La coltivazione in serra è uno degli elementi chiave nella strategia contro il cambiamento climatico perché consente maggiori produzioni alimentari con minore consumo di suolo, acqua e agrofarmaci, migliore qualità del prodotto, e la possibilità di rendere produttivi terreni altrimenti inutilizzabili.

Per contro, uno dei problemi principali della coltura intensiva in serra è l'elevato consumo energetico, conseguenza inevitabile della necessità di ricorrere alla ventilazione forzata e talvolta al condizionamento dell'aria per un controllo accurato della temperatura e l'umidità, ai sistemi di pompaggio necessari per la fertirrigazione, al controllo del tenore di CO2, e all'illuminazione supplementare per la coltivazione invernale.

Nei Paesi del bacino mediterraneo il consumo energetico varia da 2 kWh/m2.anno (serre semplici con ventilazione naturale, solo pompe per fertirrigazione) fino a 9 kWh/m2.anno (ventilazione forzata estiva e riscaldamento invernale, [i]). Le serre "hi tech", dotate di pompa di calore per riscaldamento/raffrescamento, di sistemi di umidificazione/deumidificazione e di illuminazione addizionale per i mesi invernali, possono arrivare a consumare oltre 80 kWh/m2.anno (7 chilogrammi equivalenti di petrolio/m2.anno, [ii]).

L'integrazione di pannelli fotovoltaici sui tetti delle serre appare dunque come la scelta più logica per sopperire al consumo energetico dell'azienda agricola senza consumare suolo, e spesso consente di generare un reddito addizionale.

Tuttavia, l'agrivoltaico su serre risolve un problema, ma ne crea degli altri ([iii]):

  • I pannelli convenzionali al silicio sono assolutamente opachi. Di conseguenza, fanno ombra sulle piante, limitandone la loro capacità di fotosintesi e quindi riducendo la produttività. Nei peggiori dei casi, si arriva a perdere oltre il 30% di produttività.
  • L'integrazione dei pannelli più efficienti - silicio monocristallino, rigidi - è solo possibile in serre con tetto a una o due falde, aventi una struttura metallica sufficientemente robusta per sopportare il peso dei pannelli più i carichi accidentali di vento e neve. Esistono pannelli flessibili in commercio - fatti di silicio policristallino su substrato flessibile - che si potrebbero integrare sulle serre ad arco, ma la loro efficienza è minore. Costano di meno rispetto ai pannelli monocristallini, ma poiché è necessario coprire una maggiore superficie per raggiungere una data potenza, l'impianto finito costa uguale o di più di quello con pannelli rigidi.
  • La massima produzione di energia elettrica si ottiene nei tetti delle serre orientate lungo l'asse Est Ovest, ma la produttività delle piante è maggiore nelle serre orientate lungo l'asse Nord Sud.
  • I pannelli convenzionali di silicio soffrono l'invecchiamento, perdendo fra 1,6% e 2,2% di potenza ogni anno, per cui andrebbero sostituiti ogni venti anni. Alla fine della loro vita utile diventano un rifiuto speciale, noto come Raee, Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, il cui smaltimento e riciclaggio non è esente da problemi ambientali, oltre ad avere un costo non indifferente. A partire dal 2030, dovremo fare fronte ad una emergenza: smaltire circa 900mila impianti, che saranno diventati Raee.


La tecnologia dei pannelli semi trasparenti

È possibile ottenere contemporaneamente alte rese di produzione vegetale, maggiore stabilità della temperatura all'interno della serra e sfruttare la superficie agricola anche per produrre elettricità?

In linea di massima , perché le piante utilizzano solo una minima frazione dell'energia solare che arriva sulla Terra (Foto 1). Le piante sono sensibili alla luce chiamata Par, Photosynthetically Active Radiation, radiazione fotosinteticamente attiva, nella banda compresa fra 400 e 700 nm, ovvero lo spettro di colori fra il blu scuro ed il rosso. Tuttavia, la clorofilla A assorbe energia solo nella banda del blu (430-453 nm) e la clorofilla B nella banda del rosso (662-642 nm). Il resto della radiazione Par viene assorbito dai carotenoidi, il cui contributo alla fotosintesi è indiretto. La produttività delle colture è direttamente proporzionale alla luce che le clorofille A e B riescono a catturare, il resto dello spettro produrrà solo calore, che causa stress idrico alle piante.

In numeri rotondi: la radiazione solare che raggiunge la Terra a mezzogiorno in una giornata estiva è pari a mille W/m2 e corrisponde, nella Foto 1, all'area colorata sotto la curva "radiazione a livello del mare" che si estende fra 300 e 3mila nm. Dalla stessa foto  possiamo stimare che la potenza radiante catturata da 1 m2 di superficie fogliare, utile alla crescita della biomassa, non supera i 50 W/m2. I 950 W/m2 restanti vengono in parte riflessi come luce verde, e perlopiù assorbiti dalla pianta, provocando il suo riscaldamento ma senza contribuire direttamente alla fotosintesi.
Inoltre, le piante presentano un meccanismo di saturazione: oltre un certo livello di irraggiamento, l'attività fotosintetica raggiunge un limite. La pianta "calda" emette dunque radiazione infrarossa, ma se si trova in una serra la copertura non lascerà passare tale emissione, quindi il calore rimarrà intrappolato all'interno, aumentando l'evapotraspirazione.


Grafico: Densità spettrale di potenza della radiazione solare
Foto 1: Densità spettrale di potenza della radiazione solare
(Fonte foto: Physics, traduzione e adattamento dell'autore)
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Idealmente, una serra costruita con pannelli che lascino passare parte della luce nella banda Par utilizzata dalle piante, e allo stesso tempo convertano in elettricità il resto della radiazione solare incidente, sarebbe dunque in grado di massimizzare le produttività di biomassa ed elettrica, senza però surriscaldare le piante, risparmiando quindi acqua ed energia di raffrescamento. La tecnologia che di più si avvicina a tali caratteristiche ideali è quella dei pannelli fotovoltaici organici (Opv).

La Foto 2 mostra i risultati di una sperimentazione condotta in Israele utilizzando pannelli Opv commerciali ([iv]), che conferma i vantaggi della coltivazione in serre semi trasparenti.


Crescita dei peperoni (grammi per pianta) in una serra ombreggiata con pannelli Opv (curva nera), in una serra convenzionale di film di Pe (curva rossa) e all'aperto (curva blu)
Foto 2: Crescita dei peperoni (grammi per pianta) in una serra ombreggiata con pannelli Opv (curva nera), in una serra convenzionale di film di Pe (curva rossa) e all'aperto (curva blu)
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Esistono tre tecnologie all'interno della famiglia Opvod (ibrida organica inorganica): i pannelli a semiconduttori organici (polimeri e molecole organiche), i pannelli di perovskite, e i pannelli a celle solari di pigmenti sensibilizzati (Dye Sensitized Solar Cells, Dssc). I Dssc sono stati scoperti nel 1991 dal ricercatore svizzero Michael Grätzel. Consistono in due strati trasparenti conduttivi, vetro o plastica ricoperti da conduttori semitrasparenti come Ito, Indium tin oxide, ossidi di indio e stagno. Uno dei due substrati è reso fotoattivo da un sottilissimo film di ossido di titanio, impregnato con un pigmento organico, il quale converte l'energia dei fotoni in un flusso di elettroni mediante una serie di reazioni fotochimiche, completate dal ruolo elettrochimico degli altri componenti (elettrolita tra i due substrati, particelle di catalizzatore sull'altro substrato).

Le celle Grätzel possono funzionare anche con antocianina, pigmento caratteristico dei mirtilli e altri frutti di bosco, anche se elevate efficienze e stabilità si raggiungono con coloranti di sintesi chimica. La caratteristica dei pannelli Dssc è che, essendo molto sottili e composti da due placche trasparenti, possono sfruttare la luce da entrambi i lati, quindi quella che incide direttamente dal sole e quella riflessa dall'interno della serra o dall'ambiente circostante. Un'adeguata selezione del pigmento consente dunque di "sintonizzare" il pannello in modo che lasci passare la Par utile alle piante, ma allo stesso tempo converta in elettricità la maggior quantità possibile di radiazione nel resto dello spettro.

Rispetto ad altre tecnologie, i pannelli Dssc presentano una serie di vantaggi per la loro integrazione in serre agricole:

  • Possono essere rigidi o flessibili, a seconda che vengano costruiti su lastre di vetro o di plastica rese conduttive.
  • È possibile fabbricarli su larga scala mediante macchinari simili a stampanti, riducendo notevolmente i costi.
  • Non richiedono materiali difficili da reperire, come il silicio monocristallino ad alta purezza utilizzato nei pannelli fotovoltaici convenzionali.
  • Mediante una adeguata selezione dei pigmenti è possibile convertire in elettricità la radiazione su più bande dello spettro.
  • Non contengono materiali tossici e sono riciclabili.
  • Il loro rendimento non cala con l'aumento di temperatura, anzi aumenta, ma è necessario comunque limitare il surriscaldamento per assicurare la stabilità chimica del pigmento e dell'elettrolita.
  • Se realizzati su plastica, sono più leggeri, quindi le strutture di supporto possono essere più esili ed economiche.


L'efficienza massima conseguita finora su piccolissima area è pari al 13%, mentre su larga area, garantendo adeguata trasparenza, si raggiunge il 3-4%. In altre parole, 1 m2 di Dssc esposto al sole di mezzogiorno estivo è in grado di erogare 30 W-40 W di potenza.


Una ricerca italiana

Un gruppo di ricerca dell'Università Tor Vergata, composto dal Centro Chose (professori Reale, Di Carlo) e dall'Orto Botanico dell'ateneo (professori Canini, Braglia), ha messo a punto una serra sperimentale dotata di copertura semitrasparente Dssc.

I pannelli sono realizzati in vetro ed hanno raggiunto un'efficienza massima pari a 3,88%, l'efficienza media è risultata del 2,5%. Un aspetto interessante è che l'efficienza varia di poco con l'inclinazione del pannello: 3,05% nel caso di un pannello inclinato a 45° in piena estate e 3,83% per un pannello disposto orizzontalmente nelle stesse condizioni. L'efficienza raggiunge il 4,62% in condizioni di cielo nuvoloso, ma la potenza erogata dal pannello è logicamente più bassa. La trasmittanza - il coefficiente di trasparenza - dell'intero pannello, incluso il telaio di supporto, è risultata pari al 35% ([v]).

I prototipi dei pannelli Dssc sono stati installati all'interno di una serra acquaponica nell'ambito di un progetto di ricerca della Regione Lazio, disposti sulle piante a modo di teli d'ombreggiatura. La serra acquaponica è la massima espressione del concetto di bioraffineria applicato all'economia circolare. Consiste nella creazione di un ecosistema artificiale, nel quale l'allevamento di pesci produce reflui carichi di NH3 e CO2. I reflui passano attraverso un biofiltro, nel quale i batteri nitrificano l'NH3. L'acqua ricca di nutrienti viene impiegata nella coltura idroponica. Le piante assorbono dunque i nutrienti e restituiscono O2 all'acqua, che viene ricircolata alla vasca con i pesci.

Nei pannelli installati all'interno delle serre (Foto 3) l'efficienza si riduce a 2,18% (pannello a 45°) e 2,94% (pannello orizzontale) perché una parte della luce solare viene riflessa o assorbita dalla copertura esterna della serra. Il passo successivo della ricerca sarà comparare la produttività degli ortaggi coltivati sotto i pannelli rispetto a quelli coltivati nella stessa serra ma senza ombreggiatura.


I pannelli installati all'interno della serra installata nell'Orto Botanico dell'Università Tor Vergata
Foto 3: I pannelli installati all'interno della serra installata nell'Orto Botanico dell'Università Tor Vergata


L'autore ringrazia il professore Andrea Reale per le foto ed il materiale bibliografico fornito per la redazione di questo articolo. I lettori interessati ad eventuali collaborazioni di ricerca possono contattare direttamente il seguente indirizzo email: reale@uniroma2.it.

Bibliografia
[i] Campiotti C, Dondi F, Genovese A, Alonzo G, Catanese V, Incrocci L, et al. Photovoltaic as sustainable Energy for greenhouse and closed plant production system. Acta Hortic 2008:373–8. ActaHortic. 2008 797.53.
[ii] Giuliano Vox, Ileana Blanco, Evelia Schettini, Analisi comparativa e sviluppo di sistemi di distribuzione del freddo negli impianti di raffrescamento solare per serra, Report Ricerca di Sistema Elettrico, Settembre 2017.
[iii] Luca La Notte, Lorena Giordano, Emanuele Calabrò, Roberto Bedini, Giuseppe Colla, Giovanni Puglisi, Andrea Reale,
Hybrid and organic photovoltaics for greenhouse applications, Applied Energy, Volume 278, 2020, 115582,  ISSN 0306-2619.
[iv] Peretz MF, Geoola F, Yehia I, Ozer S, Levi A, Magadley E, et al. Testing organic photovoltaic modules for application as greenhouse cover or shading element. Biosyst Eng 2019;184:24–36.
[v] Stable Semi-transparent Dye-sensitized Solar Modules and Panels for Greenhouse Applica-tion J. Barichello1, L. Vesce1*, P. Mariani1, E. Leonardi2, R. Braglia3, A. Di Carlo1,4, A. Canini3, A. Reale1*, Energies, 2021, in pubblicazione.