Nella puntata precedente della serie sono stati spiegati i test di tossicità acuta atti a individuare la soglia di tossicità di una molecola a seguito di una singola somministrazione della sostanza attiva.
Nella puntata di oggi si farà il contrario, ovvero ci si focalizzerà sui test necessari a individuare le soglie di sicurezza, cioè quelle di innocuità.

Iniziamo col dire che ai termini "sicurezza" e "innocuità" va sempre abbinato il termine "ragionevole", perché nulla è assolutamente pericoloso o sicuro al 100%. La variabilità genetica umana, per esempio, fa sì che vi siano popolazioni a cui manca qualche enzima a causa di qualche gene recessivo che impedisce la metabolizzazione di una sostanza. Oppure vi siano specifici fattori di rischio che aumentano la probabilità di osservare effetti avversi, anche letali.
 

Il caso alotano

L'operazione è riuscita, ma il paziente è morto. Una frase che suona quasi come una battuta, ma che purtroppo trova numerosi riscontri. Nella storia dell'anestesiologia si trovano infatti sostanze come cloroformio, etere e alotano. Tre molecole utilizzate a lungo per anestetizzare i pazienti e quindi sottoporli a interventi chirurgici. In India il cloroformio venne introdotto a Calcutta nel 1853 e nei primi 16 anni di impiego provocò 383 decessi. Un po' meno l'etere: "solo" 48.

L'alotano fece invece il proprio debutto nel 1956, in Inghilterra, apparendo come sostituto d'elezione del cloroformio in quanto meglio tollerato dall'organismo. Ciò nonostante, nel 1972 venne riportato il primo caso di epatite fulminante causato da questo anestetico gassoso, il quale perse i favori degli anestesisti a metà degli anni '90 e a oggi non è più utilizzato negli Usa, pur venendo ancora impiegato nei Paesi in via di sviluppo come per esempio in India, a causa della sua estrema economicità.

Peccato che in particolari soggetti possa causare necrosi epatica o ipertermia maligna, due effetti collaterali in grado di portare perfino al decesso i pazienti. L'incidenza della necrosi epatica dovute a una singola anestesia pare compresa fra 1:6.000 e 1:35.000 a seconda degli studi, salendo a 1:3.000 a seguito di esposizioni ripetute all'anestetico. I fattori di rischio che modificano la probabilità di non superare l'intervento sono legati al sesso, le donne sono più sensibili all'alotano, ma anche all'età e all'obesità. In altre parole, se si è una donna obesa di più di 50 anni l'anestesia con alotano è meglio non praticarla.

Tutte cose emerse nel tempo, grazie alla possibilità di elaborare statistiche affidabili. Il prezzo del progresso è ovviamente alto, visto che si parla di patologie e talvolta perfino di vite umane, ma si deve pensare che nei decenni di uso di questi anestetici ammontano a diverse decine di milioni le persone che sono state mantenute in vita grazie agli interventi chirurgici.

Appurato quindi che il rischio zero non esiste, ma che si deve parlare sempre di rapporto "rischio/beneficio", torniamo ad occuparci di agrofarmaci.
 

La soglia di non effetto

La tossicologia è decisamente cambiata dal 1853, così come dal 1956. Prima di autorizzare all'impiego una sostanza attiva oggi vanno eseguiti molteplici test al fine di escludere la sua pericolosità ai livelli di esposizione prevedibili negli scenari reali. Dato che è sempre la dose a fare il veleno, vi sono alcuni test che mirano a individuare la dose che di fatto risulta innocua su cavie in laboratorio, ovvero la Noel, acronimo di No observed effect level.
Esistono anche due altri parametri a integrazione della NOEL, ovvero la Noael e la Loael, cioè la No observed adverse effect level e la Lowest observed adverse effect level. La prima esprime la dose alla quale non si sono osservati effetti avversi. La Noal è infatti quella dose alla quale non si sono osservati effetti in assoluto, nemmeno positivi. La Loael è invece la dose più bassa alla quale si sono rilevati effetti avversi nelle cavie.

La durata di tali test è compresa fra circa tre mesi e un anno, al contrario di quanto avviene per quelli di tossicità acuta legati a una sola somministrazione a "botta secca". La ricerca della Noel e degli altri due parametri si sviluppa cioè tramite somministrazioni quotidiane di una sostanza attiva, esprimendo la dose in mg/kg/giorno, ovvero, milligrammi di sostanza attiva per chilo di peso corporeo per giorno. L'esprimere i dati in milligrammi per chilo e per giorno ha il fine di rendere uniformi i risultati indipendentemente dal peso delle cavie. Una Noel pari a 10, per esempio, significa che le cavie sono state alimentate tutti i giorni con una dieta contenente 10 mg di sostanza attiva per ogni chilogrammo del loro peso, senza che si sia verificato alcun effetto sulla loro salute, né positivo, né negativo.

Si possono trovare test effettuati su roditori (topi e ratti), pari di solito a 90 giorni, oppure su cane, arrivando anche a un anno intero. In pratica, considerando la vita media di un roditore e di un cane, le cavie vengono esposte alla molecola per circa un dodicesimo della loro vita. Ciò corrisponderebbe a circa sette anni per l'essere umano. Un lasso di tempo tutt'altro che trascurabile.

Nel corso delle prove le cavie vengono monitorate costantemente al fine di evidenziare effetti di qualsivoglia natura. Al termine del periodo considerato, infine, le cavie vengono sacrificate per effettuare indagini di tipo anatomo-patologico sugli organi interni. Fatto salvo quindi che il lavoro del tossicologo implica aspetti per nulla gradevoli, vediamo ora cosa emerge da tali test su animali.
 

Non succede proprio niente, oppure no?

Per trovare i tre parametri di cui sopra servono ovviamente pool di cavie suddivise in più ripetizioni per dose, sottoposte poi a dosi crescenti. Al termine di ciò si possono ricavare i numeri definitivi.
A 5 mg/kg/giorno, per esempio, non si ravvisa alcun effetto, ma a 20 sì. Magari a questa dose la cavia ha meno massa grassa e sta super bene, mostrandosi energica e più attiva. Praticamente, quella molecola sarebbe il sogno dei patiti di fitness e della tartaruga addominale. Peccato che ciò significhi che a 20 mg/kg/giorno un effetto quella molecola l'ha pur avuto. Quindi la "vera" Noel deve essere individuata nell'intervallo fra 5 e <20.

Poi potremmo avere la Noael, a 50 mg/kg/giorno, e la Loael a 100 mg/kg/giorno. Ovvero a quest'ultima dose le cavie hanno mostrato, esempio a caso, un rigonfiamento epatico o qualche parametro sanitario avverso. Magari si alimentano meno e sembrano meno attive, sintomo di una qualche sofferenza. A 50 mg/kg/giorno non sono invece riportati effetti avversi sulla salute. Quindi la Noael si presumerà stalli nel range compreso fra 50 e <100 mg/kg/giorno.

In assenza di una Noel e di una Noael misurata in laboratorio, si può però utilizzare la sola Loael come base di partenza. Per esempio, la Noel può essere stimata dividendo per 10 questo parametro. Nel caso sopra indicato si fisserà quindi la Noel in 10 mg/kg/giorno (100:10) anche se non è stata realizzata una specifica tesi a quella dose.

Chiarito quindi che tali parametri servono a individuare una soglia di non effetto in un lasso di tempo prolungato, vediamo come si procede per estrapolare la soglia di sicurezza applicabile all'uomo. Fra roditori, cani e uomini vi sono infatti differenze metaboliche che vanno tenute in conto. Come pure fra cavie stesse. Di norma si considera il valore della Noel e lo si divide per cento. Dieci per considerare la variabilità all'interno della specie testata, più altro dieci per tenere conto delle possibili differenze fra cavie e uomo e all'interno della popolazione umana stessa. Come risultante, si ottiene il cosiddetto ADI, acronimo di Acceptable Daily Intake (o Admissible Daily Intake). Anch'esso espresso in mg/kg/giorno è la dose che si ritiene sicura anche quando assunta a tali livelli per tutta la vita.

Ciò significa che un uomo di 70 chilogrammi potrà assumere in assoluta sicurezza una dose pari a 7 milligrammi dell'ipotetica sostanza che abbiamo sopra considerato. Ovvero un centesimo dei 10 mg della Noel, moltiplicato per 70 chili. E questo ogni santo giorno, per tutta la vita. Alla Noel pari a 10 mg/kg/giorno corrisponderà infatti un ADI pari a 0,1 mg/kg/giorno. Un valore che spesso appare fra quelli relativi agli agrofarmaci, categoria di prodotti che mostra sovente valori delle soglie di sicurezza molto rassicuranti. Per esempio, cyazofamide presenta un ADI di 0,17 mg/kg/giorno. Pyraflufen etile ha un rotondo 0,2 mg/kg/giorno. Clorantraniliprole è dato per 1,56 mg/kg/giorno, mentre ametoctradin addirittura per 10 mg/kg/giorno.

Ovviamente, vi sono anche molecole il cui ADI è più basso, come deltametrina (0,01), cymoxanil (0,013) e dimetoato (0,001). Indipendentemente però dal valore dell'ADI, ciò che conta è poi l'esposizione reale a ogni sostanza attiva. E questa è materia fondamentalmente di residui sugli alimenti. Un argomento cui verrà dedicata una specifica puntata fra le successive della serie.

La prossima sarà invece sulla cancerogenicità e su altri rischi potenziali derivanti da esposizioni prolungate, come la mutagenesi o la teratogenesi, ovvero gli effetti sul DNA e sui feti.

Circa infine gli organismi non target, esistono parametri analoghi, per esempio la Noec, cioè la concentrazione che nei test non ha dato alcun effetto su specifici organismi acquatici. In tal caso, per fissare la soglia di sicurezza per le acque, per quella molecola e per quegli organismi, si divide la Noec per 10. Trovare i cosiddetti criteri di qualità per le acque è quindi lavoro duro e lungo, dovendo confrontare molteplici dati bibliografici e assumendo come soglia quella che mette al sicuro l'organismo più debole fra quelli considerati. Ecco perché in molti casi si adopera invece il fatidico limite per le acque potabili, ovvero 0,1 µg/L.
Altro argomento di cui si parlerà in futuro.
"La tossicologia spiegata semplice" è la serie di articoli con cui AgroNotizie intende fornire ai propri lettori una chiave di lettura delle notizie allarmanti sul mondo agricolo in generale e su quello fitoiatrico in particolare.

Perché la tossicologia, in fondo, è più semplice da comprendere di quanto sembri.