L'occhio di pavone è la principale malattia fungina che colpisce gli olivi negli areali italiani. Si tratta di una fitopatologia causata da Spilocaea oleaginea, un fungo che attacca soprattutto le foglie di olivo provocando la formazione di macchie rotondeggianti, di colore bruno scuro, contornate da un alone giallastro. Da qui il nome di occhio di pavone.

Le foglie colpite da S. oleaginea cadono precocemente e se la malattia non viene controllata la capacità della pianta di sintetizzare nutrienti viene compromessa. Si ha dunque un pesante effetto negativo sulla produzione di olive e si corre il rischio che la pressione del patogeno sia tale da interessare, se le condizioni ambientali lo consentono, anche rametti e frutti.

 

Il ciclo biologico di Spilocaea oleaginea

Il fungo causa dell'occhio di pavone si sviluppa in precise condizioni ambientali: temperatura tra 10 e 24°C, con un optimum a 18-20°C, e bagnatura fogliare prolungata. Questa può essere provocata dalla pioggia oppure da rugiada persistente o da nebbie che possono formarsi in areali poco ventilati.

In queste condizioni i conidi del fungo liberano le zoospore, che, germinando, formano il micelio che interessa i tessuti delle foglie. I parametri ambientali richiesti allo sviluppo del fungo si riscontrano in Italia in primavera oppure in autunno. Nel Sud Italia è anche possibile una recrudescenza della malattia in inverni particolarmente miti e piovosi.

Il periodo di incubazione del fungo varia notevolmente a seconda del periodo di infezione. Per le infezioni tardo primaverili passano anche due o tre mesi prima che sulle foglie si formino "gli occhi". I sintomi che si riscontrano a settembre ottobre sono dunque il risultato di infezioni primaverili. Per quanto riguarda invece le infezioni autunnali il periodo di incubazione è molto meno lungo, appena quindici, venti giorni.

 

La difesa dell'olivo dall'occhio di pavone

L'occhio di pavone è sicuramente la malattia fungina di maggiore interesse per gli olivicoltori a causa dei danni che può apportare alle produzioni. Per difendere le piante è bene seguire alcune buone pratiche agronomiche nonché ricorrere a trattamenti a base di prodotti antifungini.

Ecco dunque sei regole da seguire per difendere gli olivi dall'occhio di pavone.

Impianti. L'occhio di pavone si manifesta con maggiore forza negli impianti intensivi o superintensivi, in cui la compattezza della vegetazione favorisce l'accumulo di umidità e quindi lo sviluppo del fungo. Se ci si trova in areali umidi o si impiegano cultivar suscettibili è dunque preferibile scegliere un sesto di impianto ampio.

Cultivar. Non tutte le varietà di olivo sono suscettibili alla stessa maniera alle infezioni da S. oleaginea. Hanno bassa sensibilità ad esempio il Leccino, la Cellina di Nardò, la Nociara, l'Ogliarola salentina, il Pendolino e la Maiatica. Hanno media sensibilità la Coratina, l'Ogliarola barese e garganica, la Rotondella, la Cima di Melfi, il Frantoio e il Picholine. Ha elevata sensibilità la Carolea e il Moraiolo.

Se dunque l'impianto che si vuole realizzare si trova in un areale umido, soggetto a piogge intense in primavera o autunno, è bene scegliere cultivar poco suscettibili e sesti di impianto ampi.

Potatura. La pratica della potatura è fondamentale in olivicoltura per gestire la produttività e la sanità delle piante. Una potatura eseguita a regola d'arte, che alleggerisce il carico di foglie, soprattutto all'interno della pianta, permette di creare condizioni sfavorevoli alla germinazione del fungo e favorevoli alla penetrazione nella chioma dei trattamenti antifungini.

Irrigazione. Come detto S. oleaginea è un fungo che si avvantaggia di ambienti umidi. Pertanto è buona norma, se l'impianto è irriguo, dosare con parsimonia l'acqua, evitando ristagni al suolo che possano favorire lo sviluppo del micete.

Concimazione. Concimazioni azotate troppo spinte determinano un vigore vegetativo eccessivo, con una produzione di foglie abbondante che crea ombreggiamenti dannosi e un accumulo di umidità all'interno della pianta. Come ricordato in questo articolo una nutrizione equilibrata dell'impianto è la prima condizione per avere piante sane e produzioni di qualità.

Agrofarmaci. Le infezioni primarie di S. oleaginea avvengono in primavera, quando le temperature si aggirano attorno ai 20°C e le piogge bagnano le foglie. È indispensabile abbattere l'inoculo in campo prima che si verifichino le condizioni favorevoli alla germinazione delle zoospore.

Per questo occorrerà eseguire un trattamento a base di rame (ad esempio ossicloruro di rame, idrossido di rame o solfato di rame) sul finire dell'inverno o comunque prima della ripresa vegetativa. In questo modo non solo si devitalizzano i conidi presenti sulla chioma, ma l'azione fitotossica del rame determina la caduta delle foglie malate, che una volta al suolo non rappresentano più una fonte di rischio di nuove infezioni.

In anni di carica è possibile utilizzare la sostanza attiva dodina per contrastare il fungo, pur limitando la perdita di foglie.

È necessario poi prevedere un secondo trattamento, questa volta in prefioritura, volto a difendere le foglie nascenti da nuove infezioni. Come è possibile vedere su Fitogest® esistono sedici sostanze attive registrate su olivo contro l'occhio di pavone (chiamato anche cicloconio) e ben 164 agrofarmaci presenti sul mercato.

Un terzo trattamento potrebbe essere necessario in autunno, quando le condizioni ambientali sono nuovamente favorevoli allo sviluppo del fungo. L'opportunità di questo trattamento deve essere valutata dal singolo agricoltore sulla reale diffusione dell'occhio di pavone nell'oliveto.

Ricordiamo che è di fondamentale importanza affrontare l'inverno con una pressione del fungo bassa, in modo da evitare l'espandersi dell'infezione e arrivare alla primavera con un impianto sano.