Vi è un fenomeno ecologico che sta preoccupando i ricercatori di mezzo mondo, ovvero il lento declino delle popolazioni di farfalla Monarca, per gli entomologi Danaus plexippus. Questa si nutre unicamente di una pianta spontanea chiamata Milkweed per il liquido lattiginoso che emette dalle eventuali lesioni. Quindi la Monarca appare organismo abbastanza delicato quanto ad approvvigionamenti di cibo.

Come detto, secondo diverse ricerche tali farfalle starebbero andando incontro a un continuo declino e gli ecologi ed entomologi americani da tempo si interrogano sulle possibili cause. Fra le tante è stata anche avanzata la tesi della mortalità dovuta alla sola migrazione: dato che la Monarca migra ogni anno per migliaia di chilometri, lo stress e le avversità lungo il cammino potrebbero influire infatti sulla sopravvivenza dell'insetto. Tracciando però le farfalle si sarebbe dimostrato come la perdita di esemplari dovuta alla sola migrazione sia irrisoria rispetto ad altre cause. E quindi quale colpevole migliore da indicare se non l’agricoltura?
 

Prima gli Ogm...

Il primo bersaglio degli ambientalisti, spesso travestiti da scienziati, fu contro gli Ogm. Per lo meno, contro gli Ogm resistenti agli insetti grazie alla presenza nei propri tessuti della tossina Bt del Bacillus thuringiensis. In tal senso, soprattutto il mais Bt venne messo alla gogna mediatica a seguito di alcuni esperimenti di laboratorio in cui si sarebbe “dimostrato” che il suo polline “contaminato” dalla tossina Bt si depositava sulle piante di Milkweed uccidendo le larve di Monarca che vi si nutrivano.

Di fatto, i ricercatori avrebbero però forzato la presenza della tossina sulle piante usate come laboratorio vegetale, non solo deponendo più granuli pollinici di quanti ne possano davvero arrivare nei campi coltivati, bensì mischiando anche al polline del materiale derivante da altri organi della pianta, notoriamente molto più ricchi di tossine (Leggi la fonte). Infatti, secondo alcuni studi svolti da Usda sul Mon810(1), il mais Bt conterrebbe delta-tossina Cry1Ab a rateo variabile in funzione del tessuto analizzato. Ve ne sarebbero 8-10 mg/kg nelle foglie (peso fresco), concentrazione efficace nel contenere le larve di piralide. Molto meno nella granella, scendendo le concentrazioni di delta-tossina a valori compresi fra 0,16 e 0,69 mg/kg.

Ancor più basse le concentrazioni nel polline, con soli 0,09-0,097 mg/kg. Nel polline vi sono quindi concentrazioni di delta-tossina circa cento volte inferiori a quelle delle foglie. Ben peggio sarebbe quindi trattare il mais con insetticidi biologici a base di Bacillus thuringiensis, le cui dosi/ettaro immetterebbero nell’ambiente molta più tossina rispetto al polline del mais Bt. In sostanza, se tutto il mais americano attualmente Bt diventasse “bio”, trattato quindi con insetticidi Bt ammessi in agricoltura biologica, per la Monarca potrebbe solo essere molto peggio.

Che la tesi anti-biotech sia inconsistente lo si evince anche da studi successivi svolti in diverse aree degli Stati Uniti. Secondo queste ulteriori indagini, sviluppate sempre da Usda, nel mondo agricolo reale le concentrazioni di polline sulle foglie di Milkweed sarebbero ampiamente inferiori a quella necessaria a ottenere un effetto tossico sulle farfalle Monarca.
 

Poi toccò a glifosate...

Fine della storia? No. Sgonfiatasi la bolla speculativa sui mais Bt ecco arrivare quella anti-glifosate. Qualcuno si è accorto infatti che le Monarca stanno declinando, ça va sans dire, soprattutto perché non trovano cibo sufficiente. Le grandi estensioni coltivate del Midwest americano hanno di fatto creato degli areali ampissimi in cui vi sono solo colture agrarie, dalla soia al mais. Quindi, essendo tali colture ampiamente diserbate con glifosate, ecco il nuovo colpevole perfetto per il declino del lepidottero.

Primo problema: verificare sempre se il fenomeno denunciato è davvero reale per dimensioni e tempi. In tal caso, secondo una pubblicazione su "Le Scienze" del maggio 2020, a firma del giornalista scientifico americano Gabriel Popkin, le cose non starebbero esattamente come denunciate dagli ambientalisti, tanto per cambiare. Nell'articolo su "Il Bo Live", dell'Università di Padova, si riassume egregiamente il pensiero di Popkin, il quale dapprima ricorda l'estrema complessità dei processi di valutazione di fenomeni così articolati, coinvolgenti areali particolarmente distanti e alquanto differenti come quelli protagonisti della migrazione della Monarca.

Oltre a ciò, Popkin mette i cosiddetti puntini sulle "i". Per esempio si interroga sugli areali attraversati dalle Monarca, chiedendosi se e quali di essi possano giocare un ruolo nella diminuzione degli esemplari. Pure la conta della popolazione è tutt'altro che agevole, dato che un gruppo definito "rilevante" non sverna in Messico bensì in California. O si censiscono quindi tutte le popolazioni, in tutti gli areali, oppure definire in calo la Monarca solo guardando alle farfalle in Messico ha poco senso.

Infine, solo il 38% delle Monarca dirette in Messico transiterebbe dall'ormai famigerato Midwest. Famigerato, ovviamente, solo a causa dell'astio ambientalista. Quindi, il calo che pur si è osservato in Messico a partire dai primi Anni 90 non può certo essere attribuito in toto a ciò che nel Midwest si fa. Buono o cattivo che sia.

Secondo problema: individuare correttamente le eventuali cause mantenendo anche un approccio di tipo comparativo con scenari alternativi a quelli dei grandi accusati di turno. In tal caso glifosate.

Facendo ciò - e andando dietro alla folle narrativa ecologista, nella quale è difficile trovare il confine tra follia e disonestà - abolendo glifosate le cose cambierebbero? No, perché invece di diserbare con glifosate gli agricoltori americani diserberebbero con altre sostanze attive. Quindi, si sarebbe ottenuto solo di impoverire gli agricoltori, obbligandoli a usare diserbanti molto più costosi di glifosate, senza che le "Milkweed" possano espandersi nuovamente. Quindi punto e a capo.

Bene, allora continuiamo a seguire le fantasie chemofobiche degli haters “no-pesticidi”: aboliamo pure tutti gli altri diserbanti e finiamola lì. Giusto? La Monarca è quindi salva? No, perché gli agricoltori americani userebbero le macchine (aratri, sarchiatrici, erpici e rincalzatrici) per strappare le malerbe, abbandonando per somma sventura anche le virtuosissime pratiche di semina su sodo, foriere di enormi vantaggi per l'ambiente, sia perché preservano i terreni, sia perché diminuiscono sensibilmente le emissioni di CO2. Quindi una tale riconversione al diserbo meccanico comporterebbe un danno ambientale certo, profondo e diffuso. Pessimo affare. E la Monarca?

A questo punto, se l'eliminazione meccanica delle Milkweed fosse efficace, nulla cambierebbe nemmeno usando le attrezzature al posto dei diserbanti. Se invece le Monarca dovessero per caso aumentare vorrebbe dire che di Milkweed ne sopravvivono tantissime. Quindi si dovrebbe concludere in modo definitivo ciò che si sa da sempre: la miglior lavorazione meccanica del Mondo non può competere con un diserbo fatto bene. In altri termini, la pappa per le Monarca deriverebbe solo da un mezzo fallimento delle pratiche di diserbo meccanico, unico strumento rimasto agli agricoltori dopo il bando di tutti gli erbicidi. Evidenza che non piacerebbe affatto proprio a quel fronte eco-bio che ne sostiene invece l’alta efficacia, pur di non ammettere l'evidenza dei fatti.

Ma mica è finita qui. Sono già al momento disponibili dei droni terrestri a trazione elettrica progettati proprio per eliminare le malerbe grazie a software e banche immagini in continuo auto-aggiornamento. Alcuni strappano le infestanti, altri le bruciano elettrificandole. Però funzionano e in futuro potrebbero davvero essere l'alternativa elettromeccanica agli erbicidi, senza peraltro massacrare il terreno e con basse emissioni di gas serra. Bellissimo, ma allora torneremmo a vedere nuovamente declinare le Monarca, esattamente come accade oggi usando glifosate. Perché la Terra è tonda e, come dimostrò Cristoforo Colombo, cercando l’Oriente andando verso Occidente, alla fine ci si può ritrovare in un continente nuovo, oppure si può tornare al porto di partenza. E quindi aboliamo pure i droni sostitutivi dei diserbanti?

Probabilmente sì: dopo le sterili crociate anti-Ogm, dopo aver eliminato ogni diserbante possibile e immaginabile, meccanica inclusa, domani la gogna mediatica pro-Monarca potrebbe toccare perfino alle nuove tecnologie, destinate proprio per la loro efficacia a finire nel mirino delle frange ecologiste che oggi le additano invece quali salvatrici dell’ambiente in quanto sostitutive dell'odiata chimica.
 

E la soluzione, quindi, dov’è?

Il calo delle popolazioni di Monarca è legato in buona parte al calo della biodiversità dei territori in cui esse vivono. Per favorire queste farfalle si potrebbe penalizzare ulteriormente l’agricoltura, direzione verso la quale ci si sta già avviando in Europa con il Green Deal, oppure si potrebbe modificare il territorio seguendo un approccio “olistico” di ampio orizzonte. 

In tal senso, ampi territori dovrebbero essere gestiti in modo integrato, creando aree e corridoi rifugio ovunque sia possibile. Per esempio, perché non gestire in ottica biodiversità le aree limitrofe alle grandi arterie di comunicazione, come strade e ferrovie, oppure modificare anche la gestione della flora nei parchi pubblici e nelle grandi aree verdi non produttive come quelle rimaste inframmezzate fra case e aree industriali. Perfino le aree verdi private potrebbero essere incentivate a seminare essenze vegetali atte a ospitare insetti e altri organismi utili, perché oltre alla Monarca vi sono per esempio gli impollinatori selvatici da preservare. A patto ovviamente che i cittadini si tolgano di dosso l'entomo-aracnofobia che spesso li coglie alla vista di un grillo, di una vespa o di un ragno. Reclamate la biodiversità? Cominciate a ospitarne un po' nei vostri giardini

Ovviamente, potrebbero essere convertite in chiave "biodiversa" anche sottili strisce di terreni coltivati, magari sacrificando i meno redditizi. Ciascuno deve infatti accollarsi qualche sacrificio, quindi anche l’agricoltura. Ma mica solo lei, come si pretende da più parti, oggi boicottando il biotech, domani la chimica.

In sostanza, se si vuole davvero aiutare l’ambiente la si deve smettere di chiedere solo all’agricoltura di rinunciare a qualcosa, magari per lei indispensabile, come per esempio lo è glifosate. Ogni settore delle attività umane dovrebbe cioè fare la propria parte, perché tutti vogliono continuare a mangiare tre volte al giorno. 

La preservazione della farfalla Monarca - così come di altre specie messe maluccio - deve cioè andare oltre l'impoverimento degli strumenti alla base della lotta integrata (Ipm o integrated pest management), come pure va cercata un po' più in là della gestione integrata delle colture (Icm o integrated crop management). Ciò che davvero servirebbe sarebbe approdare al ben più complesso Itm, ovvero l'integrated territory management. Perché solo investendo fondi negli equilibri su scala territoriale sarà possibile fare convivere le attività agricole più produttive e moderne con gli obiettivi di salvaguardia delle specie spontanee, vegetali o animali che siano.

Si teme però che tale soluzione possa raccogliere pochi consensi, perché implicherebbe impegno, disagiosacrifici economici alla maggioranza della popolazione. Molto più comodo quindi sbolognare tutto il peso delle contromisure sul gobbo di quei quattro gatti che inspiegabilmente ancora sudano a fare gli agricoltori, contando per giunta sempre meno sia mediaticamente, sia politicamente

No, troppo difficile implementare un vero approccio olistico. Molto più facile inventare comodi colpevoli che nei fatti non esistono.


1) Epa: Cry1Ab and Cry1F Bt Plant-Incorporated Protectants September 2010 Biopesticides Registration Action Document