Il traffico globale di merci può comportare a volte dei seri problemi all'ecosistema, uno tra tutti riguarda l'ingresso accidentale di specie aliene invasive che raggiungono un nuovo paese nel quale non ci sono antagonisti specifici; in questo modo possono acclimatarsi senza problemi e creare ingenti danni all'agricoltura locale.

 

Uno degli insetti alieni più importanti arrivato in Italia negli ultimi anni è sicuramente il moscerino dei piccoli frutti, Drosophila suzukii, ritrovato per la prima volta in Trentino nel 2009 e in seguito in Emilia Romagna nel 2011 e diffusosi poi in tutta la penisola e nel resto d'Europa. Mentre la maggior parte dei moscerini della frutta locali non sono parassiti perché infestano solo frutta troppo matura e già caduta, le femmine della Drosophila suzukii penetrano la buccia dei frutti non ancora maturi e depongono le proprie uova. Le larve si schiudono e si sviluppano nel frutto, generando perdite produttive fino all'80%. Lo svernamento avviene come mosca adulta in luoghi protetti.

 

La Drosophila suzukii è altamente polifaga. Tra le piante ospiti prevalgono le drupacee come ciliegio, pesco, susino, albicocco e i piccoli frutti come lampone, mora, fragola e mirtillo, ma rientrano anche kiwi, cachi, fichi e uva.

 

Durante l'International Cherry Symposium ospitato al Macfrut 2022, una presentazione fatta a 4 mani ha riguardato le esperienze sulla lotta e sul contenimento della Drosophila in Trentino Alto Adige e in Emilia Romagna. In particolare sono intervenuti Angela Gottardello della Fondazione Edmund Mach e Luca Casoli, direttore del Consorzio Fitosanitario di Modena e Reggio Emilia.

 

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Dopo il primo ritrovamento del moscerino, nel 2009, in Trentino hanno cominciato ad utilizzare delle trappole innescate con un attrattivo alimentare a base di aceto di mele per monitorare la presenza dell'insetto. I monitoraggi annuali ci dicono che nell'arco dell'anno si hanno due picchi di infestazione: il primo è quello degli adulti svernanti e si ha in inverno; il secondo consiste nelle generazioni estive che si sovrappongono a partire dalle ultime settimane di giugno fino a novembre.

 

Il periodo tra questi due picchi è chiamato collo di bottiglia ed è caratterizzato da catture bassissime, il che vuol dire che può essere considerato un buon periodo per intervenire, abbassando ancora di più la popolazione e di conseguenza anche il picco estivo successivo.

 

La presenza di ciliegeti in Trentino è piuttosto limitata ma la produzione di questi frutti rappresenta comunque una buona percentuale della Plv regionale. Ci sono circa 250 ettari coltivati a ciliegio che vanno dai 200 ai 1000 metri sul livello del mare. Sono tutti piccoli appezzamenti, inferiori all'ettaro, quasi monovarietali (60% Kordia e 25% Regina) caratterizzati da portainnesti semi nani (Gisela 5).

 

In Trentino però è molto facile trovare ciliegi abbandonati dispersi nel territorio. Questi hanno un ruolo estremamente importante nell'ecosistema agro trentino: maturano prima e spesso durante il collo i bottiglia, diventando così il primo ospite massivo su cui Drosophila suzukii crea la prima generazione.

 

Il primo approccio testato per il contenimento del moscerino è stato il controllo chimico che però in molti casi non è riuscito a contrastare in maniera efficace i danni dell'insetto. L'impiego delle reti antinsetto attualmente è il metodo che più protegge la coltura in maniera adeguata.

 

Negli ultimi anni è entrato in gioco anche il controllo biologico. Inizialmente è stato valutato il grado di parassitizzazione di Trichopria drosophilae, un parassitoide generalista presente negli habitat europei che depone il suo uovo all'interno della larve del moscerino.

 

Tra i parassitoidi più performanti c'è Ganaspis brasiliensis, un imenottero originario dell'estremo Oriente, come la Drosophila suzukii, che vive e si sviluppa all'interno delle larve. Per poterlo utilizzare è stata richiesta l'autorizzazione alla sua importazione nel 2021. Dopo l'approvazione l'insetto è stato rilasciato in 12 siti della Regione trentina a diverse altitudini e in diverse valli. Su 6 dei 12 siti sono emersi i parassitoidi dalle uova della Drosophila suzukii. Nonostante le percentuali non siano molto alte, i risultati sono comunque promettenti. I rilasci, infatti, sono avvenuti in ritardo; il via libera del Ministero della Transizione Ecologica è arrivato solo ad agosto. Oltre alle Province Autonome di Trento e Bolzano anche altre regioni hanno ricevuto l'autorizzazione ai rilasci, cioè Veneto, Valle d'Aosta, Piemonte, Emilia Romagna, Campania, Sicilia e Puglia.

 

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Contemporaneamente è arrivato in Italia un nuovo insetto. Come spesso succede, infatti, i nemici naturali non tardano a seguire le loro prede e le seguono a breve distanza di tempo nell'invasione di un nuovo territorio. Si tratta di Leptopilina japonica, parassitoide larvale arrivato dal Giappone che attacca le larve di D. suzukii; rilevato per la prima volta in Emilia Romagna ma segnalato in Trentino già nel 2019. Questa specie ha così aperto nuove prospettive per il controllo biologico del moscerino.

 

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Dopo un estensivo campionamento di frutta da piante spontanee naturalmente infestate da D. suzukii e da varietà commerciali, i risultati del 2020 hanno confermato la presenza sul territorio trentino del nuovo parassitoide, e sembra che L. japonica sia ben stabilito. Si è visto, inoltre, che l'attività di controllo biologico di L. japonica avviene principalmente in situazioni non gestite con abbondanza di piante selvatiche fortemente attaccate dal moscerino e una ridotta, se non assente, influenza dell'attività umana.

 

Ci si auspica quindi che i due insetti, Ganaspis brasiliensis e Leptopilina japonica svolgano nel prossimo futuro un'azione sinergica nel controllo biologico della Drosophila suzukii, mantenendo in equilibrio le popolazioni del carpofago come naturale e duraturo processo di coevoluzione tra parassitoide e ospite.

 

Reti antinsetti e lotta biologica a Vignola

Vignola è la principale zona di coltivazione del ciliegio in Emilia Romagna. Il controllo della mosca in questa zona prevede un monitoraggio territoriale e costante, l'aggiornamento settimanale degli agricoltori e la messa in pratica di strategie alternative e integrative tra le quali il controllo chimico, l'impianto di reti di copertura e il controllo biologico.

 

Le coperture in plastica antipioggia sono distribuite su circa il 25% dell'area cerasicola che conta circa 700 ettari. Questi film plastici, utilizzati inizialmente per la Rhagoletis cerasi, si sono dimostrati utili anche quando è arrivata la Drosophila, causando però problemi legati all'aumento dell'umidità e della temperatura.

 

Al fine di ridurre queste problematiche sono state studiate alternative monofila e sistemi monoblocco che con materiali differenti chiudono completamente l'impianto. Questi impianti sono caratterizzati all'interno da trappole per il monitoraggio costante e di data logger per la rilevazione dei dati microclimatici.

 

Negli impianti monoblocco sono state registrate temperature medie pressoché allineate ma umidità elevata, mentre in quelli monofila è stato registrato un grado di temperatura in più rispetto all'esterno. Entrambi i sistemi hanno dato risultati promettenti dal punto di vista della prevenzione dei danni da cracking e dei danni da Drosophila suzukii.

 

Per quanto riguarda il controllo biologico, G. brasiliensis è stato rilasciato in 5 siti nel settembre 2021, lungo la vegetazione spontanea presente ai margini dei ciliegi. Dopo il rilascio, il 32% di pupe di D. suzukii è risultato parassitizzato, per il 13,6% da Leptopilina e per l'1,6% da Ganaspis.

 

La richiesta di autorizzazione al rilascio di Ganaspis brasiliensis sarà presentata anche per la stagione 2022 con l'obiettivo di svolgere l'attività durante la raccolta delle ciliegie e aumentare il numero di rilasci in Emilia Romagna.