Il 29 maggio scorso l’Agenzia regionale per l’irrigazione e la forestazione di Regione Puglia ha dato l’avvio alla nuova campagna di monitoraggio per appurare se, a partire dalla linea di confine tra la zona cuscinetto e la zona di contenimento, l’infezione da Xylella fastidiosa subspecie Pauca ST53, diffusa prevalentemente dall’insetto vettore Philaenus spumarius, sia avanzata oppure no.

Il monitoraggio prevede, ancora una volta, prevalentemente il prelievo su piante sintomatiche. Su tale modo di procedere, ecco l’opinione di Domenico Ragno, che dall’aprile 2016 al maggio 2019 è stato prima commissario straordinario e poi direttore generale dell’Arif, struttura che ha ideato, organizzato e gestito il monitoraggio. E che getta luce sul come e perché il monitoraggio potrebbe essere condotto in maniera più efficace di quanto fatto nelle ultime campagne.
Siamo ad un nuovo monitoraggio, appena iniziato. Cosa ne pensa?
"Di fatto il monitoraggio non è ancora iniziato, si sta lavorando solo con una squadra di due agenti fitosanitari sull’intero territorio regionale. E’ importante procedere con urgenza, per non ripetere i ritardi dello scorso anno quando il monitoraggio 2019, programmato per il periodo giugno–ottobre, si è svolto ancora durante il periodo autunno–invernale. Occorre evitare nuove procedure d’infrazione. Ma, al di là di questo aspetto organizzativo, desta grande preoccupazione la modalità di svolgimento del monitoraggio, che, così come è concepito, è poco efficace e non sembra poter raggiungere gli obiettivi di impedire la diffusione della Xylella e il contrasto del batterio".

Un’affermazione forte. Perché?
"L’ispezione visiva utilizzata per individuare la presenza del batterio rileva essenzialmente le piante sintomatiche, mentre quelle che non presentano sintomi che vengono escluse, anche se infette, contribuiscono in maniera sostanziale al diffondersi dell’infezione. E i sintomi dell’infezione provocata dalla subspecie Pauca della Xylella possono manifestarsi, come afferma la stessa Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), tra gli 11 e i 48 mesi dal contagio. Con la sola ispezione visiva è estremamente probabile, perciò, che venga esclusa dalle indagini una parte fondamentale della popolazione di piante infette. Ciò significa che si può arrivare all’individuazione dell’infezione in una certa zona anche con anni di ritardo, quando il batterio è già stato portato dal vettore a chilometri di distanza. E negli ultimi tre anni il monitoraggio con semplice ispezione visiva è stato applicato per una profondità di circa 40 chilometri dal confine con la zona indenne, ad eccezione di 1 chilometro tra le zone cuscinetto e contenimento".

Come è giunto a tali conclusioni?
"Dall’esame sistematico dei dati dei monitoraggi; l’elemento principale è che la metà delle piante infette rilevate era asintomatica. Per cui se è vero che tali piante sono state individuate in grandissima parte nelle aree buffer, per quanto detto in precedenza vanno compiute analisi sull’intera popolazione oggetto di indagine se si vogliono avere dati attendili sulla presenza del batterio. Un esempio è costituito dal famoso olivo infetto di Ostuni nel 2016, totalmente asintomatico e ubicato a molti chilometri di distanza dall’ultimo focolaio ritrovato all’epoca. Nonostante non si siano a suo tempo rilevate piante infette nelle vicinanze, quel ritrovamento è stato l’indizio che il batterio era arrivato in quella zona, come si è appurato successivamente. E’ la dimostrazione che non bisogna limitarsi a prendere atto dei danni causati dal batterio, come si fa adesso, ma occorre andare a cercarlo anche dove non ci sono segni apparenti della sua presenza".

E’ un po’ come con il Covid-19 negli umani o sto azzardando un esempio improprio?
"Al contrario, è proprio così. Fin quando si fanno tamponi solo su persone sintomatiche non avrà esatta contezza dell’epidemia; solo screening sistematici o di massa consentono di individuare i focolai, che potrebbero essere composti anche da sole persone asintomatiche, come appurato nel comune di Letino, in Campania.

Infatti, oltre un anno fa l’Arif suggeriva alla Regione di riutilizzare come standard di rilevamento la procedura seguita nel primo monitoraggio 2016-2017, in cui veniva effettuato uno screening sistematico sul territorio prelevando per ogni ettaro ispezionato almeno un campione, anche in assenza di piante sintomatiche. In questo modo era possibile sia rilevare le piante malate (e procedere alla loro eliminazione) che effettuare, registrando la presenza del batterio o meno, un’efficace azione di sorveglianza sull’intero territorio per una diagnosi precoce.

Peraltro, due mesi dopo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare pubblicava lo studio "Update of the Scientific Opinion on the risks to plant health posed by Xylella fastidiosa in the EU territory", in cui, proprio alla luce del prolungato periodo di asintomaticità del batterio in alcune piante ospiti, come l’olivo, segnalava come il monitoraggio con semplice ispezione visiva potesse rivelarsi inadeguato e suggeriva misure alternative o integrative di sorveglianza".


La Regione Puglia è quindi inadempiente?
"Assolutamente no, in quanto, paradossalmente, è l’Efsa stessa a prescrivere l’ispezione visiva come standard dei monitoraggi. Per questo motivo gli ispettori della DG Santè dell’Unione europea che effettuarono l’audit nel novembre del 2016 (cui seguì la sospensione della procedura d’infrazione) si congratularono con la Regione Puglia, in quanto quel tipo monitoraggio era andato ben oltre gli standard richiesti dalla Commissione. Comunque, ciò non toglie che la Regione Puglia, se vuole realmente tutelare l’agricoltura pugliese, possa seguire le indicazioni dell’Efsa e contestualmente riprendere a fare con il nuovo monitoraggio ispezioni più efficaci; si è ancora in tempo, visto che di fatto non si è ancora iniziato! Occorre superare la logica burocratica della sola applicazione pedissequa delle regole (che comunque vanno rispettate) e adattare l’azione della Regione alle reali esigenze del territorio. Anche coinvolgendo, per altri interventi, gli enti territoriali".

Del monitoraggio recentemente avviatosi, cosa trova positivo?
"E’ stata recepita la necessità di lavorare di più sulle piante asintomatiche. E’ stata ampliata da uno a due chilometri la fascia lungo il confine tra la zona di contenimento e la zona cuscinetto nella quale - oltre a cercare piante sintomatiche – si procede al campionamento random di almeno cinque piante non sintomatiche per maglia, ove non fossero trovate quelle sintomatiche. Ma ovviamente non basta".

Perché secondo lei bisognerebbe procedere allo stesso modo anche più a Nord?
"Ritengo che il campionamento sistematico debba essere ripreso in tutta la zona cuscinetto e almeno per gli ultimi cinque chilometri della zona di contenimento più prossimi a questa. Inoltre, occorre ripristinare l’obbligo del campionamento in tutte le aree nella zona indenne. Così si avrebbe un quadro della situazione complessiva molto più aderente alla realtà. Bisogna avere chiaro che la partita della Xylella si gioca tutta sulla prevenzione e quindi sulla capacità di individuare tempestivamente i focolai, soprattutto se costituiti da piante asintomatiche; occorre perciò concentrare tutte le azioni soprattutto nella zona cuscinetto e subito a monte e a valle di questa. Ciò dovrebbe avere la priorità su altri interventi in aree ormai lontane".

A questo punto, posto che si devono comunque testare le piante sintomatiche, avremmo un monitoraggio che costerebbe di più. Come si scioglie il nodo risorse?
"Il costo maggiore è quello di mandare le squadre in campo. Visto che già ci sono, l’obbligo di effettuare comunque un campione incide relativamente sui costi. In ogni caso le risorse finanziarie non mancano. La Regione ha addirittura restituito anni fa alcuni milioni di euro allo Stato e i fondi per la lotta alla Xylella sono disponibili sia nel Programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020 che nel Decreto interministeriale n. 2484 del 6 marzo 2020 contenente il Piano per la rigenerazione olivicola della Puglia".

Quali sono secondo lei le prospettive nella lotta alla Xylella?
"Spero di sbagliarmi, ma purtroppo temo siano negative, per svariate motivazioni. Tra queste anche perché la lotta al batterio oggi sembra per molti versi essere legata più alla capacità di eliminazione delle piante infette che, cosa altrettanto importante, a quella del vettore. In assenza di una radicale e contestuale lotta alla sputacchina qualsiasi tentativo di eradicazione o di semplice contenimento dell’infezione è semplicemente impossibile".