Riportato per la prima volta nel 1929, in Cina, e poi espansasi in Africa nel 1947, il Citrus greening sarebbe infine giunto in America intorno al 2005. Trattasi di grave malattia batterica a carico degli agrumi.

Il patogeno, Candidatus liberibacter spp., è veicolato da alcuni psillidi come Diaphorina citri e Trioza erytreae. A causa delle sue infezioni i frutti rimangono in buona parte verdi, senza riuscire a completare il processo di maturazione. Quindi incommercializzabili. Danni si riportano anche a carico della chioma, fino a giungere a vere e proprie defoliazioni, e perfino dei germogli. In poche parole: una vera piaga per gli agrumicoltori.

Ora però le cose potrebbero divenire meno funeste, almeno stano a un articolo pubblicato dall'Università della California Riverside. I ricercatori avrebbero infatti scoperto che alcuni peptidi, ovvero sequenze di aminoacidi, potrebbero aiutare nel controllo della patologia.

Leggi la fonte originale in inglese: Ucr scientists say new peptide could control Hlb
 

Una speranza per l'agrumicoltura mondiale

Per gli agrumicoltori della Florida e di altre regioni del mondo sarebbe una vera manna, se fossero confermate le prime indicazioni. Soprattutto in considerazione dei gravi danni che il Citrus greening provoca, andandosi per giunta espandendo progressivamente anche in aree finora rimaste indenni, come per esempio la California.

Secondo le prove effettuate, infatti, il trattamento con questi specifici peptidi (fogliare o per iniezione al fusto) risulterebbe nocivo per il batterio. Non a caso tali peptidi sarebbero particolarmente abbondanti in alcuni agrumi selvatici poco sensibili a Candidatus liberibacter. Per esempio, tali sostanze abbonderebbero nel cosiddetto Finger lime (Citrus australasica), noto anche come “Caviale di limone”, per via della struttura della polpa che ricorda appunto delle ovature di pesce.

Forse, la risposta a tale temibile patologia potrebbe risiedere in una molecola già presente in natura e lasciata indietro dai genetisti durante la selezione delle attuali varietà commerciali di agrumi. Una molecola che peraltro pare alquanto stabile anche a fronte di temperature elevate, come appunto quelle in cui vengono coltivati gli agrumi.