Due nuovi prodotti fitosanitari, la Xylella e la resistenza delle malattie ai fungicidi sono state le protagoniste dell’ultimo webinar delle Giornate fitopatologiche 2020 che si sono chiuse, con grande successo, lo scorso 12 novembre.

Agostino Brunelli, del Distal dell’Università di Bologna, ha chiuso l'ultimo webinar precisando che nel corso dei sei incontri sono stati più di 1.400 i tecnici e i ricercatori che hanno partecipato, con un crescendo che ha portato ad avere mille partecipanti all’ultimo incontro dedicato al controllo delle malattie delle piante.
Finalmente una soddisfazione dopo un 2020 molto impegnativo per l’organizzazione delle Giornate fitopatologiche che dopo aver organizzato il tradizionale evento in presenza a fine febbraio ha dovuto rinviare l’evento per poi doverlo completamente riorganizzare in remoto. Uno sforzo notevole che, attraverso le nuove tecnologie, ha consentito di ridisegnare le Gf allargando il bacino di utenza e coinvolgendo, nonostante tutto, 48 relatori e 12 moderatori. Purtroppo, questa soluzione ha finito con il penalizzare la valorizzazione degli atti che costituiscono un importante strumento per l’aggiornamento del settore. Obiettivo delle prossime Gf, già programmate a Bologna per il marzo del 2022, è quindi quello di capitalizzare l’impiego dei nuovi strumenti tecnologici, ma anche quello di ritornare in presenza favorendo l’abituale scambio di esperienze tra gli operatori e valorizzando compiutamente i lavori sperimentali.

Anche l’ultimo webinar è stato molto interessante con sessioni che hanno riguardato:
  • il punto sulle resistenze delle malattie ai prodotti fitosanitari;
  • la presentazione di due nuovi prodotti fitosanitari;
  • una tavola rotonda sulla Xylella fastidiosa.


Resistenza delle malattie ai prodotti fitosanitari

Marina Collina, del Distal dell’Università di Bologna, ha presentato esperienze condotte direttamente dal suo gruppo e da altri gruppi di ricerca italiani, su vite, pero e pesco
Per quel che riguarda la peronospora della vite sono stati numerosi i campioni sono stati forniti dai tecnici che operano in Friuli e in Trentino.
In Friuli è stata rilevata la resistenza al dimetomorf in quattro casi, alcuni casi di resistenza alla cyazofamide e un caso di resistenza al metalaxyl, mentre non sono stati rilevati problemi per zoxamide e flupicolide e anche per quel che riguarda l’ametoctradina la situazione è al momento sotto controllo. In Trentino un caso di resistenza al dimetomorf, uno all’ametoctratina, due al metalaxyl mentre è stata confermata la sensibilità alla zoxamide, all’oxathiapiprolin e all’amisulbrom, nonostante i problemi riscontrati in passato sulla cyazofamide.

Per quel che riguarda la botrite sono state da tempo evidenziate resistenze, dovute a mutazioni, a SDHI, fenexamid, cyprodinil e fludioxynil. Nell’ultimo periodo il fenomeno è stato rilevato in Lombardia, con una diversa incidenza nelle varie province. 

Per quel che riguarda il pero è stato fatto il punto, nel 2018 e 2019, sulla resistenza dello Stemphylium vesicarium ai fungicidi rilevata su circa 300 campioni (da cui sono stati estratti oltre 2mila isolati di maculatura e 1750 di alternaria) provenienti dall’Emilia Romagna e, per poche unità, da Lombardia e Veneto. Le indagini condotte hanno confermato una certa resistenza agli SDHI. Costante il livello di sensibilità al captano, al fludioxynil e al fluazinam, mentre un certo calo di efficacia è stato registrato a carico del pyraclostrobin e del tebuconazolo.

Per quel che riguarda la monilia del pesco è innanzi tutto confermata la prevalente diffusione della Monilia fructicola, con ancora una certa presenza di M. laxa, mentre al momento marginale la presenza la M. fructigena. Per quel che riguarda la sensibilità ai prodotti fitosanitari sono stati accertati rari casi di resistenza al tebuconazolo, che comunque conferma complessivamente la sua efficacia. Negli ultimi anni sono invece molto consistenti i ceppi di Monilia spp che si sono dimostrati resistenti al boscalid, mentre monilia continua a rimanere sensibile al pyraclostrobin.

Per quel che riguarda le insalate a foglia (cavoli, rucola, basilico, lattuga, spinacio ecc.) sono state accertate resistenze di Alternaria spp all’azoxystrobin e al boscalid e di Pythium spp al mefenoxam. Confermata invece la sensibilità del Pythium all’azoxystrobin. 


Mefentrifluconazole (Revisol) di BASF

Alessandro Zappata ha poi presentato un nuovo triazolo di BASF che è, attualmente, in fase di registrazione.
Il prodotto è caratterizzato da un buon profilo tossicologico ed ecotossicologico nei confronti dell’uomo e dell’ambiente. Molto ampio lo spettro d’azione nei confronti dei quali sono in corso le registrazioni.

Il prodotto, la cui molecola può cambiare la sua conformazione spaziale, conferendogli una maggior capacità di aderire al sito bersaglio, ha dimostrato anche un'eccellente efficacia nei confronti di ceppi fungini meno sensibili a tutti gli altri triazoli al momento disponibili.

Sono state poi presentate alcune interessanti sperimentazioni che hanno confermato l’elevata efficacia di questo nuovo triazolo nei confronti dell’oidio della vite, della septoria del frumento e della ticchiolatura del melo.


AF-X1 – Aspergillus flavusatossigeno per il biocontrollo delle aflatossine nel mais

Il nuovo biofungicida, presentato da Elisa Mascanzoni di Corteva, è stato messo a punto da Paola Battilani dell’Istituto di Patologia vegetale dell’Università di Piacenza con studi avviati tra il 2003 e il 2010.

Sulla coltivazione del mais, ceppi atossigeni di Aspergillus flavus agiscono attraverso un meccanismo di esclusione competitiva nei confronti dei ceppi tossigeni di Aspergillus flavus, produttori delle aflatossine. Il prodotto, che va applicato una quindicina di giorni prima della fioritura del mais, ha ottenuto risultati sperimentali molto positivi. A partire dal 2015 è stato utilizzato a seguito di autorizzazioni eccezionali, esclusivamente per il mais destinato all’alimentazione animale, ed è ora in corso di registrazione da parte di Corteva Agriscience.

Tavola rotonda sulla Xylella fastidiosa

Moderata da Giannantonio Armentano, dell’Informatore Agrario, la tavola rotonda ha visto la partecipazione di Donato Boscia, dell’Ipsp del Cnr di Bari, di Stefania Loreti del Crea DC e di Giovanni Ricciolini del Servizio fitosanitario di Firenze.

Boscia ha presentato la situazione della Xylella fastidiosa, sottogenere pauca, in Puglia, dove è stata ritrovata per la prima volta nel 2013.
Sull’olivo la Xylella ha provocato gravi danni che già nel 2017 erano stati calcolati in circa 583 chilometri quadrati di oliveti fortemente interessati dalla malattia con il coinvolgimento di 6,5 milioni di piante colpite, quasi il 10% di una regione che ha una popolazione complessiva di 60 milioni di olivi. La diffusione della Xylella è stata favorita dal suo vettore Philaenus spumarius contro il quale vanno concentrati gli interventi di prevenzione che si caratterizzano da lavorazioni al terreno, tra marzo e aprile, per contrastare le forme svernanti, interventi chimici (indicativamente due) tra maggio e giugno per contrastare gli adulti, interventi di spollonatura in luglio e agosto e successivamente dalle tradizionali potature invernali.

Dopo un primo piano di eradicazione, negli ultimi anni si è cercato di limitare la progressione della malattia attraverso la formalizzazione di piani di contenimento che si sono concretizzati nella decisione Ue n. 789/2015 che è stata recentemente aggiornata e superata con il Reg. Ue 1201 del 14 agosto 2020. Tali provvedimenti hanno previsto la demarcazione di un’area infestata con attorno una zona di contenimento, seguita da una zona cuscinetto ai limiti delle zone indenni.
Negli ultimi anni le aree demarcate si sono progressivamente allungate verso Nord, la risalita è stata calcolata in circa 70 km ed al momento gli estremi delle aree delimiate sono nei pressi della zona di Monopoli (Ba) dopo aver interessato inizialmente la provincia di Lecce per poi proseguire nella provincia di Brindisi, specie negli ultimi tre anni, e in parte della provincia di Taranto.

Il provvedimento del 2015 prevedeva il divieto all’impianto nelle aree demarcate come infette delle specie attaccate dalla Xylella fastidiosa, sottospecie Pauca, e riguardavano in particolare oltre all’olivo anche il ciliegio e il mandorlo. In deroga a questo provvedimento la Regione Puglia era intervenuta autorizzando l’impianto delle varietà di olivo Leccino e Favorita (FS-17) che si erano dimostrate resistenti alla Xylella. La nuova decisione comunitaria è più severa e divieta l’impianto nelle aree demarcate come infette tutte le piante potenzialmente sensibili alla Pauca ed ora, come del resto è previsto dalle norme, è necessario che la regione intervenga rapidamente per concedere una deroga a nuovi impianti di agrumi e drupacee che altrimenti non potrebbero più essere impiantati.
Peraltro, la nuova decisione comunitaria abolisce il fatto che, in zona cuscinetto, dovevano essere abbattute attorno ad una pianta infetta tutte le piante potenzialmente sensibili in un raggio di 50 metri ed inoltre consente di non dover obbligatoriamente abbattere le piante di olivo colpite, qualora presentino particolare valore culturale e sociale.
Chiaramente le misure di contenimento adottate non hanno consentito di risolvere i problemi, ma hanno positivamente rallentato la progressione della malattia che, senza contrasto, era stata stimata in circa due chilometri al mese. 

Loreti ha poi aperto una finestra sul mondo della Xylella che è segnalata come una pericolosa avversità delle piante già dalla fine del XIX secolo. La Xylella si muove nei vasi xilematici in direzione acropeta, raggiungendo le radici, produce un biofilm che provoca l’occlusione dei vasi, è trasmesso da insetti emitteri e da materiale di propagazione infetto. 
Esistono vari tipi di Xylella: Xylella fastidiosa sub-specie fastidiosa (colpisce principalmente vite, pesco, erba medica, mandorlo e acero), Xylella fastidiosa sub-specie multiplex (colpisce principalmente agrumi, caffè e olivo), Xylella fastidiosa sub-specie sandyi (colpisce principalmente l’oleandro), Xylella fastidiosa sub-specie morus (colpisce principalmente gelso e mirtillo). All’interno di ciascuna sottospecie i ceppi vengono ulteriormente caratterizzati in sequenze tipo, ne sono state identificate 87. 

Le piante ospiti di Xylella sono 595, ma continuano a ritrovarsi piante che manifestano la sensibilità a questo pericoloso batterio; solo negli ultimi due anni sono state ritrovate 37 nuove specie sensibili. Negli Usa è calcolato che Xylella provoca ogni anno un danno su vite che si aggira intorno a 105 milioni di dollari. Vari e molto diversificati i sintomi con cui si manifesta sulle colture che, a seconda dei ceppi, possono presentare periodi di incubazione molto lunghi, durante i quali non si manifestano sintomi (per la pauca fino a 14 mesi su olivo e a 8-12 su agrumi).
I vari ceppi si sono diffusi in modo disarticolato nei vari continenti (America del nord e del sud, Europa e Iran). Sulla base degli elementi acquisiti le infezioni provocate dalla X. Fastidiosa sub-specie pauca in Puglia su olivo sono probabilmente originarie da piante ornamentali di caffè provenienti dal Costa Rica.

A livello europeo sono state rilevate diverse intercettazioni di piante contaminate: la sub specie pauca, principalmente su olivo, oleandro e mandorlo, in Italia nel 2013 in Puglia, e successivamente le sub-specie fastidiosa e multiplex, principalmente su macchia mediterranea, ma anche su vite, mandorlo e olivo, in Francia (Corsica e mainland) nel 2015, Spagna (Baleari e zona di Almeria) nel 2016, e in Portogallo (Madeira) e Italia (Toscana) nel 2018. 
Per quel che riguarda la situazione in Toscana è poi intervenuto Ricciolini che ha riferito che il ritrovamento di Xylella fastidiosa, sub specie multiplex è avvenuto nell’autunno 2018, sulla macchia mediterranea del promontorio dell’Argentario. La Regione Toscana, insieme alle altre regioni italiane, ha condotto monitoraggi sulla diffusione della Xylella a partire dal 2014, operando, fino al 2018, su 4.223 siti, e controllando 22.177 campioni. Tutto questo lavoro ha portato al ritrovamento di un campione positivo nel 2018. Da allora le indagini sono continuate in maniera ordinaria sul resto della regione e sono state fortemente intensificate nella zona dell’Argentario che è stato opportunamente demarcato identificando nell’area del promontorio (60,3 chilometri quadrati) le aree infette ed individuando in 5 chilometri adiacenti la zona cuscinetto che si è di fatto ricondotta ai tre tomboli che collegano il promontorio alla terra ferma.

Sul promontorio nel 2018 sono stati monitorati 80 siti, analizzati 1.120 campioni di piante con 72 positivi. Per quel che riguarda i vettori in 6 siti sono stati analizzati 67 campioni dei quali 2 sono stati ritrovati positivi. Nel 2019 le zone infette sono state 29, sempre sul promontorio, con la rimozione di 72 piante infette e 426 piante contigue. In totale nel 2019 e nel 2020 sono state rimosse 3.727 piante, di cui 321 erano risultate infette.
Sia nel 2018 che nel 2019 i monitoraggi e le analisi condotte sui campioni raccolti nella zona cuscinetto sono state invece tutte negative. 
Nelle zone indenni e nelle zone cuscinetto sono risultati negativi tutti i siti ispezionati e le analisi condotte sulle piante campionate e sugli insetti ispezionati.
Al momento si può quindi concludere che la zona infetta è diffusa limitatamente al promontorio dell’Argentario, mentre è rimasta indenne l’adiacente zona che porta alla terra ferma e l’intero territorio regionale.

I dati presentati sulle diverse tematiche sono molto interessanti e potranno essere meglio approfonditi consultando le presentazioni che sono a disposizione sul sito delle Giornate fitopatologiche o prendendo contatto direttamente con i relatori.