Lo stato di calamità dichiarato per Emilia Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia per i danni provocati dalla cimice asiatica nel 2019 è certamente una buona notizia ma, considerata anche la situazione coronavirus, non è detto che ci siano le condizioni per portare a termine la procedura burocratica necessaria ad ottenere i contribuiti, entro il termine stabilito.

Se da un lato le tre regioni che hanno ottenuto ufficialmente lo stato di calamità dal Mipaaf tirano un sospiro di sollievo, potranno accedere al Fondo di solidarietà nazionale (finanziato con 80 milioni dall'ultima legge di Bilancio), dall'altro si profilano problemi tecnici. Il conteggio dei giorni entro i quali va presentata la documentazione non è ancora scattato, scatterà non appena il decreto sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale: si tratta di quarantacinque giorni e il countdown sarà velocissimo. Sarà una vera corsa contro il tempo per le associazioni degli agricoltori e non c'è certezza che riescano a finire di inoltrare le pratiche per tutti, la platea degli aventi diritto è molto ampia. Per Veneto e Piemonte, altre due regioni fortemente colpite dalla cimice asiatica, si è ancora in attesa dell'ufficializzazione dello stato di calamità.

Noi di AgroNotizie ci siamo messi in contatto con Confagricoltura Ferrara, uno dei territori maggiormente colpiti dall'avversità, per capire quali siano i problemi tecnici che gli uffici delle associazioni agricole, in tutto il territorio del Nord Italia colpito, si troveranno ad affrontare.

Innanzitutto ci si chiede: andrà applicato, così come si è sempre fatto in caso di grandine o eventi metereologici, pedissequamente il dlgs 102 del 2004? Il punto è: chi ha diritto a fare domanda? Di conseguenza, quale mole di domande andranno gestite? Più agricoltori avranno diritto a chiedere di accedere agli indennizzi, più pratiche ci saranno da gestire.

"Si tratta di capire - ci ha raccontato Paolo Cavalcoli, direttore di Confagricoltura Ferrara - se il 30% o più di danno cui fa riferimento la normativa per accedere ai contributi vada calcolato sulla Produzione lorda vendibile (Plv) di tutta l'azienda o solo sulla parte aziendale relativa alla frutticoltura. Non è una differenza da poco. Lo stato di calamità infatti è stato riconosciuto per i frutticoltori: chi coltiva pomacee, drupacee, vite, kiwi ecc … ma alcune aziende hanno una parte frutticola e una parte del terreno dedicata ad altre colture. Il 30% va quindi calcolato sull'intera Plv aziendale o solo sulla parte frutticola? In questo secondo caso la platea di aventi diritto sarebbe molto più ampia. Le faccio un esempio pratico - ha continuato ancora Cavalcoli - abbiamo un'azienda che si estende per 1.200 ettari di cui 50 ettari di frutta. Ha avuto un danno dell'80% sulla frutta quindi un danno enorme, molto impattante. Se si applicherà, come si è sempre fatto, il dlgs 102, quell'azienda non avrà diritto ad aiuti. Io ritengo che l'indicazione sarà di applicare esattamente il dlgs 102 e quindi di calcolare il 30% d'accesso al danno su tutta la Plv aziendale ma, ad oggi, siamo in attesa di risposte".

Il problema più grande è però stabilire quali siano i valori di Produzione lorda vendibile da tenere presente per calcolare il famoso 30% di danno che dà diritto d'accesso ai contributi: "Questo è il vero punto interrogativo. Solitamente, in casi simili, ci veniva fornito dall'amministrazione un dato statistico di Plv media nel territorio, per le varie colture. Non lavoravamo quindi calcolando la media della Plv aziendale ma con un dato di raffronto, coltura per coltura, fornito dalla provincia ogni anno. Oggi quel dato lo deve fornire la regione ma, indipendentemente da chi lo fornirà, il punto è: ci chiedono di calcolare precisamente la media aziendale di Plv degli anni precedenti o possiamo utilizzare un dato statistico? Calcolare la Plv media, azienda per azienda, in modo da poter attestare che, nel 2019, si è avuta una Plv inferiore almeno del 30% vuole dire raccogliere e analizzare le fatture di ogni azienda. Non tutti i soci delle associazioni consegnano le loro fatture, molti si appoggiano a studi di commercialisti. Vorrebbe quindi dire che ogni socio dovrebbe recuperare tutte le fatture e dovremmo programmare appuntamenti, socio per socio, per fare i calcoli e fare firmare le richieste. Anche in tempi non di emergenza sarebbe impensabile", ha detto ancora il direttore di Confagricoltura Ferrara.

Un calcolo simile andrebbe fatto per tutte le altre zone colpite. Un tempo concesso per le pratiche di quarantacinque giorni è strettissimo: "Gli ettari interessati, solo a Ferrara, sono 180mila, noi ne seguiamo circa la metà ma il problema sarà comunque questo, per tutti".

Le misure imposte per evitare il propagarsi del contagio da coronavirus rendono l'impresa ancora più ardua e anche inopportuna: "In un momento in cui ci è chiesto di non avere contatti - ha continuato Cavalcoli al microfono di AgroNotizie - una procedura come quella ipotizzata, costringerebbe le associazioni a richiamare i dipendenti dalle ferie forzate, a ricevere gli agricoltori in ufficio. Se non abbiamo la loro contabilità, gli agricoltori dovrebbero prima andare dal commercialista e recuperare tutte le fatture, fino a cinque anni indietro. Sarebbe necessario restare a contatto, con ogni agricoltore, alla scrivania, per molto tempo, quello necessario a fare i calcoli e compilare la pratica. Siamo molto contenti che sia stato dichiarato ufficialmente lo stato di calamità per la cimice asiatica ma bisogna trovare il modo di adempiere alla burocrazia in maniera diversa".

Una proroga dei tempi dunque, non più quarantacinque giorni ma tempi dilatati, così come sta avvenendo per la Pac? "Fare slittare significherebbe tempi più lunghi di attesa dei contributi da parte degli agricoltori. Ci vorrebbe invece una maniera smart di finalizzare le pratiche di richiesta, una volta che i dubbi tecnici sui vari calcoli saranno dissipati. Bisognerebbe, per esempio, consentire alle aziende di ricevere gli indennizzi in base a un'autocertificazione, sotto la loro responsabilità, per poi definire la pratica terminata l'emergenza coronavirus".