Il tema della sostenibilità è sicuramente uno dei fil rouge che hanno caratterizzato l'edizione 2023 del Vinitaly. I consumatori di tutto il mondo, d'altronde, chiedono con sempre maggiore forza che il settore della viticoltura vada verso un minor impatto ambientale, ad esempio per quanto riguarda il consumo di agrofarmaci. Proprio per rispondere alle richieste del mercato e ai vincoli sempre più stringenti imposti dal regolatore europeo, alcune università e centri di ricerca italiana stanno sviluppando i vitigni resistenti.

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Si tratta di viti che offrono un certo grado di resistenza nei confronti dei principali patogeni fungini che attaccano questa coltura, come ad esempio peronospora ed oidio. Queste viti, ottenute dall'incrocio di Vitis vinifera per Vitis rupestris, hanno così bisogno di un numero ridottissimo di trattamenti, appena due o tre all'anno, e possono quindi rendere possibile una viticoltura meno dipendente dai prodotti fungicidi.

 

Arriva il Prosecco resistente ai funghi

Questa piccola rivoluzione sta interessando anche uno dei simboli del made in Italy enoico: il Prosecco. Presso lo stand del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc, infatti, Riccardo Velasco, direttore del Centro Crea di Viticoltura ed Enologia, ha guidato alcuni appassionati nella degustazione di due tipologie di "Prosecco" derivate dalla vinificazione di uve ottenute da vitigni di "Glera" resistenti. In particolare nelle percentuali del 15 e 50%.


Abbiamo utilizzato le virgolette sui termini Prosecco e Glera in quanto tecnicamente inappropriati ad identificare il vino e il vitigno frutto del miglioramento genetico portato avanti dal Crea.


I vitigni usati per la vinificazione sono infatti un incrocio tra la Glera, la varietà prevista per la produzione del Prosecco, e un vitigno resistente. Incrocio dopo incrocio i ricercatori del Crea hanno cercato di ottenere una varietà che fosse sì resistente, ma che conservasse anche i tratti enologici distintivi della Glera.


Non è dunque corretto parlare di "Glera" resistente, in quanto si tratta di una nuova varietà, chiamata Souvignier Gris appunto. E dunque, a rigor di logica, anche il vino ottenuto da questo nuovo vitigno, anche se usato in percentuali basse, non può essere definito Prosecco.

 

Non è corretto parlare di

Non è corretto parlare di "Glera" resistente, in quanto si tratta di una nuova varietà chiamata Souvignier Gris

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)


I vantaggi dell'impiego di vitigni resistenti

I vitigni resistenti, come la "Glera" ottenuta nei laboratori del Crea, hanno il grande pregio di richiedere un numero bassissimo di trattamenti fungicidi all'anno. Questo permetterebbe ai viticoltori di effettuare un numero contenuto di trattamenti con ricadute positive sia sotto il profilo della sostenibilità ambientale, sia sotto quello economico. I viticoltori potrebbero infatti risparmiare sia sul fronte dell'acquisto degli agrofarmaci, sia a livello di gasolio e usura delle attrezzature impiegate per i trattamenti.


È tuttavia improbabile che i vitigni oggi presenti sul territorio vengano rimpiazzati da varietà resistenti. È invece possibile che tali vitigni vengano impiegati in quelle aree maggiormente sensibili poiché vicine ai centri abitati. I viticoltori potranno quindi utilizzare queste nuove varietà in quei vigneti inseriti in contesti urbani oppure limitarne l'uso ai filari perimetrali, in modo da contenere il possibile effetto deriva.

 

Quale futuro per i vitigni resistenti?

Ad oggi sono in tutto trentasei le varietà di vitigni resistenti registrate presso il Catalogo Nazionale. Sta poi alle regioni autorizzarne la coltivazione sul proprio territorio e alcune di queste, come il Veneto, hanno già dato parere positivo.


Ma affinché questi vitigni trovino uno sbocco sul mercato sarà importante che anche i vari disciplinari di produzione ne contemplino l'uso. Nel caso del Prosecco già oggi è stabilito che un 15% delle uve possa provenire non dalla Glera, ma da alcuni vitigni terzi, quali Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera, Glera lunga, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero. In futuro, se la "Glera" resistente sarà coltivabile in Italia, sarà necessario che tale disciplinare ne contempli l'impiego.


I vini ottenuti attraverso le microvinificazioni e presentati durante il Vinitaly 2023 hanno dato prova di reggere il confronto con il Prosecco ottenuto da uve 100% Glera. È auspicato quindi da molti produttori (presenti anche alla degustazione) che queste nuove varietà vengano inserite nei disciplinari in percentuali fino ad un massimo del 15%, in modo da garantire prodotti eccellenti, ma anche un maggiore livello di sostenibilità ambientale.

 

Vitigni resistenti e Tecnologie di Evoluzione Assistita (Tea)

Il ricercatori del Crea, come quelli dell'Università degli Studi di Udine o della Fondazione Edmund Mach, stanno lavorando all'ottenimento di nuovi vitigni resistenti tramite l'incrocio di Vitis vinifera per Vitis rupestris.


Sarebbe tuttavia possibile ottenere dei cloni resistenti attraverso le Tecnologie di Evoluzione Assistita. Si tratta di nuove biotecnologie, che nulla hanno a che fare con i vecchi Ogm, che consentirebbero di modificare in maniera precisa e veloce il patrimonio genetico di un vitigno per renderlo resistente alle malattie (come anche agli stress ambientali).

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Si otterrebbe così davvero una "Glera" resistente, in quanto il Dna della nuova vite sarebbe in tutto e per tutto identico al progenitore, se non per piccolissime modificazioni che avrebbero solo un impatto sull'espressione della resistenza ai patogeni fungini.


Tutto risolto dunque? Non proprio, perché ad oggi queste recentissime biotecnologie sono ancora regolate dalla normativa europea sugli Ogm. A Bruxelles si sta discutendo di come gestire questo nuovo mondo, tuttavia un nuoto regolamento non è all'orizzonte nel breve periodo.

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