Da qualche settimana pare che per glifosate la partita possa prendere una pessima piega: una metanalisi prodotta da alcuni ricercatori dimostrerebbe infatti che vi sarebbe una correlazione fra uso di glifosate e tumori, nella fattispecie linfoma non-Hodgkin, quello che ha causato l'inserimento di glifosate da parte di Iarc nel gruppo 2A, ovvero quello dei "probabili cancerogeni".

La ricerca è stata pubblicata nel febbraio 2019 su Mutation Research-Reviews in Mutation Research, autori Luoping Zhang et al., titolo: “Exposure to Glyphosate-Based Herbicides and Risk for Non-Hodgkin Lymphoma: A Meta- Analysis and Supporting Evidence”.

Da tale metanalisi emergerebbe come i linfomi non-Hodgkin avrebbero una probabilità di svilupparsi negli operatori professionali proporzionale all'uso dell'erbicida. Ovvero, gli utilizzatori più frequenti e "abbondanti" di glifosate avrebbero un rischio di sviluppare LNH superiore addirittura del 41% rispetto agli utilizzatori meno assidui. 

Ovvie le esultanze di chi aveva preso non proprio benissimo un'altra metanalisi, pubblicata nel 2017, dalla quale emergerebbe invece che non vi sarebbe correlazione fra uso di glifosate e tumori. Anzi, leggendone i dati pare proprio che gli utilizzatori di glifosate stiano tutto sommato meglio dei colleghi che tale erbicida non usano.

Si è così deciso di dedicare al tema matanalisi due puntate sequenziali della serie "La tossicologia spiegata semplice". Perché non tutte le metanalisi hanno eguale peso e medesima robustezza. Si partirà oggi con la prima delle due, quella "innocentista", lasciando poi la seconda puntata alla metanalisi "colpevolista", riportando gli opportuni argomenti utili a spiegarne la fallacia. Ma come si suol dire: andiamo per ordine.


Arrivata troppo tardi

Nel 2017, a giochi ormai chiusi per la monografia 112 Iarc su glifosate, vennero pubblicati i risultati della più estesa indagine epidemiologica mai effettuata sugli utilizzatori dell'erbicida. [Andreotti et al. (2017): “Glyphosate Use and Cancer Incidence in the Agricultural Health Study”. J. Natl. Cancer Inst.]. Gli autori sono peraltro colleghi di quell'Aaron Blair che ricoprì il ruolo di chairman nel gruppo di valutazione di glifosate.

Un chairman che conosceva quindi benissimo l'esistenza di quella metanalisi, ma che stranamente non fece alcunché per farla valutare dai colleghi chiamati in causa, sollevando molti dubbi e sospetti.
 

I numeri della ricerca

Fra i 54.251 operatori professionali intervistati, l’incidenza tumorale complessiva è risultata pari a 7.290. All'interno di questo campione statistico assommerebbero invece a 44.932 gli agricoltori americani che hanno utilizzato glifosate (82,8% del totale intervistato), mostrando un'incidenza pari a 5.779 casi, ovvero il 79,3% di tutti i tumori rilevati (Fig. 1).

Numeri assoluti del campione statistico di riferimento della metanalisi di Andreotti et Al

Fig. 1: numeri assoluti del campione statistico di riferimento della metanalisi di Andreotti et al. Gli agricoltori sono stati suddivisi in due gruppi: utilizzatori e non utilizzatori di glifosate

In sostanza, l’incidenza di tutti i tumori presi nel loro insieme è stata pari a 134,38 casi su mille individui nel campione complessivo, salendo a 162,14 su mille nei non utilizzatori di glifosate, scendendo infine a 128,62 casi su mille fra gli utilizzatori di glifosate. In sostanza, pare che fra tutti gli agricoltori considerati quelli che hanno patito di meno tumori siano proprio quelli che usano l’erbicida di Monsanto rispetto a quelli che non lo usano (vedi fig. 2).

Fig. 1: incidenza di tutti i tumori, espressi su mille individui, riportati in termini di campione statistico complessivo (blu), non utilizzatori di glifosate (rosso) e utilizzatori di glifosate (verde). L'incidenza tumorale totale fra questi ultimi risulta inferiore a quella dei non utilizzatori
Fig. 2: incidenza di tutti i tumori, espressi su mille individui, riportata in termini di campione statistico complessivo (blu), di non utilizzatori di glifosate (rosso) e di utilizzatori di glifosate (verde). L'incidenza tumorale totale fra questi ultimi risulta inferiore a quella dei non utilizzatori

Tale tendenza si rinviene anche quando l'incidenza venga suddivisa tumore per tumore, dato che gli autori hanno considerato quelli a carico di cavità orale, colon, retto, pancreas, polmoni, melanoma, prostata, testicoli, vescica, reni, più una fitta disamina dei molteplici cancri a carico del sistema linfatico, incluso il linfoma non-Hodgkin.

Non è chiaro perché vi sia minore incidenza fra gli utilizzatori di glifosate rispetto ai non utilizzatori. Possono infatti entrare in gioco considerazioni differenti sulla tipologia aziendale, sulle colture, sui prodotti utilizzati in alternativa a glifosate e sulle loro modalità di applicazione. O più banamente, un habitus differente degli agricoltori che non usano glifosate perché impegnati in attività differenti in termini di vita professionale e quotidiana. Tutti fattori confondenti di difficile individuazione che quindi non permettono di spiegare tale trend a favore dell'erbicida di Monsanto. Trend che quindi va preso per ciò che è in attesa che altre ricerche possano dare un senso a tale scenario.

Di sicuro, però, sarà bene che su questa evidenza meditino tutti coloro che chiedono l'abolizione di glifosate fingendo di preoccuparsi per la salute degli agricoltori. La loro salute fisica non pare affatto  minacciata dall'erbicida, anzi, mentre diviene ogni giorno più tangibile il danno alla loro salute economica, visti gli aggravi di costi a loro carico che tale abolizione comporterebbe. Per non parlare di quelli che lieviterebbero a danno dei contribuenti tutti, visti i preventivi di maggior spesa anche a carico di municipalità e gestori di linee ferroviarie.
 

Linfomi non-Hodgkin

Complessivamente, considerando i 135 casi di LNH su 9.319 non utilizzatori e i 440 su 44.932 utilizzatori di glifosate, significa che fra i non utilizzatori il LNH ha inciso in ragione di 14,48 casi su mille individui, contro il 9,79 degli utilizzatori (Fig. 3).
 
Incidenza dei linfomi non-Hodgkin sul totale del campione statistico (blu), sui non utilizzatori (rosso) e utilizzatori (verde). Ancora, gli utilizzatori di glifosate mostrano un valore inferiore a quello dei colleghi non utilizzatori
Fig. 3: incidenza dei linfomi non-Hodgkin sul totale del campione statistico (blu), sui non utilizzatori (rosso) e sugli utilizzatori di glifosate (verde). Ancora, gli utilizzatori di glifosate mostrano un valore inferiore a quello dei colleghi non utilizzatori

Una precisazione va fatta su queste cifre: l’incidenza è da intendersi su base pluriennale. Ovvero su quanti casi sono stati registrati in un lasso di tempo molto più esteso dell’anno base normalmente utilizzato per elaborare statistiche epidemiologiche. Per tali ragioni, i dati sopra riportati non vanno confusi con l’incidenza annuale media di LNH riportata dall’American Cancer Society, secondo la quale tale forma di tumore colpisce in USA circa 19 persone su 100 mila (anno 2017). In sostanza, il LNH colpisce lo 0,0191% della popolazione americana e ne uccide lo 0,0059%. Per trovare un malato di LNH in USA, in un solo anno, si devono cioè monitorare almeno 5.000 persone e per contabilizzare un morto se ne devono monitorare 17mila. Quindi è un tumore molto raro sul quale lavorare, necessitando perciò di numeri di riferimento molto elevati per non commettere errori nell’analisi statistica. Cosa che relativamente a glifosate è infatti accaduta spesso.

Nel caso specifico del linfoma non-Hodgkin, rendendo pari a 1 l’incidenza a carico dei non utilizzatori, gli utilizzatori di glifosate hanno mostrato valori di 0,83 nel primo e secondo quartile, i meno esposti, di 0,88 nel terzo quartile e infine di 0,87 nel quarto quartile, cioè quello degli utilizzatori che abbiano mostrato maggiore propensione all’uso dell’erbicida (Figura 4).
 
Fig. 4: i quattro quartili relativi agli utilizzatori di glifosate, posti a confronto con l'incidenza dei non utilizzatori, fatti questi pari a uno
Fig. 4: i quattro quartili relativi agli utilizzatori di glifosate, posti a confronto con l'incidenza dei non utilizzatori, fatti questi pari a uno. Anche gli utilizzatori più assidui dell'erbicida hanno incidenze inferiori a quelle dei non utilizzatori

Si ricorda che la divisione in quartili, terzili o percentili è abitualmente adottata per meglio analizzare una distribuzione statistica legata a una variabile specifica. In tal caso, l'utilizzo crescente dell'erbicida sotto indagine. Nel primo quartile ricadono gli utilizzatori meno abituali, crescendo poi di quartile in quartile, finendo con il quarto, cioè quello in cui ricadono gli utilizzatori più assidui. Per logica, se vi fosse davvero un effetto dose si dovrebbe vedere crescere significativamente l'incidenza al crescere del quartile. Cosa che invece, come si vede, non accade.

Forse anche perché non è affatto scontata la correlazione fra esposizione personale e numero di applicazioni e chili applicati. Gli agricoltori o i contoterzisti che applicano su grandi estensioni è infatti molto più probabile che siano dotati di trattori più evoluti e meglio isolati di quelli degli agricoltori di piccole dimensioni, i quali useranno sì meno prodotto, ma è più probabile lo facciano con attrezzature meno moderne e sicure dei colleghi più grandi.

Infine, un analogo trend si mostra anche per gli specifici linfomi non-Hodgkin alle cellule B: fatto pari a 1 il dato dei non utilizzatori di glifosate, i quattro quartili che descrivono gli utilizzatori segnano valori rispettivamente di 0,79 – 0,76 – 0,88 e 0,86.
 

Conclusioni

Dalle analisi statistiche effettuate sugli operatori professionali dal National Cancer Institute glifosate non pare statisticamente associabile al cancro in genere e al LNH in particolare. Con un’unica eccezione: fra gli operatori nel quartile più alto di utilizzo di glifosate si sarebbe riscontrato un aumento del rischio di leucemia mieloide acuta (LMA) rispetto ai non utilizzatori. Una differenza che comunque gli autori stessi definiscono come “non significativa statisticamente”, dato che si tratta di tumori rilevati nell’ordine delle poche unità di malati su migliaia di individui.

Ma vi è di più: sebbene il lavoro di Andreotti et al. dimostri già così com’è che fare l’agricoltore e usare glifosate non rappresenta particolari rischi oncologici, anch’esso patisce di un grave errore di fondo, ovvero quello di correlare le varie incidenze tumorali direttamente a glifosate, quando a essere applicati in campo sono invece vari formulati commerciali.

Questi, negli anni considerati dalla ricerca, contenevano ancora in larga parte le ammine di sego, ovvero quei coformulanti banditi in Europa solo tre anni fa, ma che da tempo erano stati sostituiti nei formulati a marchio, rimanendo per lo più solo nei formulati generici più economici. Nel 2016 le tallow amine sono quindi state definitivamente bandite, causando l’anno successivo la scomparsa di una molteplicità di formulati generici dai banchi delle rivendite. I formulati oggetto di indagine, cioè, in larga parte non esistono più, scomparendo del tutto in Europa. Ulteriore motivo per distinguere in modo onesto e razionale fra usi e prodotti, senza cedere alle diffuse pressioni qualunquiste per condannare qualcosa di molto differente da ciò che si sta processando.

Equipare la sostanza attiva ai suoi formulati è infatti un grave vizio metodologico. Un vizio di cui sembra patire da sempre ogni ricercatore che indaghi su glifosate, operando analisi statistiche su eventuali effetti da attribuirsi alla sola sostanza attiva, partendo però da dati che tovano origine nei formulati commerciali.

Conoscendo i parametri tossicologici di glifosate e delle tallow amine, ciò equivale più o meno a considerare esplosiva la glicerina dopo aver fatto esperimenti con la nitroglicerina, ottenuta questa per miscelazione con acido nitrico. Mentre la nitroglicerina è uno degli esplosivi più instabili e pericolosi che l’uomo abbia mai inventato, la glicerina senza acido nitrico si può benissimo utilizzare in forma di creme idratanti o, addirittura, può essere ingerita senza rischio per via orale. Grottesca sarebbe quindi una condanna della glicerina se comminata da una giuria che ha valutato l'esplosivo anziché la sola sostanza attiva. Cioè quello che è successo proprio a glifosate.

Purtroppo, tutto quanto accaduto dal marzo 2015, a partire dalla sciagurata monografia Iarc, è invece gravato da tale imbarazzante eredità metodologica. Bizzarra appare infatti la classificazione in Gruppo 2A della sostanza attiva tal quale, ben sapendo che a rappresentare eventuali problemi tossicologici non era lei, bensì i suoi vecchi coformulanti.

Ancora più grave è che da tale approccio surreale sia nato il processo mediatico, politico e popolare più integralista, forcaiolo e sballato della storia della fitoiatria moderna.

Un processo drogato da una stampa generalista gravemente colpevole di aver disinformato la popolazione in modo battente e spregiudicato, dando soprattutto voce alle fonti sbagliate e silenziando sistematicamente quelle giuste. Cioè un processo in cui l’accusa ha potuto fare il bello e il cattivo tempo, mentre la difesa è stata letteralmente relegata in un angolo.

E di tali bizzarrie giudiziarie se ne stanno registrando diverse proprio nei tribunali americani, ove Monsanto è trascinata da più parti con richieste milionarie di risarcimenti, tutte basate sulla ormai famigerata monografia Iarc.

Nella puntata successiva si spiegherà quindi perché, al contrario di quanto è stato millantato recentemente, la nuova metanalisi diffusa dal febbraio 2019 non ha le carte in regola per smentire quanto dimostrato da Andreotti et al. e riassunto brevemente in questo articolo.
 
 
"La tossicologia spiegata semplice" è la serie di articoli con cui AgroNotizie intende fornire ai propri lettori una chiave di lettura delle notizie allarmanti sul mondo agricolo in generale e su quello fitoiatrico in particolare.

Perché la tossicologia, in fondo, è più semplice da comprendere di quanto sembri.