Nel gergo euroburocratese, l'acronimo Lulucf viene utilizzato per inglobare in un'unica etichetta tutti i flussi di emissioni antropogeniche di gas ad effetto serra e sequestro di carbonio negli ambienti rurali e naturali e nei prodotti durevoli derivati dal legno. Lulucf sta per Land use, land use change and forestry (utilizzo del territorio, cambio d'utilizzo del territorio e forestazione).

L'importanza del comparto Lulucf trascende però la mera produzione di cibo e legname e l'assorbimento di carbonio atmosferico. Gli ecosistemi, naturali e agricoli, forniscono una serie di servizi addizionali di cui l'umanità non può fare a meno: regolazione idrogeologica, depurazione dell'acqua e dell'aria, mantenimento della biodiversità. L'importanza del comparto Lulucf per l'economia e l'ambiente è riconosciuta da due regolamenti europei: il Regolamento (EU) 2018/481 ed il Regolamento (EU) 2018/1999. Entrambi i regolamenti delegano gli Stati membri ad attuare le politiche volte a tutelare ed incentivare il comparto Lulucf, ma la scarsa attenzione di questi ultimi verso la tutela del suolo spesso ha portato al risultato opposto.
Complica la situazione delle singole aziende agricole e forestali la mancanza d'incentivi a livello nazionale: gli agricoltori sono costretti ad un ruolo passivo in un sistema oligopolistico di prezzi, per cui non vengono incentivati ad adottare pratiche gestionali ecologiche per ridurre gli effetti del cambiamento climatico. La principale criticità riscontrata nella maggior parte delle politiche agricole nazionali è la mancanza di un prezzo definito ed un meccanismo di pagamento per il carbonio catturato nel suolo, nella biomassa viva forestale, o nei prodotti durevoli.
Un'altra politica discutibile è la gestione separata dei comparti Lulucf con l'agricoltura nella Politica agricola comune (Pac) e la forestazione nella Effort sharing regulation (Esr), il meccanismo che assegna ai singoli Stati le quote di emissioni da compensare. Le emissioni derivate dalle attività agricole e la cattura del carbonio con la forestazione e altre attività nel suolo sono dunque gestite a comparti stagni, anche se avvengono nello stesso appezzamento. Una strategia comune ridurrebbe le barriere legali e amministrative a favore di una corretta gestione dei costi e benefici climatici del comparto Lulucf.

Nell'ambito della febbrile attività legislativa connessa al Green Deal, il pacchetto di misure Fit for 55, pubblicato lo scorso 14 luglio, include una proposta di revisione della normativa Lulucf (Revision of the Regulation on the inclusion of greenhouse gas emissions and removals from land use, land use change and forestry (Lulucf)). In questo contesto è evidente la necessità di una legislazione coerente a livello europeo, che valorizzi pienamente la capacità del comparto Lulucf quale potente carbon sink, poiché la quantità di carbonio immobilizzata nel suolo, nella biomassa forestale viva e nei prodotti durevoli, supera di gran lunga le emissioni di CO2 imputabili alla produzione agricola (Foto 1). La sua gestione, tuttavia, richiede maggiori interventi. Ad esempio, un terzo della superficie boschiva europea consiste in piccoli appezzamenti di proprietà di privati, che non li gestiscono attivamente per mancanza di incentivi. Si stima che le rotazioni forestali siano comprese fra quaranta e 140 anni, fatto che conferisce al settore una certa incapacità di adattarsi alle variazioni del mercato in base alla legge della domanda e dell’offerta, per la sua grande inerzia nell'adottare pratiche sostenibili.

Si osserva però una tendenza preoccupante: dal 2005 al 2018 lo stock di carbonio è diminuito, con il declino più forte, -19%, nel periodo 2013-2018. Nella Foto 1 si osserva che le emissioni imputabili alle coltivazioni, acquitrini e pascoli sono rimaste pressoché costanti nel tempo. Le principali cause di declino dello stock di carbonio sono da imputare alla deforestazione (539 km2/anno persi fra 2012 e 2018, di cui la metà a causa dell'aumento degli insediamenti) e alla forte diminuzione dello stock di biomassa viva, risultante da una combinazione di fattori quali attacchi di insetti e malattie, incendi, siccità e aumento della domanda di legna, spinta dagli incentivi all'utilizzo energetico della biomassa.
Tutto sommato, il bilancio di carbonio è ancora positivo, ma è auspicabile un ritorno ai valori del periodo 2006-2013, possibilmente ad un miglioramento degli stessi. L'ondata di incendi durante l'estate 2021 è stata un duro colpo allo stock di carbonio dei boschi italiani, per cui c'è urgente bisogno di un piano di riforestazione su larga scala.

Grafico: Contributo del Lulucf al bilancio di C europeo, in Mton eq. CO2
Foto 1: Contributo del Lulucf al bilancio di C europeo, in Mton eq. CO2
(Fonte foto: Proposta di revisione dei regolamenti Lulucf già citata. Traduzione dell'autore)
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)

Le colture perenni da biomassa possono contribuire significativamente a potenziare i benefici del comparto Lulucf, ma l'effetto è di breve termine: una volta raggiunta la lunghezza del ciclo di ceduazione, l'accumulo del carbonio cala -perché limitato alla biomassa radicale e polloni - e nel lungo termine scende ai valori previ all'impianto. La riforestazione, abbinata a limitazioni all'asporto di biomassa, contribuisce ad aumentare lo stock di carbonio, ma nel lungo termine può portare all'invecchiamento del bosco, che riduce la sua capacità di assorbire CO2 atmosferica.

Un aspetto del Lulufc, nel quale la stessa Ce riconosce che ancora c'è molto da fare, è il potenziamento dei suoli organici come serbatoi di carbonio. Interventi semplici, quali la conversione di campi arati a maggese, o più complessi, come il ripristino degli acquitrini drenati nel XX secolo, offrono la capacità di stoccare grandi quantità di carbonio. Tuttavia, non è stata definita alcuna politica di incentivo agli agricoltori per adottare tali pratiche. È così che nel dicembre 2020 la Ce, attraverso il Jrc (l'ente europeo per la ricerca) ha istituito l'Osservatorio Europeo dei Suoli (Euso) come parte integrante della strategia del Green Deal.

Nei prossimi anni, l'Euso dovrebbe fornire alla Ce le informazioni necessarie per la redazione di una politica coerente di tutela dei suoli, ricerca e innovazione nella gestione degli stessi, ed educazione della popolazione in generale sull'importanza del ripristino dei suoli degradati dalle attività umane. Le aree di intervento previste sono: la riduzione del consumo di fertilizzanti chimici, la gestione dei nutrienti organici nell'ottica dell'economia circolare, la riduzione dell'inquinamento causato dai residui di agrofarmaci chimici, ed il potenziamento del carbonio immobilizzato nel suolo.

La carbonicoltura è contemplata nella Pac e nei Psr.
Per ora, solo due strumenti europei la menzionano esplicitamente:
  • Farm to Fork Strategy. La considera come una fonte di reddito aggiuntiva per gli agricoltori, che dovrebbe aiutare questi ultimi nella transizione economica. Tutt'altro però il parere delle associazioni di categoria italiane.
 
  • Circular Economy Action Plan, che mira a definire entro il 2023 delle regole chiare di certificazione degli assorbimenti di carbonio e dei meccanismi di trading degli stessi.

Con lo scopo di promuovere le pratiche agricole più sostenibili, il 27 aprile 2021 è stata istituita la Carbon Farming Initiative, che in italiano si tradurrebbe come "iniziativa per la carbonicoltura". La filosofia generale è premiare l'agricoltore che adotta pratiche di coltivazione sostenibile, o che rinuncia alla produttività di parte della sua superficie arabile per attuare interventi di riforestazione, corridoi per la fauna o ripristino di acquitrini.
Nella pratica, si tratta di un pagamento per il servizio ambientale reso dall'agricoltore per tali interventi, misurato in termini di tonnellate di carbonio atmosferico catturato ed immobilizzato.

Dalla pagina ufficiale della Ce dedicata al carbon farming si evince che i principali interventi che i legislatori vorrebbero incentivare sono:
  • Incrementare il contenuto di carbonio organico nei terreni arabili impoveriti, con lo scopo di aumentarne la loro produttività e resilienza.
  • Riforestazione, ripristino di ambienti boschivi degradati, e miglioramento delle tecniche gestionali delle foreste esistenti.
  • Produzione di biomassa da destinare alla fabbricazione di beni durevoli.
  • Protezione dei suoli ricchi di carbonio, quali prati e torbiere, mediante tecniche gestionali adeguate.

Nel manuale elaborato per enti statali, aziende operanti nella cosiddetta "economia verde" e Ong (Carbon Farming Handbook) vengono analizzati diversi modelli di incentivazione, modelli di business e alcuni casi di studio.
Ci sono due macrocategorie di interventi: "action based" e "result based". Tradotto in italiano, la prima categoria significa "premi a forfait basati su specifiche azioni, ritenute virtuose". Ad esempio, un agricoltore converte a maggese parte della sua superficie arata e riceve un compenso a forfait per la mancata produzione. La seconda categoria significa "premi basati su un sistema di implementazione e monitoraggio". Ad esempio, un agricoltore destina una certa superficie alla coltivazione di alberi. Le dimensioni degli stessi verranno monitorate in qualche modo da un ente terzo ed il premio assegnato all'agricoltore sarà proporzionale alla quantità di biomassa accumulata di anno in anno.

Una buona parte del contenuto del manuale in questione è incentrato nella gestione delle torbiere, argomento quasi irrilevante per noi, in quanto in Italia le torbiere coprono appena 100mila ettari. La agroforestazione è invece un concetto applicato nel nostro territorio sin dai tempi di etruschi e romani. Consiste nell'intercalare fasce di colture forestali fra le colture tradizionali o filari di siepi e alberi che circondando la superficie coltivata.

I meccanismi di supporto all'agroforestazione sono ancora all'infanzia, per ora se ne riportano solo due:
  • Imprese alimentari o della grande distribuzione che incentivano i produttori. Ad esempio, i coltivatori di ortaggi che riforniscono una catena di supermercati ricevono un bonus per piantare alberi da frutta. Il beneficio per il supermercato è (per ora) in termini di immagine e pubblicità. Questo concetto è il fondamento del sistema inglese Woodland Carbon Code basato su compensazioni volontarie delle ditte, che pagano agricoltori per piantumare e mantenere un certo numero di alberi.
  • Meccanismi di crediti di carbonio. Ad esempio, il Progetto Carbomark condotto in Veneto e Friuli si basa su tale criterio, benché i venditori dei crediti in questo caso erano comuni e i compratori aziende che, su base volontaria, decidevano di acquistare una quota di tali crediti per compensare le proprie emissioni.

La misurazione del carbonio catturato mediante interventi di agroforestazione è relativamente facile per la biomassa epigea, ma difficile da stimare per il carbonio sequestrato nel suolo. Questo costituisce un capitolo a parte del manuale sul carbon farming, che include tecniche quali: la coltura di sovescio, i sistemi migliorati di rotazione delle colture, e la conversione di parte della superficie arata a maggese.

Infine, un capitolo specifico è dedicato alle misure di mitigazione negli allevamenti. Le metodologie di conteggio del carbonio in tali sistemi devono essere ancora perfezionate, ed i risultati variano molto in funzione delle condizioni pedoclimatiche. Indipendentemente dall'origine - azioni intraprese o risultati conseguiti - i crediti di carbonio maturati dall'azienda agricola possono essere vincolati ad uno sponsor, oppure cedibili liberamente all'interno di un mercato ufficialmente riconosciuto.


Conclusioni

Il carbon farming si definisce come "un sistema di incentivazione delle pratiche di mitigazione del cambio climatico nel settore agricolo forestale". Ancora non esiste uno strumento politico amministrativo specifico, una specie di "testo unico", che lo regolamenti a livello europeo. La proposta di regolamento del settore Lulucf ha dunque lo scopo di colmare tale lacuna, riconoscendo monetariamente i servizi ecosistemici che il comparto agroforestale fornisce alla società. Detto in stile Greta Thunberg: per ora la carbonicoltura rimane a livello di "blablabla" politico, perché non si sa quando, né quanto, potranno ricavare le aziende agricole dalle pratiche di mitigazione proposte da Bruxelles.