Il 21 luglio sono state presentate, in Senato, mozioni contrapposte circa il destino di glifosate. Da un lato Saverio De Bonis, oggi gruppo misto dopo l'espulsione dal M5S, più firmatari vari; dall'altro Elena Cattaneo, senatrice a vita e scienziata di fama internazionale che purtroppo per lei si è andata a innamorare di una delle attività umane più attaccate e calunniate del secolo, ovvero l'agricoltura.

Il primo ha chiesto al Governo di valutare la messa al bando immediato di glifosate senza attendere il 2022, con tutto quel che consegue per il grano canadese contenente residui dell'erbicida. Una vera e propria ossessione, questa, che anima la discussione su glifosate da anni.

La seconda ha invece ottenuto, anche se per un solo voto, che il Governo accettasse di prendere in considerazione "una valutazione complessiva delle evidenze scientifiche ad oggi disponibili rispetto all'erbicida". Poi vedremo se il Governo lo farà, ovviamente. Ma se sì, tale valutazione servirebbe a valutare bene tutto lo scibile scientifico esistente sulla molecola, incluse evidenze di recente pubblicazione, prima di prendere decisioni sul suo destino, nazionale ed europeo, visto che nel 2022 l'autorizzazione di glifosate verrà nuovamente discussa a Bruxelles.

Un richiamo alla scienza, quindi. Avrebbe dovuto essere accolto con favore da chiunque e votato da chiunque. Invece ha rischiato di non passare, generando in tempi brevissimi reazioni decisamente scomposte, come quelle che possono caratterizzare chi della serietà dell'analisi scientifica pare abbia proprio una gran paura. E così, la Senatrice si è vista definire su Libero come "La senatrice a vita che tifa inquinamento", mentre su Huffingotn Post si lamenta "Altro che Green deal, ci vogliono riportare all’agricoltura chimica intensiva".

Circa la "agricoltura chimica intensiva" si leggano i debiti approfondimenti:


Strani però gli attacchi a Elena Cattaneo, perché una scienziata che vuole aprire la strada a un percorso di revisione scientifica completa alla ricerca della verità, tutto pare tranne che un'innamorata dell'inquinamento e, men che meno, pare desiderosa di tornare al Ddt. Quindi qualcosa non torna già nelle motivazioni che hanno portato a dipingerla come quella che non è.

Per quanto concerne poi le accuse mosse a glifosate, queste si sono basate su argomenti già visti più volte, e altrettante volte messi a nudo nelle loro molteplici incongruenze e mancanza di fondamento. Per esempio, si è ancora reiterata in Senato la notizia della resa di Bayer di fronte alle 125mila cause, con un'offerta di 10,5 miliardi di dollari per chiuderla lì. Ovviamente, sia i processi, sia la resa della Società sono stati stravolti in una specie di confessione scritta di Bayer/Monsanto e in una prova schiacciante della cancerogenicità di glifosate. Due atteggiamenti tipici di chi voglia strumentalizzare un fatto per dimostrarne un altro che col primo nulla c'entra. E di ciò si è già parlato proprio su AgroNotizie.


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Il tutto, senza considerare che a oggi le molteplici "prove" contro l'erbicida non sono state mai attendibili, né tanto meno paiono dimostrabili effetti nocivi né sulla salute umana, né sugli animali, né nell’ambiente. Ogni ricerca svolta in tal senso, soprattutto in laboratorio su cavie o in vitro, ha infatti dimostrato solo che la somministrazione a dosi elevate di formulati commerciali può avere effetti nocivi che però non trovano riscontro nella realtà, quando le condizioni non sono stabilite a priori dai ricercatori, bensì devono fare i conti con i normali comportamenti ambientali e residuali della molecola. E dato che l'esposizione umana, fatta eccezione per gli operatori e per i poveri "uomini bandiera" argentini, è alla molecola e non al formulato, già questo dovrebbe far capire come la quasi totalità delle sedicenti "prove schiaccianti" siano di fatto una congerie di sciocchezze.

A conferma di ciò, il fatto che "presenza" non implica necessariamente rischio né tanto meno danno, in accordo con le regole auree della tossicologia che prevedono l’individuazione di dosi sufficienti a generare un qualsivoglia effetto. Se le concentrazioni riscontrate nell’uomo, nei cibi e nell’ambiente non raggiungono tali dosi, o addirittura si fermano centinaia o migliaia di volte al di sotto di esse, non si può quindi parlare né di rischi né di danni.  

Di seguito, alcune note e riferimenti sui temi toccati dalla mozione anti-glifosate.
 

Glifosate nelle urine

Uno dei modi più efficaci per spaventare la popolazione contro i pesticidi è pubblicare i risultati di analisi delle urine svolte su individui comuni. Ovviamente senza fornire mai debite spiegazioni su dove e come siano state fatte tali analisi. Perché la trasparenza pare proprio sia quella cosa che si chiede molto più volentieri agli altri.

Sebbene tali valori - anche ammettendoli validi con grande sforzo di fiducia - si mostrino di fatto ininfluenti per la salute dei soggetti, la semplice presenza di qualche molecola accende paure immotivate e fa leva sulla chemofobia alimentata ad arte da media, associazioni e perfino spregiudicati soggetti che nel clamore allarmistico trovano personale vantaggio, per esempio citando a capocchia il limite nelle acque di 0,1 µg/L pur di poter dire che nelle urine se n'è trovato fino al triplo. Un non-sense che urla vendetta al cospetto delle normative e della tossicologia stessa.
Ma davvero glifosate nelle urine è un demone da scacciare per tornare a essere puri come angeli? Niente affatto.
A proposito del solo glifosate esistono peraltro in bibliografia gli esiti di monitoraggi pluriennali su campioni statisticamente significativi di Esseri umani esposti a glifosate attraverso la normale alimentazione(1). Noti anche come "Rancho bernardo study (Rbs) of healthy aging", tali studi hanno previsto la misurazione delle concentrazioni urinarie di glifosate nel quadriennio 1993-1996 e poi nel triennio 2014-2016 su campioni randomizzati di cittadini californiani.

Osservando la tabella riassuntiva della pubblicazione, si evince come la media delle concentrazioni urinarie di glifosate sia salita da 0,024 µg/L del quadriennio 1993–1996 ai 0,314 µg/L del triennio 2014–2016, facendo registrare un picco massimo di 0,547 µg/L nell’ultimo anno preso in considerazione. Un dato che non stupisce, pensando che dalla metà degli Anni 90 sono cresciute le superfici coltivate a ibridi biotech resistenti a glifosate, il quale sarebbe aumentato di 15 volte nel volgere di pochi anni(2).

Sapendo però che i volumi urinari giornalieri di un uomo adulto possono arrivare anche a due litri, significa che in un solo giorno, in tali condizioni limite, sono stati escreti 1,094 µg di glifosate (milionesimi di grammo). Anche assumendo che tale valore massimo si ripeta ogni giorno dell'anno, ciò significherebbe un totale annuo di glifosate escreto per via urinaria di circa 400 µg. Ciò permette di stimare una quantità ingerita annua pari a circa il triplo di tale valore, ovvero 1,2 milligrammi, corrispondente in un individuo di 60 chilogrammi a una dose giornaliera di 55 nanogrammi per chilo di peso corporeo (miliardesimi di grammo). Ovvero una dose inferiore di oltre 9.000 volte rispetto alla dose ammissibile giornaliera (ADI) considerata sicura per l’uomo (0,5 mg/kg/giorno).

La stima di un terzo (escreto/ingerito) deriva da quanto riportato da Jmpr nel 2004(3), (gruppi di lavoro di scienziati FAO e OMS) dal cui report si evince come l'assorbimento intestinale nelle cavie da laboratorio si sia mostrato fra il 30 e il 36% della dose ingerita. Il calcolo è stato reso possibile utilizzando glifosate radiomarcato 14C. Percentuali, queste, che non subirebbero variazioni nel range di dosi somministrate nei test, le quali spazierebbero fra i 10 e i 1.000 mg/kg di peso corporeo. Dosi quindi che sono dalle migliaia ai milioni di volte quelle desumibili dalle concentrazioni di glifosate negli scenari reali. La rimanente quota di circa il 64–70% è rimasta quindi nelle feci e con esse allontanata dall'organismo senza entrare in circolo.

Di quanto assorbito, invece, la quasi totalità è stata escreta con le urine, meno dello 0,2% è stato emesso con la respirazione e circa il 2–8% tramite la bile, ancora nelle feci. Il metabolita Ampa si è generato in ragione di meno dello 0,7% del glifosate somministrato e anch’esso è stato escreto con le urine. In pratica, oltre il 99% del glifosate assorbito dal lume intestinale viene allontanato completamente dal corpo in 168 ore, cioè una settimana. A dimostrazione di come la sostanza attiva non mostri alcuna attitudine al bioaccumulo nei tessuti e negli organi.
 
Tale fatto rende anche decisamente fantascientifiche le teorie complottiste che gli attribuirebbero danni al DNA, o malattie come Alzheimer, Parkinson, Sla e tumori di vario genere.
 
Da quanto sopra si può infatti desumere che anche ingerendo per intero la dose giornaliera da ritenersi sicura per l’uomo, pari come detto a 0,5 mg/kg/giorno, in un individuo di 60 chilogrammi di peso si dovrebbe stimare una quantità di glifosate pari a 30 milligrammi/die. In tal caso si dovrebbe assistere a un’escrezione urinaria che ammonterebbe a circa un terzo di tale valore, ovvero 10 milligrammi al giorno (!).

Anche ammettendo una produzione urinaria di due litri/die, la concentrazione per litro si dovrebbe assestare sui 5 mg/L, superiore quindi di migliaia di volte le concentrazioni urinarie presentate inopinatamente come "allarmanti" da molteplici ricerche spot, effettuate talvolta da riviste generaliste, avulse cioè da qualsivoglia competenza di tipo tossicologico e prive della necessaria peer review, come si dovrebbe invece pretendere parlando di aspetti scientifici di una questione.  
 

Glifosate nella pasta

Sempre per quanto sopra esposto, vengono a cadere anche i molteplici allarmismi costruiti su tracce irrisorie di glifosate in diversi marchi di pasta, almeno per come si afferma siano state rinvenute. Queste, in accordo con quanto affermato da associazioni e media generalisti che hanno analizzato in proprio diversi campioni di pasta, quindi senza la debita supervisione di terze parti qualificate, spazierebbero da un minimo di 0,019 mg/kg a un massimo di 0,184 mg/kg. Tali dati sono cioè inferiori da 54 a 526 volte i limiti previsti dalla Legge per il grano, pari questi a 10 mg/kg.

Per ingerire la succitata dose di 0,5 mg/kg, ovvero la dose da ritenersi sicura per la salute umana, si dovrebbe quindi consumare giornalmente una quantità di pasta compresa da un minimo di 163 a un massimo di 1.579 kg. Consumi decisamente lontani da quelli reali. In accordo infatti con le fonti nazionali sui consumi di tale alimento(4), gli italiani consumerebbero 23,5 kg/anno di pasta, ponendola nei piatti in ragione di cinque volte la settimana.

Tenendo ipoteticamente per buone le affermazioni circolate sui media in tema di residui di glifosate nella pasta, significa che un italiano ingerisce mediamente da un minimo di 0,45 a un massimo di 4,34 mg/anno di glifosate, questo con la pasta. Anche assumendo il valore più alto come standard di riferimento, si desume un’ingestione giornaliera di glifosate pari a 11,9 µg/giorno. Considerando, come visto, un’escrezione intorno a un terzo dell’ingerito, come pure una produzione urinaria di due litri/die, si può stimare un valore di concentrazione urinaria teorica di 1,98 µg/L, in linea come ordine di grandezza con le analisi più volte circolate sul tema.

Anche volendo stare dalla parte dei bottoni, salendo per prudenza fino a 10 mg/anno, tali valori potrebbero arrivare a 4,56 µg/L. Ovvero un valore di quasi dieci volte superiore al picco massimo rinvenuto nel corso del succitato Rancho Bernardo Study. Quindi abbastanza improbabile alle esposizioni reali alla molecola.

Non vi è quindi nulla di strano né tanto meno "allarmante" in tali valori, essendo questi indicatori di ingestione di glifosate ampiamente inferiori alle già conservative dosi di sicurezza stabilite dalla normativa a tutela della salute umana, dato che la normativa opera in accordo con gli studi tossicologici valutati dalle Autorità internazionali preposte.
 

Gli studi dell'Istituto Ramazzini

Una delle bandiere sotto la quale si raccolgono i detrattori di glifosate è uno studio dell'Istituto Ramazzini di Bologna, il quale ha condotto prove su topi a partire dal sesto giorno di gestazione fino ad alcuni mesi di vita. Le tesi comprendevano glifosate, Roundup (a rifacce...) e non trattato, adottando come riferimento la dose di 1,75 mg/kg/giorno, dato ricavato dalle soglie ritenute sicure in America per la molecola.

A prescindere dal numero esiguo di topi (otto sole femmine per tesi), la dose stessa non si capisce perché non sia stata scelta in base al valore di Adi più comunemente accettato a livello mondiale, non solo dalle Autorità di regolamentazione, bensì anche dall'OMS, ovvero 0,5 mg/kg/die. Una dose tre volte e mezza inferiore a quella scelta a Bologna. 

Riservandoci di analizzare in modo più fine i risultati stessi del test, non si può però non osservare come sia infinitamente inferiore l'esposizione umana a glifosate (e non a Roundup, che non c'è) rispetto alla dose "bolognese". Come su esposto in tema di urine, si possono stimare assunzioni di glifosate <10 mg/anno. La quasi totalità della popolazione è ben difficile arrivi a 5 mg/anno. Ma anche prendendo come riferimento i 10 mg/anno e un organismo di 60 chilogrammi, si ottiene una dose per chilo e per giorno pari a 0,000457 mg/kg/die, ovvero 8.300 volte circa inferiore a quanto usato in laboratorio.

La stragrande maggioranza della popolazione è esposta quindi a dosi decine di migliaia di volte inferiori a quella impiegata nei test. Anche fosse attendibile quanto emerso nei laboratori, si deve pertanto concludere che tali osservazioni perdono qualunque significato una volta uscite dai laboratori stessi.
 

Glifosate e Linfomi non Hodgkin

Infine l'accusa che ha portato glifosate in tribunale e ha obbligato Bayer a chiudere quasi 90mila cause con una cifra di 10,5 miliardi di dollari. Ovvero, una delle più gigantesche estorsioni legalizzate che degli studi legali siano riusciti a perpetrare ai danni di un'industria. Perché glifosate con i linfomi non Hodgkin, di fatto, nulla c'entra.

Si ricorda infatti che la classificazione in gruppo 2A di glifosate, operata dalla Iarc, verte proprio su tale forma tumorale, la quale non pare essersi avvantaggiata affatto dell’incremento esponenziale degli usi della molecola nel tempo. Ulteriore dimostrazione di come gli scenari reali contraddicano quelli descritti da media generalisti e associazioni portatrici di interessi di parte.
 
I livelli di esposizione umana sopra riportati sono infatti da considerarsi del tutto irrilevanti in termini tossicologici, anche in ottica di lungo periodo. A conferma, gli studi del National cancer institute americano(5), il quale riporta statistiche epidemiologiche per il Linfoma non Hodgkin del tutto stabili in America dai primi anni ’90, nonostante gli impieghi di glifosate siano aumentati come detto di 15 volte nel medesimo lasso temporale.

Con buona pace degli avvocati predatori e degli allarmisti che su tali disgrazie personali hanno biecamente costruito la propria narrativa criminalizzante.

Seppur cresciuti di 15 volte in un quarto di secolo, gli usi di glifosate non hanno affatto influito sull'andamento dei linfomi non Hodgkin in America
Seppur cresciuti di 15 volte in un quarto di secolo, gli usi di glifosate non hanno affatto influito sull'andamento dei linfomi non Hodgkin in America 

Riferimenti:    
  1. Paul J. Mills, Izabela Kania–Korwel, John Fagan et al (2017): "Excretion of the Herbicide Glyphosate in Older Adults Between 1993 and 2016". JAMA. 2017;318(16):1610–1611
  2. Charles M. Benbrook (2016): "Trends in glyphosate herbicide use in the United States and globally". Environ Sci Eur. 2016; 28(1)
  3. Joint Fao/Who Meeting on Pesticide Residues (2004): "Evaluation 2004 – Part II – Toxicological (Pag. 157)
  4. Consumi di pasta in Italia: http://www.pastaitaliani.it/consumi/
  5. National Cancer Institute - Cancer Stat Facts: Non-Hodgkin Lymphoma; https://seer.cancer.gov/statfacts/html/nhl.html