Amate le patatine alla paprika? Peggio per voi, perché dentro a quei colorati sacchetti vi attendono pericoli inenarrabili per la salute: pesticidi, acrilammide, perfino piombo. Insomma, se ne avete mangiate di recente sarà meglio facciate testamento perché la fine è ormai vicina.

A questo si potrebbe infatti pensare leggendo una rivista elvetica rivolta ai consumatori, soprattutto a quelli con l'ossessione del cibo dannoso per la salute, per lo meno secondo loro. Bisogna però essere abbonati per leggere l’articolo completo di K-Tipp. Quindi meglio non regalare denaro a chi dà punteggi di merito a prodotti legalmente sul mercato in funzione di criteri tutti suoi, spesso tutt'altro che condivisibili. Il tutto in ossequio al malvezzo di influenzare le scelte dei cittadini con voti o semafori che di senso ne hanno sovente dallo scarso al nullo.

Per chi fosse però curioso di sapere cosa dica l’articolo di K-Tipp, a rilanciare gratis gli allarmi elvetici ci ha pensato Greenme, qui, in Italia. Quindi, a un giornalista scientifico come quello che scrive si offre un’occasione ghiotta (è proprio il caso di dirlo) per commentare l’ennesimo articolo che in sostanza sfiora il nulla dal punto di vista tossicologico, per lo meno riguardo alla componente fitochimica, ma che nonostante ciò mira comunque a spaventare i lettori con delle notizie-non-notizie. Ghiotta, perché dopo aver commentato una ricerca finlandese sulla pollina al glifosate, riverberata in tal caso da Il Salvagente, ora ci si può almeno rifare la bocca con delle gustose patatine fritte.
 

Tecniche collaudate, risultati prevedibili

La tecnica comunicativa usata da K-Tipp, poi rilanciata da Greenme, è in fondo sempre la stessa: si acquistano confezioni del cibo "laqualunque", le si analizza e poi si pubblicano i risultati come fossero un grande scoop, mentre in realtà ben poco vi sarebbe da segnalare. Per esempio, viene proposta come eccezionale e sconcertante la presenza di residui di agrofarmaci, sebbene nulla si dica sul rispetto o meno dei limiti di legge delle singole molecole trovate. Tutto in regola si può quindi presumere, altrimenti apriti cielo. Non a caso, in uno dei due campioni di patatine Bio di residui pare ne siano stati trovati e l'informazione su tale irregolarità è stata puntualmente fornita, sebbene avulsa da specifici dettagli atti a spiegare in cosa quel campione fosse irregolare (superamento dei limiti di qualche sostanza attiva ammessa in biologico o presenza di molecole del tutto proibite? Non si capisce).

Se vale quindi l'ipotesi della regolarità dei prodotti analizzati rispetto ai limiti normativi, le differenze residuali ravvisate fra i diversi marchi sarebbero del tutto ininfluenti dal punto di vista qualitativo e sanitario. Quindi i diversi punteggi assegnati ai prodotti in funzione di tale variabile andrebbero considerati arbitrari e fuorvianti, avendo premiato o penalizzato dei marchi senza che ve ne fosse concreto motivo. Purtroppo però per i consumatori, sembra sia meglio che tale dettaglio non venga compreso appieno, potendoli in tal modo crogiolare meglio nel lento fuoco nel dubbio.

Meglio ancora se si mischiano dettagli su sostanze fra loro del tutto diverse per caratteristiche e origine. Nel caso delle patatine, “pesticidi”, acrilammide e perfino piombo. Il tutto in un minestrone di notizie avulso da approfondimenti specifici che permettano di comprendere appieno se quelle presenze possano rappresentare dei rischi oppure no.

Unica cosa su cui si può concordare con Greenme è che le patatine fritte vendute in busta siano tutto tranne che un cibo “sano”. Anche se tra non essere “sano” ed essere “malsano” può correrci una profonda differenza, la cui ampiezza è legata alla quantità che di un alimento si assume. Ergo, se è pur vero che le croccanti e saporite patatine non fanno certo "bene" alla salute, è tutt’altro che scontato che facciano "male". A meno ovviamente di ingollarne a chili per anni.

Stabilito quindi che l’attribuzione di “sano” e, per inverso, di “malsano” è argomento capzioso e spesso fuorviante, passiamo all’analisi dei dati di K-Tipp che comunque sono stati riportati anche da Greenme.
 

Pesticidi sì, ma quanti?

Di solito, anche negli articoli più allarmisti anti-pesticidi, i risultati delle analisi vengono riportati in modo dettagliato, molecola per molecola, concentrazione per concentrazione. Magari anche chiarendo se quei livelli sono regolari per la normativa oppure no. Quella cosa, il rispetto dei limiti di legge, che purtroppo viene spesso mortificata e fatta passare come dettaglio trascurabile, quando invece sarebbe di per sé sufficiente a rendere del tutto vuota sia la ricerca sia il relativo articolo. Ovvero la famosa notizia-non-notizia.

Nelle tabelle di K-Tipp, riportate da Greenme, non si dice invece nulla circa le molecole trovate, riportando solo una generica somma in milligrammi: si va da un minimo di 0,023 mg/kg a un massimo di 1,2. Su 15 campioni solo uno è infatti risultato sopra il milligrammo, mentre tutti gli altri si sono posizionati su livelli da zero virgola. Indizio che quelle patatine di problemi possono pure averne tanti dal punto di vista digestivo, ma di residui anche no. Peccato però che senza dettagli specifici non si riesca a comprendere appieno il profilo residuale dei vari marchi, visto che gli Lmr sono diversi per le altrettanto diverse sostanze attive.
 

Chlorprofam grande accusato

Delle molecole genericamente citate, ma non specificate, viene nominato il solo chlorprofam, regolatore della crescita usato come soppressore dei germogli in fase di conservazione. Se le patate non vi germogliano in cantina entro pochi giorni dall’acquisto è cioè grazie a lui. O meglio, se non vi germogliavano, perché nel 2019 sono state revocate le autorizzazioni per i formulati che contengono tale sostanza attiva. In Svizzera pare che avverrà la stessa cosa entro ottobre 2020, stando sempre a K-Tipp.

Che però se ne possano trovare ancora oggi delle tracce nelle patate non deve stupire, visto che i preziosi tuberi potranno essere trattati con chlorprofam fino all’8 ottobre 2020, per lo meno stando a quanto dice il Ministero della Salute. Quindi fino a che non ne cesserà l’uso, trovarne tracce nelle patate dovrebbe essere considerata cosa del tutto regolare.

Circa poi l'ipotizzata interferenza endocrina di cui la molecola sarebbe accusata, Efsa spiega come siano necessari ulteriori documentazioni in merito rispetto a quelle presentate in fase di rinnovo europeo (negato). Quindi l’Autorità europea non ha stabilito che lo sia, ma solo che non possiamo sapere se lo è oppure no. Negata invece da Efsa la genotossicità della molecola. Inoltre, seppur potenzialmente cancerogeno (Categoria 2), non mostrerebbe effetti a livello riproduttivo. L’Adi per chlorprofam Efsa lo avrebbe infine fissato in 0,05 mg/kg. Una persona di 60 chili dovrebbe cioè non superare i 3 mg/giorno. Anche se il residuo massimo trovato dall’analisi di K-Tipp, pari come detto a 1,2 mg/kg, fosse tutto chlorprofam, di quelle patatine fritte alla paprika ne dovrebbero mangiare due chili e mezzo.

Essendo le confezioni del marchio “incriminato” da 290 grammi, il golosone di turno ne dovrebbe cioè consumare in un solo giorno otto pacchetti e mezzo. In tal caso, più che del chlorprofam, dovrebbe cioè preoccuparsi di cosa accadrà al suo intestino a fronte di quella montagna di fritto paprikoso. In tal senso si potrebbe peraltro suggerire all'Istituto Ramazzini di Bologna di realizzare studi sulle influenze delle patatine fritte alla paprika sul microbiota intestinale, a completamento di quanto già fatto con glifosate.
 

Piombo e acrilammide: non sono pesticidi

Sempre nell’articolo di Greenme si parla anche di un campione in cui sarebbe stato trovato piombo in ragione di 1,2 mg/kg, contro un limite europeo di 0,1. Tale presenza del tutto anomala viene però prontamente segnalata, affiancandola ai quattro diversi residui di agrofarmaci reperiti nel medesimo campione. La loro somma, però, stallerebbe su di un modesto 0,271 mg/kg. Senza dettagli sulle singole molecole, come detto, non è comunque possibile stabilire se tutte fossero sopra o sotto i limiti normativi, anche se si sospetta fossero abbondantemente al di sotto, altrimenti come è stato segnalato lo sforamento del piombo sarebbe stato segnalato anche quello dei "pesticidi".

E quando un’informazione, per come viene fornita, non permette di comprenderne la portata, serietà imporrebbe di non propalarla: o le informazioni si danno tutte, infatti, o dovrebbe valere il detto per il quale "nessun bel tacer fu mai scritto".

Infine l’acrilamide, sostanza potenzialmente cancerogena che si crea spontaneamente durante la frittura, quindi inevitabile quando si parla di patatine, paprika o meno che ci sia. In tal caso, però, la rivista si premura di informare che la presenza di acrilamide è sempre stata al di sotto dei limiti di Legge, pari questi a 750 µg/kg. Una precisione apprezzabile che si sarebbe apprezzata ancor di più se fosse stata riservata anche ai "pesticidi".
 

A futura memoria…

Auspicio di Greenme è che presto simili analisi vengano effettuate anche su prodotti venduti in Italia. Ecco, si suggerisce in tal caso di essere più completi nel fornire dati sui residui di agrofarmaci, perché volerne parlare a tutti i costi senza che ve ne sia motivo, come già fatto più volte e da più parti, è già di per sé imbarazzante agli occhi di un giornalista scientifico. Almeno farlo con tutta la debita completezza di informazioni.

Forse i consumatori non sono in grado di comprendere certi dettagli, ma un ecotossicologo sì. E magari potrebbe anche spiegare a chi quelle patatine se le vuole godere di mangiarsele pure, meglio se sporadicamente, senza farsele mandare di traverso da riviste alla perenne ricerca di clamore.