Ci sono 1,1 miliardi di euro previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per aiutare lo sviluppo dell'agrivoltaico. Sono previsti nella Componente 2 della Missione 2, "Rivoluzione verde e transizione ecologica".

 

Per chi stesse meditando di utilizzare i propri terreni per abbinare produzione di energia elettrica e classica produzione agricola, ci sono novità: il Ministero della Transizione Ecologica (Mite), ha da pochissimo pubblicato le "Linee guida in materia di impianti agrivoltaici" e quindi, piano piano, la materia si sta chiarendo. C'è di più, sempre il Mite ha portato avanti una consultazione pubblica sul tema che svela in quale direzione si stia pensando di andare. La consultazione si è chiusa il 12 luglio 2022 ma, fra le altre cose, annunciava che entro il 31 dicembre 2022 uscirà il primo bando, con apertura sessanta giorni, per l'assegnazione delle risorse.

 

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Proprio di agrivoltaico si è parlato anche all'ultima edizione di NovelFarm, evento dedicato alla coltivazione fuorisuolo e in vertical farming che si svolge a Pordenone. Le produzioni fuorisuolo richiedono una grande quantità di energia elettrica, il tema quindi della produzione di energia da affiancare alla produzione agricola è di grande interesse.

 

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L'agrivoltaico, come non si stancano di spiegare gli esperti, è molto diverso dall'agrisolare (pannelli solari montati su strutture preesistenti, come ad esempio capannoni agricoli) ed è diverso dagli impianti fotovoltaici a terra, che consumano suolo agricolo. È lo stesso Pnrr che chiarisce subito che la misura d'investimento è diretta a "sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che non compromettano l'utilizzo dei terreni dedicati all'agricoltura".

 

Con il Decreto Legge 77/2021 - Semplificazioni bis è stato definito l'agrivoltaico, una definizione che ha il suo cuore nel precetto che la produzione di energia elettrica non deve compromettere quella agricola. Recita la norma: "Sono definiti impianti agrivoltaici quelli che adottano soluzioni integrative ed innovative, con il montaggio di moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale anche consentendo l'applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione".

 

L'agrovoltaico non consuma dunque suolo, come il fotovoltaico a terra. Gli studi per capire come le due produzioni possano convivere sono in corso. Fra chi crede nell'agrivoltaico c'è anche il professore Andrea Colantoni dell'Università della Tuscia che, proprio a Novel Farm 2022, ha tenuto un intervento: "Non si toglie terreno all'agricoltura - ha detto - l'impianto agrivoltaico e la produzione agricola possono portare a mutui vantaggi. La presenza di pannelli fotovoltaici a una certa altezza dal terreno, fino ad ora quelli realizzati in via sperimentale sono tutti a 3 metri d'altezza, contrasta l'abbandono dei terreni perché ne aumenta la produttività, riducendo l'evapotraspirazione, si risparmia poi acqua. Si creano nuove opportunità di lavoro e i pannelli poi proteggono le colture sottostanti dagli eventi estremi come alte temperature e scarsità d'acqua".

 

Di agrivoltaico si è parlato nel corso di NovelFarm 2022

 

Sempre nel Pnrr, da tener presente, è scritto che per realizzare l'agrivoltaico è necessario il monitoraggio, con la raccolta dati, sia per quanto riguarda la produzione di energia, sia per quello che concerne la produzione agricola. Lo scopo è proprio quello di verificare, dati alla mano, che la produzione di energia non vada a svantaggio dell'azienda agricola, che resta tale e continua a produrre beni primari. Grazie alle nuove tecnologie andranno quindi monitorati dati che riguardano il microclima, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, la produttività delle diverse colture e la resilienza ai cambiamenti climatici. L'obiettivo nazionale di produzione di energia elettrica, tramite agrivoltaico, è di installare una capacità produttiva da impianti agrovoltaici di 1,04 GW, ciò porterebbe a produrre 1.300 GWh annui, riducendo le emissioni di gas serra di circa 0,8 milioni di tonnellate di CO2.

 

La consultazione diffusa dal Mite ha rivelato molto di come dovranno essere progettati gli impianti agrivoltaici per ambire a poter accedere ai fondi del Pnrr. Si tratta ancora solo di intenzioni, è uno schema di decreto, il bando vero e proprio dovrebbe appunto arrivare entro fine anno. Nonostante la consultazione non abbia valore normativo, può però fornire indicazioni a chi abbia intenzione di aderire e si stia attivando per progettare l'impianto.

 

Le risorse, 1,1 miliardi, sono destinate a finanziare a fondo perduto parte dei costi della realizzazione degli impianti agrivoltaici. Il contributo è riconosciuto nella misura massima del 40% delle spese ammissibili. Il costo di investimento massimo ammissibile è di 1.500 euro a KW. Oltre all'incentivo a fondo perduto sarà affiancata una tariffa incentivante applicata alla produzione di energia elettrica netta immessa in rete. La tariffa incentivante sarà riconosciuta per venti anni. Le risorse saranno assegnate annualmente attraverso bandi, negli anni 2022-2023 e 2024, nel caso ci siano contingenti di potenza o risorse non assegnate.

 

La consultazione dettaglia anche le caratteristiche che gli impianti agrivoltaici dovranno avere, riferendosi proprio alle Linee guida diffuse dal Mite che, quindi, conviene leggere con attenzione prima di avventurarsi in progettazioni. Secondo le anticipazioni, la potenza nominale dell'impianto dovrà essere superiore ai 300 KW, l'appezzamento oggetto di intervento dovrà riservare all'attività agricola almeno il 70% della superficie, la superficie dei moduli rispetto alla superficie totale occupata dal sistema agrivoltaico non deve superare il 40%, l'altezza dei moduli rispetto al suolo non deve impedire che si possano portare avanti le attività agricole o zootecniche, anche sotto i moduli stessi. In ogni caso, l'altezza minima deve essere di 1,3 metri dal suolo, in caso di attività zootecnica e di 2,1 metri, in caso di attività colturale, ovvero l'altezza necessaria perché si possa entrare in campo con i macchinari agricoli. È prevista, come si diceva, l'attività di monitoraggio che seguirà le Linee guida per l'agrovoltaico messe a disposizione dal Mite e sviluppate dal Crea-Gse.

 

A che punto siamo in Italia?

Gli impianti agrovoltaici sono ancora pochissimi, praticamente tutti sperimentali, a differenza di altri Paesi. Come spiegato dal professore Colantoni, chi sta puntando molto sul sistema è la Cina, ha installato 1,9 GW. Proprio in Cina c'è l'impianto più potente al mondo, con 700 MW, vicino al Deserto dei Gobi. Vengono coltivate bacche per contrastare la desertificazione della zona. In Italia, per portare un esempio, c'è Le Greenhouse, Società agricola specializzata nella coltivazione di agrumi in serra che, in collaborazione con EF Solare Italia, sta lavorando in Calabria con un impianto fotovoltaico sotto il quale coltiva appunto agrumi.

 

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Secondo quanto riportato nelle Linee guida per l'agrovoltaico diffuse dall'Università della Tuscia, che ha organizzato il primo tavolo tecnico sull'agrivoltaico, le serre sono dotate di applicativi digitali per il monitoraggio da remoto e i dati dicono che il fabbisogno idrico annuo delle piante è di un sesto rispetto al pieno campo. Una recente ricerca poi ha dimostrato che i limoni prodotti nelle serre agrivoltaiche sono di ottima qualità, superiore agli standard qualitativi richiesti dai disciplinari di produzione per l'Igp.