Per digerire cibi particolarmente difficili o poveri di elementi nutritivi, gli animali, compreso l'uomo, si fanno aiutare da microrganismi simbionti. Un classico esempio è quello dei mammiferi erbivori che privi, nel rumine, dell'enzima cellulasi sfruttano una serie di batteri, funghi e protozoi simbionti che demoliscono la cellulosa delle cellule vegetali al posto loro.

Anche gli insetti entrano in simbiosi con diversi microrganismi, soprattutto i fitomizi che si nutrono solo di linfa, gli xilofagi che si nutrono di solo legno e gli ematofagi che si nutrono di sangue.

La ricerca scientifica ha cominciato ad interessarsi alle interazioni tra insetti e microrganismi già dalla seconda metà del Ventesimo secolo riportando l'importanza di questi simbionti per lo sviluppo, il comportamento e la capacità riproduttiva degli ospiti.

Alle lezioni del corso di alta formazione "Biosolution Academy" si è parlato dei simbionti degli insetti. Antonella Gonella, professoressa di Entomologia presso l'Università degli Studi di Torino, ha trattato l'argomento descrivendo il controllo simbiotico come un innovativo strumento di gestione dei fitofagi e dei fitopatogeni.

Si tratta infatti di gestire la risorsa microbica (microbial resource management, Mrm), una strategia già applicata con successo in altri contesti come il trattamento delle acque reflue o quello dei probiotici a uso umano, che può rappresentare un approccio promettente anche per la difesa dai fitofagi delle piante.

La simbiosi microbica negli insetti

Negli insetti ci sono quattro tipi di simbionti microbici:

  • i simbionti primari, che sono necessari per la sopravvivenza dell'ospite e sono generalmente coevoluti insieme all'insetto, per questo possiedono un genoma molto ridotto e non sono coltivabili al di fuori dell'ospite;
  • i simbionti secondari, che possono vivere svincolati dall'ospite, ne aumentano la fitness e possono proteggere l'insetto dalle avversità;
  • i simbionti egoistici, che sfruttano l'ospite per la propria dispersione e moltiplicazione, un esempio sono i manipolatori riproduttivi;
  • i saprofiti opportunisti, che occasionalmente si comportano da commensali intestinali mutualisti.

 

Le associazioni simbiotiche possono essere di due tipi. A seconda che il microrganismo viva all'esterno o all'interno dell'ospite si parla di ectosimbiosi ed endosimbiosi. Un esempio particolare di ectosimbiosi è quello della formica tagliafoglia Atta sexdens. Le operaie triturano e impastano con la saliva pezzi di foglia per ottenere un substrato umido sul quale coltivare un fungo. Questo, quando si riproduce, forma delle fruttificazioni ricche di proteine con le quali le formiche alimentano gli stadi giovanili.

Anche l'attività dei manipolatori riproduttivi è particolare. Questi simbionti hanno come obiettivo quello di aumentare la produzione di femmine infette (con il simbionte) a discapito di quella maschile o di femmine non infette. Wolbachia è un genere di batteri simbionti manipolatori intracellulari obbligati tra i più comuni batteri presenti sulla Terra. Nel 1924 sono stati osservati per la prima volta negli ovari e nei testicoli della zanzara Culex pipiens, infatti si trovano principalmente nei tessuti riproduttivi. Wolbachia manipola la riproduzione degli ospiti per assicurare la propria sopravvivenza e le vittime sono sempre i maschi dell'organismo ospite.

Il controllo simbiotico: come funziona?

L'uso di simbionti microbici per veicolare sistemi di lotta contro patogeni e insetti dannosi si chiama controllo simbiotico ed è una strategia di gestione della risorsa microbica (Mrm) applicata agli insetti.

I vantaggi? L'agente di controllo è già presente nell'ospite, non prevede l'uso di insetticidi chimici e fornisce un controllo specifico. Inoltre, è una strategia ad elevata compatibilità con gli altri mezzi di controllo che siano biologici, chimici o fisici e può quindi essere utilizzata in un'ottica di lotta integrata.

Il controllo simbiotico nasce per applicazioni in campo medico: è stato utilizzato per contrastare la malattia di Chagas originaria dell'America Latina causata dal parassita Trypanosoma cruzii trasmesso all'uomo dalla cimice Rhodnius prolixus.

All'atto pratico, in campo agricolo ci sono tre strategie di controllo simbiotico. La prima è la costituzione di associazioni eterologhe e prevede l'introduzione di ceppi di simbionti provenienti da un diverso ospite in una specie che in natura ne è priva. Il simbionte più utilizzato in questo caso sono batteri del genere Wolbachia.

La seconda tecnica è la trasformazione genetica dei simbionti microbici, utilizzata già in campo medico per controllare la malattia di Chagas. In questo caso, infatti, il simbionte primario è stato sostituito con uno modificato in cui è stata introdotta una proteina che uccide il parassita prima di essere trasmesso nell'intestino dell'insetto. Così si impedisce al vettore la trasmissione del parassita.

La terza strategia prevede la perturbazione delle simbiosi microbiche per eliminare i simbionti primari. In questo caso il punto fondamentale della lotta è la trasmissione verticale, cioè la trasmissione ereditaria dei simbionti dall'adulto all'uovo che diventerà larva. L'obiettivo della strategia è fare in modo che la trasmissione verticale non si verifichi.

Applicando questa tecnica al controllo della cimice asiatica (Halyomorpha halys) si sono ottenuti promettenti risultati.

Il controllo simbiotico in agricoltura: i casi studio

Produzione di sostanze volatili attrattive per Drosophila suzukii
La Drosophila suzukii è un insetto esotico altamente polifago che crea danni ai frutti attraverso l'ovideposizione delle femmine adulte e la successiva attività trofica delle larve. La comunità batterica associata a D. suzukii è costituita da batteri acetici e Wolbachia.

Sono in corso studi sui composti volatili prodotti dai batteri acetici simbionti che risultano attrattivi per l'insetto e possono quindi rappresentare uno strumento per migliorare e rendere più attrattive le esche.

C'è già qualche risultato. Per esempio, un buon livello di attrattività è stato ottenuto con i composti volatili di due ceppi di Gluconobacter e Komagataeibacter saccharivorans, mentre Acetobacter persici è risultato un potenziale repellente.

Il controllo simbiotico della flavescenza dorata della vite
Il fitoplasma è trasmesso dalla cicalina (Scaphoideus titanus) per via persistente propagativa. Vuol dire che l'insetto si mantiene infettivo una volta completato il processo di infezione per tutta la vita. In questo caso il controllo simbiotico può intervenire in diverse fasi del processo di infezione.

Tra i simbionti secondari associati al vettore ci sono i batteri acetici del genere Asaia che possono essere sfruttati in due modi. Innanzitutto sono capaci di stabilire una competizione con il fitoplasma nel corpo della cicalina occupando e quindi mascherando i siti di attacco del fitoplasma.

Secondariamente, possono attivare la risposta immunitaria dell'insetto attraverso la produzione di composti probiotici che innalzano la difesa immunitaria e impediscono la colonizzazione del fitoplasma.

Ricerche scientifiche hanno evidenziato percentuali di acquisizione del fitoplasma significativamente inferiori dopo l'acquisizione di Asaia. Si può quindi ipotizzare di costruire formulati microbici a base di Asaia da somministra direttamente in campo? Non è così semplice e gli studi ad oggi in corso stanno cercando di capire la persistenza dei batteri su vite e identificare quindi un efficiente sistema di distribuzione.

Lotta simbiotica alla cimice asiatica
Gli emitteri eterotteri ospitano simbionti primari intestinali necessari alla loro sopravvivenza. La cimice asiatica ospita il simbionte primario Pantoea carbekii da cui dipende per la sopravvivenza, lo sviluppo e la fecondità. Come si può sfruttare?

Questo batterio si localizza nell'intestino e garantisce il rifornimento di molte sostanze nutritive. Pantoea carbekii si trasmette verticalmente tramite la contaminazione, durante l'ovideposizione, della superficie delle uova dell'insetto con secreti contenenti cellule batteriche. Le neanidi neonate acquisiscono P. carbekii nutrendosi delle secrezioni nei primi giorni di vita.

Diversi esperimenti hanno dimostrato come insetti nati da ovature prive di P. carbekii mostrano una riduzione della sopravvivenza e una forte alterazione di diversi parametri vitali.

Per questo motivo l'aspetto chiave per applicare il controllo simbiotico è rappresentato dalla fase in cui i batteri simbionti sono esposti all'ambiente cioè tra il momento della deposizione e la schiusa delle uova. In questa fase, infatti, le uova possono essere sterilizzate con l'utilizzo di sostanze ad attività antimicrobica.

In un recente studio fatto in laboratorio sono stati utilizzati alcuni fertilizzanti integrati a base di zinco, rame e acido citrico. I risultati hanno dimostrato l'assenza di P. carbekii negli esemplari nati da ovature trattate e in seguito la ridotta sopravvivenza delle neanidi per la mancata acquisizione.

Prove preliminari sono state condotte su nocciolo e hanno ulteriormente confermato che questi fertilizzanti integrati possono ridurre significativamente le popolazioni di H. halys in campo con mortalità che sfioravano il 100%. Anche gli insetti che sopravvivono muoiono prima di raggiungere lo stadio adulto e quelli che riescono a raggiungere l'età adulta sono comunque soggetti a forti malformazioni.

La diminuzione della popolazione interna al corileto ha influenzato anche il danno alla raccolta, che è risultato più contenuto.

Questi prodotti, non essendo insetticidi, non interferiscono con la presenza degli insetti utili in campo: prove preliminari di laboratorio hanno dimostrato l'assenza di interferenza con l'attività dei parassitoidi oofagi indigeni ed esotici, in particolare di Anastatus bifasciatus, Ooencyrtus telenomicida, Trissolcus spp. e Adalia bipunctata.

Sono necessarie ulteriori prove per consentire di stabilire la persistenza del prodotto, il numero di trattamenti, la tempistica e la dose, per fornire indicazioni quanto più precise per la definizione di veri e propri protocolli di lotta.

 


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