Da un lato la richiesta necessaria di urgenti modifiche, dall'altro la sostenibilità dell'impresa agricola anche di fronte alla crisi climatica. Questi i due mondi che si sono fronteggiati al forum di confronto sulla consultazione pubblica per la revisione del Piano di azione nazionale (Pan) per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (l'iniziativa promossa dal Crea nell'ambito di Rete rurale nazionale), che ormai è quasi arrivato al traguardo.

"Modifiche sostanziali al testo proposto per il nuovo Pan sugli agrofarmaci - chiedono una serie di associazioni sedute su un versante della barricata (Aiab, Biodinamica, Federbio, Firab, Greenpeace, Legambiente, Lipu-BirdLife, Isde, Pro-Natura e Wwf Italia) - cominciando dalla necessità di dare effettiva priorità all'agricoltura biologica e individuare obiettivi quantitativi più ambiziosi in termini di percentuali di riduzione di tutti i prodotti fitosanitari perché vi sia un reale effetto sulla salute e sull'ambiente, anche in base al principio di precauzione".

Dall'altra parte della muraglia ci sono però gli imprenditori agricoli che invece la vedono in modo diverso: "Il Piano di azione nazionale (Pan) - osserva Giovanna Parmigiani della Giunta di Confagricoltura - è un documento estremamente importante che riguarda il futuro dell'agricoltura del nostro paese che dovrà confrontarsi sempre più con i temi legati alla produttività e alla sostenibilità. Il piano prevede diverse misure relative all'utilizzo degli agrofarmaci in un'ottica prettamente ambientale. Attualmente il sistema europeo di autorizzazione e controllo degli agrofarmaci è il più stringente al mondo e l'Italia dimostra di essere ancora più virtuosa in questo senso: il ministero della Salute ha attestato che i residui non conformi ai limiti di legge sono inferiori all'1% rispetto a una media europea del 2,5%".

La bozza del Pan in questione è stata pubblicata a fine luglio sui siti dei ministeri di competenza, quello delle Politiche agricole, dell'Ambiente, e della Salute; è stata così avviata la fase di consultazione pubblica che si chiuderà il prossimo 15 ottobre. Le principali novità sono state presentate da Bruno Caio Faraglia del ministero delle Politiche agricole, da Carlo Zaghi del ministero dell'Ambiente, da Gisella Manzocchi del ministero della Salute, e da Alessandro Monteleone del Crea.

Ora, secondo le associazioni c'è "l'assenza di un serio impegno per la riduzione dell'uso della chimica di sintesi in agricoltura, nelle città e in aree frequentate da soggetti sensibili come i bambini, le donne in gravidanza e gli anziani e per la tutela delle produzioni biologiche dalla contaminazione accidentale". In sostanza, tra le altre cose, le associazioni chiedono di "ridurre i rischi per i residenti nelle aree rurali fissando distanze minime di sicurezza realmente cautelative e non derogabili dalle abitazioni; deve essere mantenuta una distanza di almeno 15 metri dalle coltivazioni biologiche per difenderle dal rischio di una possibile contaminazione accidentale; nei siti Natura 2000 e nelle altre aree naturali protette deve essere vietato l'utilizzo di agrofarmaci pericolosi per gli habitat e le specie selvatiche"; si dovrebbe "vietare l'uso degli agrofarmaci in città adottando tecniche biologiche per la manutenzione delle aree non agricole, rete viaria e ferroviaria, con particolare attenzione al verde pubblico e privato e manutenzione degli spazi utilizzati dalla popolazione residente". E poi, oltre al rafforzamento dei sistemi di monitoraggio e controllo, bisognerebbe "prevedere il divieto totale del glifosate in Italia entro il 2022, escludendo qualsiasi ipotesi di rinnovo dell'autorizzazione concessa per cinque anni dall'Ue".

Ma i risultati dell'Italia, rileva ancora Giovanna Parmigiani, sono "il frutto dell'impegno degli agricoltori e di una nuova sensibilità, ma occorre anche ricordare che i fitofarmaci consentono un generale miglioramento della qualità e delle rese dei prodotti agricoli, in particolare di fronte alle nuove necessità causate dai cambiamenti climatici. Secondo stime Fao, infatti, la produzione agricola mondiale calerebbe del 30% senza interventi di difesa. In questo contesto l'agricoltura biologica va sì incentivata, ma con particolare riguardo alla sostenibilità economica e non in modo generalizzato".

Secondo Confargicoltura "il biologico e il convenzionale sono due sistemi che non possono e non devono essere in conflitto. Sono modi di fare agricoltura diversi per territorialità, tipologia di investimenti e soprattutto per mercati e consumatori finali. Pertanto il Pan deve adottare scelte consapevoli, altrimenti il rischio è che l'agricoltura si trovi sempre più in difficoltà a difendere le colture, ed in particolare dalle nuove emergenze". Insomma "occorre contestualizzare il sostegno allo sviluppo del biologico, ma valorizzare anche quell'agricoltura convenzionale che punta su innovazione e sostenibilità, avvalendosi di nuove tecniche di precisione per un uso attento delle risorse disponibili, con meno acqua, meno chimica e più rispetto per l'ecosistema. Ed occorre dare maggiore rilievo a ricerca e innovazione, anche in campo genetico, che possono contribuire a dare strumenti in più agli agricoltori per difendere le colture. La sostenibilità però deve diventare anche una sfida economica, altrimenti le aziende agricole più virtuose, paradossalmente, saranno quelle meno competitive sul mercato globale. Per questo il nostro paese deve pretendere la reciprocità nelle produzioni in termini di sicurezza alimentare, tutela del lavoro e dell'ambiente".

Posizione in linea con quella di Davide Vernocchi, coordinatore settore ortofrutticolo dell'Alleanza cooperative agroalimentari che parla del mondo agricolo come di un mondo "impegnato da tempo per migliorare la qualità del lavoro nel settore e ridurre al massimo l'utilizzo di prodotti chimici garantendo il rispetto della sostenibilità; una sostenibilità che però deve essere anche economica, altrimenti tante aziende chiuderanno o delocalizzeranno con gravi ripercussioni, anche sociali. Ci troviamo di fronte a una serie di situazioni di straordinaria emergenza come la cimice asiatica e il cambiamento climatico che il mondo agricolo non riesce a fronteggiare e di questo va tenuto conto. Pan e Piano di sviluppo rurale (Psr) dovranno andare avanti di pari passo".

Ma le associazioni non ci stanno e, seppur in clima che appare mediato, fanno presente come "il nuovo Pan, coerentemente alla normativa europea, debba creare le condizioni affinché il ricorso agli agrofarmaci possa avvenire solo dopo avere adottato pratiche agro-ecologiche alternative all'uso dei prodotti chimici di sintesi, come già avviene in agricoltura biologica. L'approvazione del nuovo Pan agrofarmaci rappresenta una vera cartina tornasole, un indicatore oggettivo della reale volontà politica dell'attuale governo di sostenere con convinzione una transizione agro-ecologica per tutelare la salute dei cittadini e dell'ambiente vietando l'utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, tossiche e nocive, nelle aree protette e nelle nostre città. Il Green new deal - concludono - deve partire anche da qui, è ora di passare dalle parole ai fatti".