Almeno non si potrà dire che nessuno ce lo aveva detto. E chi scrive sa purtroppo bene quanto sia profondo il vuoto in cui di solito cadono i buoni insegnamenti scientifici. Esempi emblematici di tale irrazionale voragine li si trova anche nella storia recente, s'intende gli ultimi trent'anni, punteggiata com'è stata da crociate ideologiche contro la chimica in genere e quella agraria in particolare. Per non parlare dell'inquisizione anti-biotecnologie che ha paralizzato in Europa ogni nuova opportunità di progresso dal punto di vista del miglioramento genetico delle colture.

Come bandiere, le armate anti-pesticidi e anti-Ogm hanno sventolato fantasmi, come armi hanno usato le proprie fobie mascherate da principio di precauzione. E vista la situazione in cui versa – e sempre più verserà – la chimica e la genetica agraria europea, si può ben dire che hanno vinto loro.

Eppure, ottimi insegnamenti e testimonianze erano già disponibili almeno fin dal 1994, quando Bruce Ames concesse un'intervista a "Reason – Free minds and Free market", dal titolo "Of mice and men", ovvero "dei topi e degli uomini", incentrata sulle differenze che intercorrono fra test di laboratorio, sui topi appunto, e scenari reali in cui gli uomini si muovono. Una differenza che in questa serie di articoli è stata stressata più e più volte.

Un'intervista lunghissima, quella fatta all'epoca dal professore di biochimica e biologia molecolare all'Università della California Berkeley. Uno spaccato esaustivo dello scienziato e dell'uomo Ames che per chi è in grado di capire l'inglese è disponibile qui.

Oggi, a distanza di 26 anni da quell'intervista gli insegnamenti di Bruce Ames restano attualissimi, come pure suonano profetici per quanto sarebbe accaduto negli anni successivi se non lo si fosse ascoltato. Cosa che infatti è puntualmente accaduta con tutti i danni che oggi sono sotto i nostri occhi.
 

Da eroe a traditore

Capita: negli anni '70 sei un eroe degli ambientalisti, poi passi (secondo loro) dalla parte oscura della Forza e cadi dall'Olimpo dei presunti buoni. Questo è più o meno ciò che è capitato a Bruce Ames, inventore degli omonimi test di mutagenesi che ancora oggi sono riferimento per i tossicologi mondiali. La cosa quasi comica è che Ames per sviluppare questi test ricevette finanziamenti dalla Commissione per l'energia atomica, cioè quanto di più inviso allo schieramento ambientalista che all'epoca osannava il ricercatore.

Per contro, dai fanatici della chimica Ames potrebbe essere visto come un fustigatore di molecole, visto che con le proprie ricerche contribuì al bando di diversi prodotti. Un esempio fu il Tris, una sostanza con attività di ritardante di fiamma che veniva usato per rendere ignifughi i pigiami dei bambini. Si occupò e continua a occuparsi molto anche di oncologia, visto il proprio campo di ricerca, e da lì derivò buona parte della sua fama mondiale. Ma, come detto, dall'Olimpo si può anche cadere, per lo meno da quello reputazionale mediatico, specie se intriso di ideologie.

Ad Ames ciò capitò quando iniziò a nutrire sospetti circa l'affidabilità dei test di laboratorio ad alto dosaggio, quelli cioè utilizzati per valutare la possibile pericolosità di una sostanza attiva. Alcuni di questi test hanno condannato molecole bollandole come teratogene, per esempio, come avvenne a benomyl, un fungicida, in quanto a dosaggi stellari provocava tali effetti. Erano dosi milioni di volte superiori a quelle cui mai una donna incinta potesse essere esposta nella vita, ma così fu: benomyl cadde in disgrazia e venne ritirato dal commercio, facendo perdere all'agricoltura un utile strumento di difesa delle piante. E di esempi similari ve ne sono a pacchi, uno su tutti glifosate.

Aveva, ha e avrà senso tutto ciò? Se lo chiese anche Ames e la risposta fu no: certi test di senso ne hanno davvero dal poco al nulla. Eppure continuano a essere riferimento normativo per moltissime situazioni, api incluse.
 

Sintesi Vs. naturale

Ad Ames, peraltro, non piaceva e continua a non piacere affatto che il comun sentire veda i prodotti chimici pericolosi solo se inventati dall'uomo, mentre quelli naturali vengono percepiti come innocui a prescindere. Una deriva sociale, culturale e cognitiva, che ha fatto la fortuna di interi comparti, come per esempio il business dei prodotti voluttuari sedicenti "naturali" basati su integratori, pomate, essenze e tisane, ma anche quello del biologico e similari.

Una stortura percettiva, questa, che Ames stigmatizzò più volte, per decenni, dopo aver scoperto che una larga parte delle sostanze naturali che ci circondano e che mangiamo possono essere molto più tossiche, mutagene e cancerogene di quelle di sintesi. Grazie a tali elaborazioni comunicative, Ames passò però dalla parte dei "cattivi" agli occhi di molti, specialmente dopo che nel 1990 si pronunciò contro la "Proposition 128" dello Stato della California. Questa, se fosse passata, avrebbe causato il bando di numerosi agrofarmaci all'epoca utilizzati. Il tutto, basandosi appunto su valutazioni fatte sui topi anziché sugli uomini.

Secondo il professore americano, infatti, la miglior prevenzione del cancro era mangiare tanta frutta e verdura, anche se trattata coi famigerati "pesticidi". Qualsiasi azione governativa rendesse meno economici questi alimenti, secondo Ames, alla fine faciliterebbe l'insorgenza del cancro anziché ostacolarla. Il suo nuovo approccio al problema, ovviamente, non piacque molto ad ambientalisti e assimilati, ma Ames non era diventato all'improvviso un facilone: sapeva benissimo che, per esempio, alte esposizioni professionali a ben precise molecole possono causare problemi sanitari. Per contro, ha continuato a rafforzarsi nell'idea di quanto sulla popolazione in genere l'inquinamento ambientale sia irrilevante in tema di cancro, per lo meno nelle condizioni di vita normali che espongono a residui di "pesticidi" del tutto irrisori, come sono appunto quelli attuali.

Molto peggio le sostanze naturali presenti di per sé negli alimenti. A conferma, testando i prodotti chimici naturali con i medesimi criteri usati per le molecole di sintesi, la metà ha dato risultati nefasti. Sostanzialmente, il lavoro di Ames dimostrò quanto avesse ragione Paracelso quando sosteneva che è solo la dose a fare il veleno.

Una cosa che la gente comune non sa, per esempio, è che nel caffè è stato individuato circa un migliaio di sostanze chimiche differenti. Di queste, al 1994, solo 22 erano state testate su cavie per la cancerogenesi. Dei 22 ben 17 sono poi risultati cancerogeni. In una sola tazza di caffè, ricorda Ames, ci sono quindi almeno dieci milligrammi di molecole cancerogene naturali. Un'enormità se comparati all'assunzione annua di tutti i possibili residui di pesticidi sui cibi e nell'acqua.

Ames non si mostra però spaventato dalle proprie stesse evidenze. È infatti normale ai suoi occhi come le sostanze contenute nei cibi altro non siano che "pesticidi naturali", usati dalle piante per difendersi a loro volta dai parassiti. Secondo Ames, osservando i dati sull'alimentazione umana del 1994, di tali tossine naturali se ne mangerebbe oltre mezzo chilo l'anno contro una trentina di milligrammi di residui di agrofarmaci. E rifacendo i conti oggi, qui in Italia, non si può che confermare tale stima dello scienziato americano: sono solo poche decine di milligrammi i residui che si stima vengano ingeriti davvero da un consumatore medio in un anno. Quindi si sta parlando di quantità del tutto irrisorie, oggi come allora. Molto meno irrisorie di quelle naturali, ma ovviamente di ciò ne si parla davvero in pochi.

Chi però non fosse persuaso dell'approccio di Ames, che è il medesimo di chi scrive, può andarsi a consultare i profili tossicologici di molecole come ergotossina, patulina, zearalenone, sporidesmina, cinitrina, ocratossina, fumonisine e tante altre poco simpatiche tossine naturali presenti sui cibi che mangiamo. Se poi non bastasse, la natura offre già di per sé una miriade di veleni, appunto, naturali. Solo il Conium maculatum, o falso prezzemolo (volgarmente, la cicuta) contiene cinque diversi alcaloidi a differente grado di neurotossicità, come la coniina, la conidrina, la pseudoconidrina, la metilconicina e la coniceina. Altro che clorpirifos…

Anche alcune fitoalessine, prodotte dalle piante in risposta ai patogeni, sono tutto tranne che amichevoli. Del resto, devono combattere patogeni, mica aromatizzare i frutti.
 

Mutazioni, cancro e il problema delle dosi

Divisione cellulare e mutazioni starebbero per Ames alla base dell'insorgenza e della proliferazione dei tumori. Se il Dna viene alterato e non si ripara correttamente, esiste infatti il rischio che tali mutazioni si possano accumulare fino a indurre la cellula a scatenare il cancro. Ma a ogni divisione cellulare avvengono e vengono trasmesse altre mutazioni e la proliferazione di cellule è una risposta fisiologica a un'ingiuria di qualsivoglia tipo. Quindi, se si usano dosi altissime di una sostanza si può creare una situazione anomala che induce una risposta cellulare che a dosi basse non si verificherebbe mai. Un esempio in tal senso è la saccarina: chi sostiene che sia cancerogena lo fa in base a studi sviluppati con dosaggi catastrofici. E a dosi altissime una sostanza chimica può sia modificare il Dna, sia distruggere proprio la cellula. Ha senso fare test di questo tipo? Secondo lo scienziato americano no. Sostanze dichiarate ufficialmente mutagene potrebbero essere perfettamente innocue alle dosi a cui le si assume nella realtà. Gli elevati dosaggi utilizzati in certi test, quindi, altro non farebbero se non fungere da moltiplicatori di effetti altrimenti risibili.

Avendo peraltro avuto a che fare con le burocrazie delle statunitensi Epa e Fda (Agenzia per l'ambiente la prima, per il cibo la seconda), Ames ha poi iniziato a nutrire un discreto scetticismo sulle posizioni indotte dai movimenti ambientalisti. Quando sviluppò i test per il rilevamento di mutageni, Ames pensava infatti che l'industria li avrebbe osteggiati, mentre il Governo li avrebbe fatti adottare per qualsiasi cosa. Invece si verificò il contrario, perché l'industria ha tutto l'interesse a non produrre mutageni o agenti cancerogeni, perché ciò fa male agli affari, come pure le burocrazie governative sono sempre più difficili da evitare. Quindi è falso affermare che le industrie non vogliono i controlli e che se possono li aggirano. È semmai vero il contrario.

La gente però, nonostante le crescenti garanzie di sicurezza, è sempre più interessata a ciò che causa il cancro, a volte morbosamente, illudendosi magari di scamparsela evitando di mangiare questo o quello, oppure assumendo cibi e comportamenti illusoriamente "scaccia cancro". Ames era ed è molto interessato a questo fenomeno sociale. I numeri ci dicono infatti che il cancro è principalmente una malattia degenerativa legata a doppio filo con la vecchiaia. Non a caso, l'incidenza tumorale si alza bruscamente con l'età dopo i 50-60 anni. Un fenomeno che si palesa anche nei ratti, i quali hanno aspettative di vita di circa due o tre anni contro gli oltre 80 dell'uomo, ma alla fine della loro vita il 30% ha sviluppato il cancro. Entro l'anno di vita, invece, pochissimi roditori presentano tumori. L'uomo mostra andamenti simili, solo sviluppati su 80 anni e non su tre.

Ames è consapevole però che alcuni fattori esterni possano influenzare l'insorgenza di un tumore. Cattiva alimentazione e fumo, per esempio, possono accorciare la vita di qualche decina di anni. L'innalzamento medio dell'età ha peraltro indotto un aumento dell'incidenza dei tumori nelle statistiche complessive. E non solo nell'individuo in sé. A chi pone la domanda delle leucemie infantili, date in aumento, Ames ricorda come il fumo abbia effetti genetici sul fumatore che possono poi essere trasmessi alla prole. Per esempio, i fumatori hanno maggiori probabilità di avere figli che svilupperanno poi leucemia infantile. Per sviluppare un tumore servono di solito diversi "colpi" al nostro Dna. Se uno di questi "colpi" lo erediti già da un genitore che fuma, un altro può verificarsi nei primissimi anni di vita e dare origine a un cancro infantile.

Ames ricorda infatti come vi siano studi che dimostrano la relazione tra il vizio del fumo nei genitori e il rischio di cancro nei figli. Un tema che forse sarebbe bene ricordare a tutti coloro che fumano, magari anche in gravidanza, ma poi firmano petizioni contro i pesticidi, accusando loro di leucemie infantili e altre nefandezze similari.

Anche sul cancro al seno si sono sviluppate ansie a causa di un suo incremento statistico negli ultimi decenni. Sullo specifico tema Ames cita due epidemiologi americani, a detta sua due dei migliori al mondo, i quali attribuiscono tali trend ad aspetti ormonali che nelle donne sarebbero cambiati nel tempo. Secondo Brian Henderson e Malcolm Pike, i due epidemiologi citati da Ames, sarebbe ormai noto che le donne che hanno avuto più figli avrebbero incidenze inferiori di cancro al seno rispetto a donne che di figli non ne hanno avuti o ne hanno avuto uno solo. A conferma, da studi specifici sulle suore si sarebbero riscontrati tassi più elevati di tumore al seno. Più cicli a vuoto vi sono - e quindi meno gravidanze si verificano - e più vi sarebbero probabilità che si sviluppi nella mammella un tumore. Il calo della natalità nel mondo occidentale potrebbe quindi essere di per sé parte della spiegazione dell'incremento dei tumori al seno nelle donne. Non a caso, Henderson e Pike hanno a lungo lavorato alla messa a punto di un complesso di ormoni atti a funzionare sia come contraccettivo, sia come anti-tumorale.

Forse a Bruce Ames interesserebbe sapere, sempre che non lo sappia già, quanto siano cambiate le abitudini degli italiani rispetto al fumo. Nel Belpaese la propensione al fumo è infatti mutata molto nel tempo: in Italia si è scesi nei maschi dal 65% del 1957 al 23,9% del 2017. Nelle femmine, invece, vi era solo il 6,2% di fumatrici nel 1957 e oggi sono purtroppo salite al 20,8%. Se quindi nel 1957 gli uomini fumatori erano percentualmente circa dieci volte più delle donne, oggi la differenza si è ridotta a soli tre punti percentuali. Considerando che il fumo rappresenta da solo circa un terzo dei fattori di rischio oncologici, forse la spiegazione dell'aumento dei tumori al seno potrebbe essere più facilmente spiegata così che non tramite la propensione riproduttiva. Come pure ci sarebbe da interrogarci sulle conseguenze di tale vizio sulla prole.

Ma statistiche italiane a parte, la scienza, secondo Ames, scoprirà via via le diverse cause scatenanti i tumori, ma affinché un tale processo si verifichi è necessario vi sia anche un buon livello di sviluppo economico, quello cioè che permette di finanziare adeguatamente gli scienziati. Di sicuro, anche senza troppa ricerca di base, gli epidemiologi hanno dimostrato che mangiare più frutta e verdura abbassa le probabilità di sviluppare diversi tipi di cancro, mentre un eccesso di carne e di grassi saturi le innalzerebbero.

Ames avrebbe inoltre studiato gli effetti positivi dell'acido folico, contenuto in frutta e verdura. In laboratorio avrebbe reso le cavie carenti di acido folico e i risultati sarebbero stati pessimi. Del resto, la carenza di acido folico nelle donne in gravidanza porta a gravi patologie come la cosiddetta spina bifida. Ciò perché, ricorda Ames, l'acido folico è coinvolto nella produzione di purine e pirimidine, ovvero le basi che costituiscono il Dna. Questo può patire anche della pressione negativa dei radicali liberi, contrastabili invece da antiossidanti quali diverse vitamine e dal beta-carotene. Ogni danno al Dna richiede infatti una sua riparazione e più riparazioni sono necessarie più si accentua il processo di invecchiamento del materiale genetico, quindi non stupisce una maggior incidenza dei tumori col progredire del tempo.
 

Attivismo dannoso

A chi poi gli ricorda la sospettosità di molti attivisti eco-salutisti nei suoi confronti, Ames risponde cha a sua volta lui stesso è divenuto molto sospettoso su certi attivisti, perché percepiti dallo scienziato americano come pessimi risolutori di problemi. Spendere 125 miliardi di dollari l'anno in processi di regolamentazione, come quelli operati dall'Epa in America, diviene inutile se l'efficacia di tali investimenti è bassa a causa del modo sbagliato di fare test e ricerche.

Ames appare infatti molto più interessato a prevenire il cancro con ottimi stili di vita e alimentari. Quindi la corretta divulgazione a favore del pubblico è sempre è più importante. Per esempio, Ames ritiene che il tema del cibo biologico sia fondamentalmente privo di senso: se l'obiettivo è mangiare più frutta e verdura, bisogna renderla sempre più economica. Per inverso, tutto ciò che rende la frutta e la verdura più costose può inibirne l'acquisto e quindi aumentare il rischio di cancro. Massima attenzione va invece prestata alle esposizioni di tipo professionale, perché queste possono avvicinare i lavoratori ai livelli di esposizione visti in laboratorio. Quindi quelli davvero pericolosi. Ecco perché l'uso professionale di sostanze chimiche deve seguire ben precise regole. Un aspetto che viene stranamente fuorviato da chi trova nei dispositivi di protezione individuale, usati dagli operatori professionali, la prova della pericolosità di quei prodotti anche per la popolazione in genere.

Ames appare infatti molto preoccupato per la deriva ideologica anti-scientifica che stava già montando negli anni '90 e che purtroppo prosegue anche oggi. Sempre di più gli estremisti ambientali presentano istanze anti-scientifiche e anti-tecnologiche, illudendosi in tal modo di poter tornare a un mondo che però appare più che altro immaginario e falsamente idilliaco. Un mondo che peraltro non è mai esistito.

E chissà cosa pensa oggi lo scienziato americano dei vari movimenti no-tutto, tipo quelli che oggi sono contro glifosate, domani contro gli Ogm e dopodomani contro il 5G.
"La tossicologia spiegata semplice" è la serie di articoli con cui AgroNotizie intende fornire ai propri lettori una chiave di lettura delle notizie allarmanti sul mondo agricolo in generale e su quello fitoiatrico in particolare.

Perché la tossicologia, in fondo, è più semplice da comprendere di quanto sembri.