Presenta valori favorevoli di Adi (Acceptable daily intake), ARfD (Acute reference dose) e Aoel (Acceptable operator exposure level) e non è né bioaccumulabile né tossico, vista la LD50 pari a 10mila milligrammi per chilo di peso corporeo. È cioè tre volte meno tossico del sale da cucina.

Trattasi di folpet e quelli appena elencati sono i primi due criteri su cui si basa l'inclusione o l'esclusione dalla famosa, o famigerata, lista dei candidati alla lista di sostituzione, cioè quelle molecole tenute in attesa che qualche altra soluzione si mostri in grado di prenderne il posto grazie a un miglior profilo tossicologico e ambientale.
Criteri che non possono essere quindi applicati a folpet, il quale non mostra neppure effetti neurotossici o immunotossici sullo sviluppo, né contiene una proporzione significativa d'isomeri non attivi.

Inoltre, sebbene patisca della nomea di prodotto cancerogeno, essendo in gruppo 2B della Iarc, quello dei possibili cancerogeni, non è stato classificato come cancerogeno di categoria 1 o 2. Nessun problema neanche per la riproduzione. Quindi una molecola che si è pienamente guadagnata la luce verde al termine della revisione cui è stata sottoposta.

Della famiglia delle tioftalimmidi, questo fungicida è attivo contro gli oomiceti come la peronospora della vite, sulla quale esplica un'azione protettiva per contatto esercitata tramite un modo d'azione multisito (gruppo Frac M4) che scongiura anche l'eventuale insorgenza di fenomeni di resistenza. Un plus tecnico di cui troppo spesso ci si dimentica nella stesura dei programmi di difesa.
 

Una serie di vantaggi in una molecola

Oltre ad essere  efficace contro la peronospora, folpet esplica un'azione anche su carie bianca, eutipiosi ed escoriosi, possedendo anche un'apprezzabile attività collaterale contro oidio e black-rot. Fra le azioni secondarie di folpet, si possono conteggiare anche gli effetti su alcuni organismi non patogeni, come Aspergillus e Penicillium, produttori di micotossine.

Elevata la sua resistenza al dilavamento, grazie a una notevole lipofilia. Ciò comporta due altri aspetti di primaria importanza, ovvero la scarsa mobilità nel suolo, ove si degrada nell'arco di pochi giorni, e la sua persistenza sui grappoli. Motivo per il quale è bene non applicarlo con disinvoltura nelle fasi in cui possano restare residui sulle cere, seppur ampiamente negli LMR previsti.

Ovviamente, tale suggerimento vale solo quando i residui di folpet creino imbarazzi in fase di commercializzazione dei vini. Cioè in tutte quelle situazioni per le quali si è voluto godere in campo dei molteplici benefici di folpet, ma poi non aggradi ammettere di averne avuto bisogno. Perché un prodotto che abbonda in molte filiere agroalimentari, vino incluso, è purtroppo l'ipocrisia. 
 

Folpet in commercio

Presente in numerose miscele con sostanze attive citotropiche o sistemiche, come cymoxanil, metalaxil, benalaxyl-M o dimetomorf, oppure strobilurine come azoxystrobin e pyraclostrobin, o ancora valifenalate, folpet può essere reperito sul mercato anche da solo, in formulati granulari all'80% di sostanza attiva.

Moltissime le società che distribuiscono formulati che contengono folpet, a partire ovviamente da Adama, la quale detiene la maggior parte degli asset a livello globale.

Oltre all'azienda israeliana figurano distributrici di almeno un formulato anche Sapec Agro, DuPont de Nemours, Certis Europe, Chimiberg, Gowan Italia, Arysta LifeScience, Sivam, Basf, Comercial Quimica Massò, Iqv Italia, Bayer, Kollant, Syngenta Italia, Scam, Belchim Crop Protection e Upl.