuale società.
"Credo non bene. Si figuri che qualche furbone ha perfino proposto di conferirmi agli inceneritori, pardòn, termovalorizzatori, che suona più raffinato. Peccato che io sia ben poco infiammabile e per bruciare me servirebbe consumare oceani di combustibili fossili per sostenere il processo termico. Anche qui un affarone eh? Prima non mi volete nei campi perché vi apporterei troppi idrocarburi, poi arrivate a suggerire di bruciarne a fiumi per incenerire me. E poi delle ceneri eventualmente prodotte che ne fareste? Perché sono sicuro che anche qui ci sarebbe qualcuno a opporsi".

In pratica, pare che di economia circolare non se ne voglia proprio parlare.
"No no, a parlare ne parlano tutti. Semmai è a metterla in pratica che fate fatica. Perché per molti di voi l'ambiente è quella cosa che devono salvaguardare altri a loro incomodo e spesa. Ovviamente, a casa loro, perché la mentalità nimby regna sovrana anche qui".

Not in my backyard: non nel mio giardino. Cioè quell'approccio al mondo che prevede di "sbolognare" sempre a qualcun altro la propria parte di impegni e disagi, perfino quando si parli di iniziative virtuose.
"Esatto: sintomo della più totale mancanza di visione di insieme e di senso della comunità. Certe volte preferisco fare il fango, perché avere a che fare con certe teste credo sia molto peggio. E ora mi scusi, mi chiamano. Io sono in regola, quindi presto finirò nei vostri campi a concorrere alla loro fertilità. Quella cioè che viene depauperata proprio per dare da mangiare a voi che tra un pasto e l'altro pare usiate la bocca solo per criticare…"

Già. La specie umana, supposta al vertice del Pianeta, in effetti dà spesso prova di non aver capito che in qualche modo deve assumersi le proprie responsabilità e sopportare le conseguenze delle proprie stesse azioni, senza aspettare che venga qualche mago con la bacchetta magica a risolvere ogni cosa senza chiedere loro alcun sacrificio e sopportazione. E se di inquinanti se ne produce a montagne nelle proprie case e nelle proprie fabbriche che poi si accetti anche il costo economico e ambientale per smaltirli nel migliore dei modi. O nel meno peggio, vedete voi. E piaccia o non piaccia, lo smaltimento in agricoltura resta comunque la via di gran lunga preferibile, sebbene bisognosa di regole chiare, controlli puntuali e, soprattutto, di limiti intelligenti.