E' stato pubblicato in questi giorni sul notiziario dell'Accademia fiorentina il documento 'Considerazioni sull'uso del rame in agricoltura' con cui i Georgofili sintetizzano la loro posizione sul tema dell'uso del rame in agricoltura.

Per redigere il testo il presidente dei Georgofili Massimo Vincenzini ha nominato un gruppo di lavoro formato da Amedeo Alpi, presidente sezione Centro-Ovest dell'Accademia, dagli accademici Giacomo Lorenzini, Paolo Nannipieri, Marco Nuti, Marcello Pagliai, Michele Pasca-Raymondo, Carlo Chiostri e da Luca Brunelli e Domenico Mastrogiovanni della Cia.

L'argomento è divenuto di forte attualità recentemente, quando la Commissione della Ue ha approvato il Regolamento di esecuzione n°1981 del 13 dicembre 2018, con il quale rinnova l'approvazione delle sostanze attive composte di rame esclusivamente per gli impieghi che comportano un'applicazione totale non superiore a 28 chilogrammi di rame per ettaro nell'arco di sette anni.

Il rame, sebbene elemento fondamentale per la vita e un micronutriente essenziale per le piante, è usato in agricoltura e, in particolare in quella biologica come fungicida; da tempo comunque sono stati dimostrati i rischi ambientali conseguenti al suo uso in quanto è un elemento di ridotta mobilità che tende ad accumularsi negli strati superficiali del suolo agrario.

Il rame, come riporta il documento, non viene infatti assorbito dalle foglie e ricade al suolo, sia per dilavamento dovuto alle piogge che per la caduta delle foglie stesse, e solo una piccola percentuale viene asportata dalle piante, in genere qualche decina di grammi a ettaro, accumulata prevalentemente nelle radici.

Accumulo che porta a problematiche di tossicità sia per la microflora del terreno, sia alle piante stesse, oltre a effetti negativi anche sulla fauna, ad esempio sui lombrichi, sensibili agli effetti tossici dovuti all'eccesso di questo elemento. Dati che hanno portato l'Unione europea a considerare il rame come un principio attivo destinato alla sostituzione in tempo più o meno breve.

Alla luce di questo il documento ha un punto di vista chiaro sui fertilizzanti a base rameica, ammessi anche in agricoltura biologica, che vengono considerati prodotti per "la difesa occulta (illegale) delle colture, tenuto conto che i terreni italiani di norma non mostrano carenze di questo elemento".

La problematica dell'uso del rame è sentita in tutte le colture, che tra l’'ltro in genere hanno visto una riduzione dei residui massimi ammissibili nella maggior parte dei prodotti agricoli. Ma il problema è particolarmente sentito in viticoltura, tanto che l'uva da vino contrariamente ad altre colture ha visto aumentare il residuo massimo di rame.

Nel documento i Georgofili puntano quindi su quelle che sono le attuali tecniche per ridurre e ottimizzare l'uso del rame, a partire dalla agricoltura di precisione, all'uso di nuovi formulati realizzati anche con l'uso di nanotecnologie, laddove consentite.

Di più difficile applicazione invece l'uso di coperture del filare o di schermi antipioggia che riducano l'acqua liquida sulle foglie impedendo alle oospore della peronospora di raggiungere gli stomi e avviare l'infezione: un sistema che ha una sua efficacia ma che si scontra con aspetti economici, paesaggistici e anche fitosanitari in quanto si possono creare situazioni microclimatiche favorevoli agli attacchi di oidio.

Il documento prende poi in considerazione le alternative al rame, usabili anche in biologico, che al momento vedono come unico prodotto registrato il Prev - AM (nota dell'autore), a base di olio essenziale di arancio dolce, attualmente molto poco usato.

Sono poi menzionati anche altri prodotti come la laminarina, il chitosano, alcune argille e la cerevisane che hanno azione di elicitori, cioè che sono in grado stimolare reazioni fisiologiche delle piante in grado di contrastare l'infezione fungina, ma che, ad eccezione della cerevisane (prodotto derivante dal lievito di birra) non sono attualmente registrate come antiperonosporici.

Tra i prodotti con una interessante azione antiperonosporica sono citati anche i fosfonati di sodio o potassio, concimi fogliari che hanno anche un effetto anticrittogamico oltre che un effetto elicitore stimolando le difese della pianta, ma che essendo molecole di sintesi non sono ammesse in agricoltura biologica.

Oltre ai prodotti non rameici, la riduzione dell'uso del rame non può non prendere in considerazione l'uso di piante resistenti, argomento di grande attualità in viticoltura, che è stato anche al centro del Forum vitivinicolo nazionale di quest'anno a Firenze.

In conclusone il documento afferma che oggi il rame resta una molecola fondamentale nella viticoltura biologica, sebbene il destino di questo elemento nel terreno sia in contrasto con i principi ecologici alla base di questo tipo di agricoltura.

Nonostante la grande quantità di lavoro di ricerca, il documento sottolinea come oggi non ci siano valide alternative possibili, in biologico, per sostituire completamente questo prodotto, e che la strada principale da percorrere nell'immediato è quella di una riduzione del suo uso, e soprattutto di una riduzione del suo spreco.

Una riduzione che è già in atto che ha portato negli ultimi venti anni a ridurre fino a punte dell'80% l'uso del rame nelle aziende vitivinicole del nostro paese.

Scarica il documento completo Considerazioni sull'uso del rame in agricoltura