Lo scorso 5 dicembre è stata celebrata la Giornata Internazionale dei Suoli, indetta dall'Onu nel 2013. Quest'anno la Giornata è stata dedicata al problema della salinizzazione dei suoli, fenomeno che sottrae ogni anno 1,5 milioni di ettari alla produzione agricola, principalmente nei climi aridi e semiaridi.

La Fao ha elaborato un atlante dei suoli salini e sodici (Foto 1), dal quale si osserva che il problema riguarda anche l'Italia.


I suoli salini in Italia a profondità comprese fra 30 e 100 centimetri
Foto 1: I suoli salini in Italia a profondità comprese fra 30 e 100 centimetri
(Fonte foto: Fao, Global Map of Salt-affected Soils (GSASmap))
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L'adattamento dell'agricoltura ai cambiamenti climatici richiederà la ricerca di nuove forme di reddito basate su colture tolleranti al sale, ricorrendo nei casi estremi alle piante alofite.


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Laddove la salinizzazione è ancora moderata, ma abbastanza alta da ridurre sensibilmente le rese delle colture tradizionali, l'alternativa consiste nella coltivazione di piante tolleranti il sale, non necessariamente alofite. Una di queste è l'umile cicoria, capace di produrre più biomassa epigea dell'erba medica e del trifoglio in condizioni di irrigazione con salinità fino a 200 mmol ClNa/litro (11,6 grammi/litro, 1). A titolo puramente comparativo, si ricorda che la salinità del Mediterraneo è 37 grammi/litro.


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L'ortaggio dalle mille proprietà

La cicoria (Cichorium intybus L.) è una pianta della famiglia delle Asteracee, caratterizzata da una grande variabilità morfologica. È una parente stretta della scarola (Cichorium endivia) con la quale può anche ibridarsi. Si ritiene che la cicoria sia originaria dall'Eurasia - Nord Africa e la scarola dal solo areale mediterraneo.

Le varietà coltivate come orticole sono:

  • Cichorium intybus var. sativus (cicoria da radice);
  • Cichorium intybus var. foliosum (cicoria da foglie);
  • Cichorium intybus var. silvestre (radicchio in tutte le sue varietà con diverse colorature).


La cicoria comune o selvatica (Cichorium intybus subsp. intybus) è presente su tutto il territorio nazionale. Da questa derivano le cultivar foraggere.

La cicoria è una pianta molto rustica, le cui radici fittonanti penetrano profondamente nel suolo e fungono da stabilizzatori dell'umidità. Richiede cospicui apporti di azoto e per questo motivo le cultivar foraggere perenni (Puna e Grouse) risultano più produttive se abbinate al trifoglio bianco. Tale abbinamento consente di creare un "pascolo migliorato" laddove si pratica il pascolo (2), oppure ricavare un insilato con caratteristiche nutrizionali comparabili a quello dell'erba medica o il loietto (Tabella 1), molto gradito dagli animali e che non causa gonfiore. Comparato con il grano saraceno ed il loietto, l'insilato di cicoria ha un maggiore contenuto di ceneri (3).

Il vantaggio colturale della cicoria rispetto ad altre foraggere risiede nel miglior adattamento a suoli più salini, maggiore resistenza agli stress idrici, e maggiore capacità di ricacciare le foglie grazie alle riserve immagazzinate nella radice. Le profonde radici hanno inoltre la capacità di controllare il livello della falda freatica superficiale, distribuendo più omogeneamente l'umidità nello strato di suolo fino ad 1 metro di profondità. Secondo quanto riferisce il sito australiano citato prima, la produzione di semi è abbondante e, assieme al trifoglio, assicura la produzione sostenibile del pascolo nel tempo.

La produttività di biomassa ipogea della cicoria da radice va da 38,7 tonnellate/ettaro registrate a Udine - che però ha dato il maggiore tenore di zuccheri ed inulina - fino a 65,6 tonnellate/ettaro a Bologna (4). Lo studio italiano ha dimostrato inoltre che la produttività dipende dall'input idrico e dal tempo di maturazione fino al raccolto. La produzione di biomassa epigea delle cultivar foraggere avviene in due raccolti, va da 1,3 a 1,9 tonnellate SS/ettaro.a (5).


Tabella 1: Comparazione delle proprietà nutrizionali della cicoria con altre foraggere
Tabella 1: Comparazione delle proprietà nutrizionali della cicoria con altre foraggere
(Fonte foto: Department of Primary Industries, New South Wales, Australia)
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La coltivazione orticola della cicoria e l'endivia include la fase di forzatura-imbianchimento, operazione di particolare importanza prevista dal Disciplinare di Produzione del Radicchio di Treviso. Il residuo colturale è rappresentato dalla radice, per ora inutilizzata ma potenzialmente redditizia nell'ottica dell'economia circolare, in quanto principale materia prima da bioraffineria.

I prodotti ad alto valore aggiunto che si ricavano dalle radici di cicoria residue della forzatura sono (6 e 7):

  • Inulina. Costituisce il 68% della sostanza secca della radice. È un polisaccaride simile all'amido, fibra solubile considerata un probiotico, cioè una sostanza che favorisce la crescita dei batteri benefici nell'intestino. L'inulina è un ingrediente molto utilizzato dall'industria nutraceutica: serve come addensante e dolcificante nelle preparazioni senza glutine né lattosio, e nei complementi alimentari per combattere la stitichezza (8).
  • Pectina. Si utilizza come gelificante per la preparazione di marmellate dietetiche (9). La radice di cicoria ne contiene meno del 3%.
  • Saccarosio. La radice di cicoria ne contiene il 14%, da qui il fatto che il suo sapore sia amarognolo con un retrogusto dolce. Il saccarosio si può fermentare per produrre etanolo, oppure valorizzare mediante digestione anaerobica assieme agli altri componenti residui: cellulosa (5%) e proteine (6%).
  • Caffè di cicoria. È un sostituto del caffè noto sin dal Diciannovesimo Secolo. La sua preparazione è molto semplice, si può realizzare anche a livello artigianale. Il caffè di cicoria è un estratto dei componenti idrosolubili della radice, con proprietà medicinali come antinfiammatorio e prevenzione della trombosi (10). L'estratto della radice di cicoria torrefatta è un prodotto utile nella prevenzione del diabete (11).
  • Biometano. Secondo il riferimento (6) già citato, il Bmp (potenziale metanigeno) della radice di cicoria dopo la forzatura-imbianchimento è pari a 336 Nm3/tonnellate SS e quello dei residui dell'estrazione dell'inulina è pari a 255 Nm3/tonnellate SS. Tali rese sono state calcolate con un modello teorico, ammesso dalla norma tedesca VDI 4630 ma non dalla nostra UNI/TS 11703, che ammette solo prove biologiche e ne definisce i criteri sperimentali. Le rese reali probabilmente sono inferiori ai valori citati.
  • Fruttosio. Il fruttosio, anticamente chiamato levulosio, è uno zucchero con maggiore potere edulcorante del saccarosio (lo zucchero di canna o barbabietola, che è composto da una molecola di glucosio legata ad una di fruttosio). Ciò significa che, a parità di sapore, basta una minore quantità di fruttosio nella preparazione, quindi meno calorie per porzione. L'aggiunta di fruttosio cambia anche la testura dei prodotti da forno, rendendoli più elastici e umidi. Attualmente, il fruttosio viene prodotto a partire da amido di mais, un processo lungo e costoso, che si riflette nel prezzo del prodotto finale (12). L'inulina è un polimero composto esclusivamente da monomeri di fruttosio, per cui la radice di cicoria è la materia prima ideale per la produzione di questo zucchero dietetico. La depolimerizzazione dell'inulina richiede l'aggiunta dell'enzima inulasi -ingrediente costoso -, oppure l'applicazione di alte temperature - quindi alto consumo energetico - come si fa per la produzione di tequila.

 

Anche dalle foglie di scarto della cicoria è possibile ricavare sostanze di valore commerciale. Ad esempio, la semplice estrazione con una soluzione idroalcolica al 50% (13) consente di ricavare polifenoli, tannini ed altri composti utili per l'industria nutraceutica. Dopo la distillazione e recupero dell'alcol, l'estratto di foglie di cicoria è un prodotto utile per il trattamento del dolore in pazienti con osteoartrite dell'anca o del ginocchio (14).

L'Unione Europea ha finanziato il Progetto Phenolexa, il cui scopo è ricercare e mettere a punto tecniche di estrazione in piccola scala dai residui colturali di varie orticole, inclusa la cicoria.


Conclusioni

L'uomo ha consumato la cicoria per millenni, a scopo alimentare e medicinale. Lo scritto più antico a noi noto sulla sua coltivazione e sui suoi utilizzi risale al filosofo greco Teofrasto (circa 300 avanti Cristo, 15). Negli ultimi due secoli è stata considerata "cibo di guerra" per il ricorso ad essa quando manca il caffè o la farina di frumento e per "ingannare la fame" per via dell'effetto saziante combinato dell'inulina e la pectina.
Nella nuova guerra che dovremo combattere contro gli effetti del cambiamento climatico, la bioraffineria di cicoria è sicuramente una delle armi che assicureranno la nostra sopravvivenza.


Bibliografia

(1) Boyd D. C. Rogers M. E. (2004) Effect of salinity on the growth of chicory (Cichorium intybus cv. Puna) - a potential dairy forage species for irrigation areas. Australian Journal of Experimental Agriculture 44, 189-192.
(2) P. de V. Booysen; Pasture improvement possibilities in effective animal production systems; S. Afr .J. Anim. Sci. 10, 293 - 298 (1980).
(3) Kälber, Tasja; Kreuzer, Michael, Leiber, Florian; Silages containing buckwheat and chicory: quality, digestibility and nitrogen utilisation by lactating cows; Archives of Animal Nutrition;  2012/02/0.
(4) Baldini, M., Danuso, F., Monti, A., Amaducci, M. T., Stevanato, P., & De Mastro, G. (2006). Chicory and Jerusalem artichoke productivity in different areas of Italy, in relation to water availability and time of harvest. Italian Journal of Agronomy, 1(2), 291–308.
(5) Grant Chapman, Edward Bork, Noble Donkor, and Robert Hudson; Forage Yield and Quality of Chicory, Birdsfoot Trefoil, and Alfalfa During the Establishment Year;  The Open Agriculture Journal, 2008, 2, 68-74.
(6) Katrin Stökle, Benedikt Hülsemann, David Steinbach, Zebin Cao, Hans Oechsner, Andrea Kruse; A biorefinery concept using forced chicory roots (sbiancamento della cicoria endivia e del radicchio) for the production of biogas, hydrochar, and platform chemicals;  Biomass Conversion and Biorefinery; Issue 5/2021.
(7) Nwafor, I. C., Shale, K., & Achilonu, M. C. (2017). Chemical Composition and Nutritive Benefits of Chicory (Cichorium intybus) as an Ideal Complementary and/or Alternative Livestock Feed Supplement. TheScientificWorldJournal, 2017, 7343928.
(8) Marteau P, Jacobs H, Cazaubiel M, Signoret C, Prevel JM, Housez B. Effects of chicory inulin in constipated elderly people: a double-blind controlled trial. Int J Food Sci Nutr. 2011 Mar;62(2):164-70. doi: 10.3109/09637486.2010.527323. Epub 2010 Nov 23. PMID: 21091293.
(9) Zykwinska et al., 2008; Extraction of green labeled pectins and pectic oligosaccharides from plant byproducts; J. Agric. Food Chem., 56 (2008), pp. 8926-8935.
(10) Schumacher E, Vigh E, Molnár V, Kenyeres P, Fehér G, Késmárky G, Tóth K, Garai J. Thrombosis preventive potential of chicory coffee consumption: a clinical study. Phytother Res. 2011 May;25(5):744-8. doi: 10.1002/ptr.3481. Epub 2011 Mar 21. PMID: 21425378.
(11) Nishimura M, Ohkawara T, Kanayama T, Kitagawa K, Nishimura H, Nishihira J. Effects of the extract from roasted chicory (Cichorium intybus L.) root containing inulin-type fructans on blood glucose, lipid metabolism, and fecal properties. J Tradit Complement Med. 2015 Jan 20;5(3):161-7. doi: 10.1016/j.jtcme.2014.11.016. PMID: 26151029; PMCID: PMC4488567.
(12) Dario Bressanini, La scienza della pasticceria, Gribaudo, 2014.
(13) Dzharov, Volodya & Mishra, Abhay & Shariati, Mohammad Ali & Atanassova, Maria. (2017). Food production technology phytochemical contents in solid-liquid extraction of aqueous alcoholic extract of chicory (Cichorium intybus L.) Leaves. Foods and raw materials.
(14) Olsen NJ, Branch VK, Jonnala G, Seskar M, Cooper M. Phase 1, placebo-controlled, dose escalation trial of chicory root extract in patients with osteoarthritis of the hip or knee. BMC Musculoskelet Disord. 2010 Jul 9;11:156. doi: 10.1186/1471-2474-11-156. PMID: 20618964; PMCID: PMC2912794.
(15) Puhlmann, M. L., & de Vos, W. M. (2020). Back to the Roots: Revisiting the Use of the Fiber-Rich Cichorium intybusL. Taproots. Advances in nutrition (Bethesda, Md.), 11(4), 878–889.