Prima della rivoluzione verde e dell'avvento dei fertilizzanti di sintesi erano i batteri a fornire parte delle sostanze nutritive utili alle piante per crescere. I microrganismi presenti nel terreno sono infatti responsabili per la decomposizione dei tessuti vegetali, processo che rende biodisponibili elementi nutritivi altrimenti inaccessibili. E sono in grado anche di fissare l'azoto atmosferico in una forma utilizzabile dalle piante per crescere.

L'utilizzo di prodotti di sintesi, che ha reso possibile l'incremento delle produzioni agricole e la sopravvivenza di milioni di persone, ha ridimensionato il ruolo dei batteri. Ora però i ricercatori di tutto il mondo, pressati dalla necessità di rendere sostenibili le produzioni, stanno riscoprendo il ruolo del microbiota (l'insieme dei microrganismi che vive sopra e dentro le piante).

E' il caso di Pivot bio, azienda statunitense che ha messo a punto un prodotto a base di microrganismi in grado di fissare l'azoto atmosferico e di renderlo disponibile per le piante. L'azienda californiana dovrebbe lanciare ad inizio 2019 sul mercato statunitense un prodotto pensato per il mais, ma guarda anche ad altre colture e mercati.

"I fertilizzanti sono una grande invenzione e rendono possibile la vita di quasi metà della popolazione mondiale che altrimenti non avrebbe cibo per sfamarsi", racconta ad AgroNotizie Karsten Temme, fondatore e ceo di Pivot bio, durante il World Agri-Tech Innovation Summit (di cui AgroNotizie è partner). "Tuttavia fino all'80% dei fertilizzanti che utilizziamo non vengono assorbiti dalle radici, ma finiscono nei fiumi e nelle falde acquifere generando problemi di inquinamento. Senza contare le risorse che si utilizzano per produrli che vengono sprecate. Questo sistema non è più sostenibile".
 
I ricercatori di Pivot bio hanno selezionato i microrganismi utili che vivono in simbiosi con le piante
I ricercatori di Pivot bio hanno selezionato i microrganismi utili
che vivono in simbiosi con le piante
(Fonte foto: Pivot bio)

Qual è la soluzione che proponete?
"Imbrigliare le potenzialità del microbioma. I batteri sono stati responsabili per milioni di anni del nutrimento delle piante e possono esserlo ancora. I nostri ricercatori hanno analizzato i microrganismi che vivono sulle radici delle colture e abbiamo selezionato quelli responsabili della fissazione dell'azoto gassoso in una forma assimilabile. Questi microrganismi racchiudono un grande potenziale".

Perché questi batteri, già presenti nel terreno, non sono sufficienti al sostentamento delle piante?
"In natura non producono abbastanza nutrienti per sostenere la crescita di una moderna coltura, soprattutto se le piante sono state selezionate nel corso degli anni per assorbire al meglio i fertilizzanti di sintesi, mentre non si è badato al rapporto con il microbiota. Un secolo di uso di fertilizzanti ha inoltre 'silenziato' i geni responsabili della fissazione dell'azoto. Geni che oggi noi abbiamo riattivato".

Quelli che commercializzate sono batteri geneticamente modificati?
"Siamo intervenuti con le moderne tecniche di miglioramento genetico, ma non abbiamo creato batteri transgenici. Abbiamo reso solo più efficienti quelli già presenti nel suolo".

Quale tipologia di prodotto lancerete sul mercato?
"Si tratta di un prodotto dedicato al mais a base di batteri in grado di fissare l'azoto atmosferico e di ridurre fino al 50% l'utilizzo di fertilizzanti chimici. Secondo le nostre prove in campo i batteri producono fino a 40 chili di azoto per ettaro".

Una volta applicati nel terreno come si può evitare che questi batteri soccombano nella competizione con gli altri miliardi di microrganismi presenti nel suolo?
"Abbiamo selezionato quei batteri che vivono in simbiosi con la pianta di mais. L'ambiente radicale creato dal granturco aiuta la vita e la proliferazione di questi batteri. Si aiutano a vicenda. I batteri si nutrono degli essudati radicali del mais e in cambio forniscono nutrienti sotto forma di azoto".

Avete misurato delle differenze tra le produzioni ottenute con il vostro prodotto e quelle assicurate dai programmi di fertilizzazione tradizionali?
"La distribuzione dei fertilizzanti in campo non è perfettamente omogenea e questo porta a delle differenze nell'accesso ai nutrienti tra una zona e l'altra del campo. I nostri batteri vengono invece applicati con un sistema di concia al seme e dunque si sviluppano a contatto con esso, assicurando il nutrimento di cui ha bisogno".

Avete delle percentuali?
"Il dato è molto variabile perché dipende da diversi fattori. Diciamo però che in presenza di forti piogge, che dilavano i fertilizzanti nel terreno rendendoli non disponibili per la pianta, si registrano le differenze maggiori. La nostra soluzione assicura infatti nutrimento anche in caso di piogge abbondanti e può portare fino ad un 20% in più di produzione".

Quali sono i vostri prossimi passi?
"Oltre all'azoto vogliamo aiutare i batteri a fornire alle piante anche altri nutrienti, come fosforo e potassio. E non guardiamo solo al mais, vogliamo espanderci anche ad altre colture, prima di tutto riso, frumento e sorgo. Queste coltivazioni utilizzano il 50% dei fertilizzanti a livello mondiale. Se riusciremo nel nostro progetto saremo in grado di migliorare la vita degli agricoltori e la sostenibilità dell'agricoltura a livello globale".

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