Sempre più si parla di sprechi alimentari. Nell'ortofrutta si superano anche valori del 40%, cioè di dieci frutti raccolti in campo, solo sei giungono nelle pance degli Italiani. Gli altri quattro si perdono per marcescenze, ferite e rammollimenti durante le fasi di conservazione e di trasporto, come pure giocano un ruolo fondamentale i frigoriferi dei consumatori, a volte riempiti più di quello che servirebbe.
Sulle filiere e sulle abitudini dei consumatori gli agricoltori possono fare magari poco. Possono invece fare molto in campo, al fine di consegnare al mercato prodotti il più possibile longevi e sani.

Tanti sono gli aspetti che concorrono alla shelf life del frutto: consistenza della polpa, resistenza del frutto a spaccature, assenza di marciumi. Per esempio, per avere pesche ricche di qualità e garantire questa ricchezza nel tempo, è innanzitutto dal campo che bisogna partire. Per calibrare i valori nutrizionali ed aumentare la conservabilità di questi frutti, la corretta nutrizione e gestione del pescheto è un fattore imprescindibile.

L’azoto è fondamentale, perché il pesco è tra le piante da frutto con le più alte necessità di questo elemento. L’azoto è importante per tutta la fase vegetativa e per il numero e la pezzatura delle pesche, che poi incidono sulla resa produttiva, specialmente nelle coltivazioni precoci. Ma la corretta nutrizione del pesco trae grossi vantaggi anche da applicazioni fogliari con macro e microelementi, quali calcio, magnesio, ferro, potassio, zinco che, oltre a scongiurare fenomeni di clorosi e permettere un’ottimale fotosintesi, sono importanti per la qualità organolettica finale, tant’è che ce li ritroviamo, come detto, nei frutti finali.
 

Qualità e shelf life grazie ai biostimolanti

Sappiamo però che la qualità dei frutti dipende anche dal benessere delle piante. Piante sane, che riescono a svolgere regolarmente tutte le attività metaboliche, sono in grado di equilibrare la ripartizione dei nutrienti e sviluppare il giusto grado di consistenza, odore, gusto in ciascun frutto.
Per questo, un’azione fondamentale è svolta dai biostimolanti, sostanze di origine naturale che, applicate a basse concentrazioni sulle piante, ne permettono sia un vigore vegetativo e produttivo, sia uno stato sanitario migliore che permette di rispondere molto meglio alle innumerevoli cause di stress che possono avere. Un biostimolante di ultima generazione è l’idrolizzato enzimatico di Fabaceae, prodotto e commercializzato esclusivamente da Ilsa. Questo biostimolante di origine completamente vegetale, applicato a partire dalla fioritura, permette al pesco di svolgere regolarmente tutte le sue fasi fenologiche, riducendo le influenze di stress esterni.

Il miglioramento “naturale” della qualità influisce anche sulla conservazione delle pesche, che rimangono buone più a lungo e consentono di assaporarle per più tempo. L’allungamento della shelf life permette, così, anche ai peschicoltori ed alle imprese di condizionamento e conservazione di gestire più facilmente questi frutti, “estraendone” l’essenza migliore.
 

Evidenze sperimentali

In una prova effettuata da Ilsa presso l’azienda Fagioli, a Ronta di Cesena (FC), cinque trattamenti su varietà Symphonie con il biostimolante a base di Idrolizzato enzimatico di Fabaceae, hanno favorito non solo un aumento della percentuale di frutti nelle classi di calibro maggiori, ma anche un netto prolungamento della shelf life. Le applicazioni in fase di scamiciatura (12 aprile), frutto noce (27 aprile), frutto ingrossato (14 maggio), indurimento del nocciolo (31 maggio) e inizio invaiatura (16 giugno), a 1,5 kg/ha di biostimolante, hanno permesso un prolungamento della conservabilità del frutto superiore rispetto al testimone non trattato: a 15 giorni dalla raccolta, il deperimento è risultato inferiore di oltre il 10%.
 
La progressione del deperimento nei frutti avanza più lentamente nei frutti trattati con idrolizzati da Fabacee