La pratica del sovescio, o concimazione verde, è una tecnica agronomica che mira ad aumentare la fertilità del suolo. Si tratta della coltivazione di essenze, per lo più foraggere, destinate ad arricchire il suolo di biomassa attaccabile da macro e microrganismi che la trasformeranno in humus ed elementi nutritivi prontamente disponibili.

Questa tecnica si presenta come alternativa ad una collaudata pratica agronomica, oggi meno diffusa, quale è la letamazione. Infatti fare sovescio significa dare N organico direttamente al terreno, quindi, restituire al suolo gli elementi sottratti dai cicli colturali in precessione. Fondamentale, direi anche “vitale”, è la sostenibilità della nostra agricoltura, sempre più spinta e, a volte, poco attenta al sistema suolo. Ma mirando sempre più in alto in termini di quantità e qualità di produzione per rispondere alle esigenze di mercato, non si può non tenere conto quanto di venga sottratto al suolo, e, quindi, quanto e come “restituire”.

Il sovescio è stato sperimentato in pieno campo, ma questa tecnica sta prendendo piede anche in coltura protetta, in particolare laddove non sempre è possibile attuare ampie rotazioni in quanto in cicli colturali sono di breve durata e si ha il ritorno della stessa coltura sul medesimo appezzamento. Questo tipo di agricoltura è sempre più diffuso, specie in realtà di piccole e medie dimensioni, ma anche laddove si osservi una specializzazione aziendale.

Nell'odierna orticoltura, molto intensiva, si rende necessaria una gestione del sistema suolo mirata a prevenire fenomeni di stanchezza. Le maggiori temperature dell'ambiente protetto rispetto al pieno campo, il rapido susseguirsi dei cicli produttivi che richiede continue lavorazioni, comportano una maggiore mineralizzazione della sostanza organica; non è raro che, in queste condizioni, il tenore di S.O. tenda a diminuire dopo alcuni anni dall'entrata in produzione (ovvero dal passaggio da pieno campo a serra). Inoltre, va tenuto conto del rapporto carbonio/azoto; infatti se ci si trova davanti a valori di S.O. ritenuti buoni, ma con basso C/N, significa che molto probabilmente sono stati interrati dei residui colturali costituiti da tessuti teneri e acquosi, non adatti ad essere umificati.

Dopo decenni in cui molte buone pratiche agricole, come appunto il sovescio, sono sopravvissute solo in qualche azienda virtuosa, magari biologica, i produttori di orticole si stanno rendendo conto, sempre di più, che la vera inestimabile ricchezza da preservare nel tempo è il suolo, e non solo le strutture (sia pur costose) che vengono montate su di esso. Oggi questa tecnica è stata riscoperta per prevenire l'impoverimento della frazione organica nel lungo periodo, o anche solo per migliorare la struttura (si pensi al movimento dell'acqua) in terreni già dotati di una buona fertilità.

D'altronde, la sola concimazione minerale, in un terreno poco strutturato e con scarso equilibrio microbiologico, aiuta ben poco la coltura. E' in questa ottica che si colloca la pratica del sovescio, sia con miscugli che con essenze in purezza.

Il contesto produttivo italiano generalmente spinge a scegliere il sovescio estivo, quindi con specie macroterme, infatti il ciclo autunno-vernino è necessariamente riservato alle produzioni, che in questo periodo assumono un alto valore commerciale (si pensi agli ortaggi a foglia ed erbe fresche, fragola, cavolo rapa, ecc.), mentre in primavera-estate è possibile mettere a riposo una parte della superficie aziendale, e quindi eseguire un sovescio, magari seguito da solarizzazione.

Tra le varie possibilità il sovescio con sorgo sudanese o sorgo gentile promette interessanti risultati. A far ricadere la scelta su questa specie è anche la sua collocazione tassonomica (essendo una graminacea e quindi una monocotiledone) molto lontana da quella delle orticole allevate in coltura protetta, generalmente dicotiledoni.

 

Sorgo a 38 giorni dalla semina. La coltura sopporta il forte calore estivo, anzi trae vantaggio dall'essere allevata sotto film non ombreggiati, mostrando una elevata efficienza fotosintetica anche in condizioni estreme

 

Il sorgo, graminacea da foraggio dal precoce accrescimento e dal notevole sviluppo fogliare e radicale, necessita di pochi interventi irrigui. In particolare, il possente apparato radicale, che si approfondisce in strati del terreno inesplorati dalle radici della maggior parte delle ortive, consente una traslocazione, e, quindi, rilocalizzazione dei nutrienti che vengono captati dagli strati più profondi ed assimilati dalla biomassa epigea. Si tratta di una coltura fino ad oggi totalmente estranea alla serra, ma che essendo una pianta a ciclo C4, si trova a suo agio in questo ambiente caldo e umido, potendo esprimere al massimo il suo potenziale genetico in termini di velocità di accrescimento e di biomassa prodotta.

Da un estratto di VenetoAgricoltura apprendiamo alcuni dati del 2006, derivanti da prove effettuate con diverse colture da sovescio (in pieno campo). In particolare, per il sorgo sudanese, in termini di caratteristiche produttive della parte epigea, deduciamo un buon apporto di biomassa ed un ottimo controllo delle infestanti (vedi tabella), mentre dall'esame della composizione chimica si deduce un'elevata asportazione di N, P e K.

 

Sostanza fresca totale (t/ha) Sostanza fresca specie infestanti (t/ha) % Infestanti sul totale sostanza fresca Sostanza fresca specie da sovescio (t/ha) Sostanza secca specie da sovescio (%) Sostanza secca specie da sovescio (t/ha)
37,8 0,3 0,7 37,5 21 7,7

 

Il rapido accrescimento del sorgo generalmente soffoca le infestanti, tuttavia, dove necessario, è utile operare una falsa semina o pirodiserbo, specialmente se si paventano infestazioni da amaranto e portulaca

 

Un altro aspetto interessante è che la coltura da sovescio, non essendo normalmente interessata da trattamenti fitosanitari, costituisce una vera e propria zona rifugio per gli artropodi utili.

 

Un adulto di Chrysopa sp. su sorgo

 

In serra fredda, volendo approntare un sovescio estivo, la semina di sorgo viene effettuata in un periodo compreso tra metà aprile e metà maggio, impiegando circa 40 kg/ha di seme. Si eseguono subito dopo abbondanti irrigazioni e lo si lascia crescere per circa 50 gg, fino alla fase di pre-fioritura.

 

Trinciatura del sorgo, l'operazione viene svolta con una comune trincia-sarmenti

 

Quindi le piante vengono trinciate, dissecate all'aria e incorporate nel terreno, coprendo con teli plastici nel caso in cui al sovescio segua la solarizzazione.

 

Nel periodo estivo i residui disseccano rapidamente, e se si ritarda con le lavorazioni, altrettanto rapidamente il sorgo ricaccia nuovi germogli

 

In questa seconda fase, dalla possibile durata di 60 giorni, l'ambiente “suolo” diventa un crogiuolo di innumerevoli attività vitali che, sebbene sfuggenti ai nostri occhi, non mancheranno mostrare tutti i loro effetti benefici nel tempo.

 

A cura di Michela Colucci - socio di Antesia

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