Il salice (Salix sp.), protagonista involontario del film drammatico-storico "L'albero degli zoccoli" diretto da Ermanno Olmi (1978), è una pianta intimamente legata alla tradizione contadina italiana per la sua molteplicità di utilizzi. Esistono oltre trecento specie appartenenti alla famiglia Salicaceae. Le più diffuse nelle campagne italiane sono: il salice bianco (Salix alba), il salice da vimini (Salix viminalis) e il salice rosso (Salix purpurea), anch'esso utilizzato per ricavarne i vimini. Il salice piangente (Salix babylonica) è quello più conosciuto al largo pubblico, ma si tratta di una specie alloctona, introdotta come ornamentale nei parchi e nei giardini nel Centro Nord del nostro paese.

La facilità di propagazione per semplice talea, la velocità di crescita e la capacità di adattamento a quasi tutti i tipi di suoli determinarono la grande diffusione di questa pianta nei margini non coltivabili delle campagne, lungo i fossati ed i corsi d'acqua. Gli usi tradizionali del salice nell'artigianato contadino erano svariati: dal legno leggero e di facile lavorazione si ricavavano zoccoli e manici per scope e attrezzi, dai rami più sottili i vimini per le ceste ed i legacci per le viti, dalle foglie una tintura di colore giallo per stoffe di lana, la corteccia - ricca di acido salicilico, componente essenziale dell'aspirina - veniva bollita ed il decotto risultante utilizzato come febbrifugo e antinevralgico. La legna secca veniva utilizzata per accendere il fuoco perché arde velocemente e con fiamma viva.

La sparizione progressiva dell'artigianato ha ridotto la coltivazione del salice quasi esclusivamente a scopi energetici. Secondo uno studio del Comitato termotecnico italiano (Rif. [i]), il Pci (potere calorifico inferiore) del legno di salice è compreso fra 18,4 e 19,2 MJ/chilogrammi, con un contenuto di ceneri tipico del 2% su base secca. La sua densità è compresa fra 490 e 590 chilogrammi/m3 (essiccato all'aria), il legno verde arriva a 790 chilogrammi/m3. L'umidità del legno al raccolto è nel range 49,53%-53,18%, ed è composto per il 75% da olocellulosa - ovvero 44% di cellulosa e 31% di emicellulosa - e 25% di lignina (su base secca, Rif. [ii]). Il contenuto di S e N è molto basso. La torrefazione a 270°C per quindici minuti aumenta del 17% il Pci del legno di salice (Rif. [iii]).

Le piantagioni di salice da biomassa sono state sperimentate nel Nord Italia con due sesti d'impianto diversi. Nel "modello produttivo europeo" (Foto 1), di netta derivazione scandinava, la densità è di 14mila piante/ettaro disposte in file binate, con ceduazione annuale. L'adattamento di tale modello produttivo alle condizioni climatiche padane prevede invece la ceduazione biennale, ed è preferibile una densità compresa fra 6mila e 10mila piante/ettaro, disposte in file equidistanti. In entrambi i casi, lo scopo della coltivazione è esclusivamente la produzione di cippato per centrali di teleriscaldamento. La produttività del modello europeo è di 12,5-13,5 tonnellate/ettaro il primo anno e 10,7-10,8 tonnellate/ettaro nel secondo turno, con un leggero vantaggio per il sesto d'impianto in file equidistanti rispetto alla disposizione in file binate. Ad ogni modo, questo modello produttivo tende ad esaurire rapidamente le ceppaie, aumentando la mortalità dopo il secondo turno, con la conseguente perdita di produttività.

Sesto d'impianto del 'modello europeo'
Foto 1: Sesto d'impianto del "modello europeo"
(Fonte foto: Cra di Casale Monferrato, Rif.[iv])

Nel "modello americano" la densità scende a mille-1.500 piante/ettaro ed il turno di ceduazione diventa di cinque-sette anni. Questo modello produttivo è adatto a ricavare legname per uso industriale, ad esempio per pasta da carta o per imballaggi, per cui questa tecnica richiede più cure colturali rispetto al modello europeo.  La produttività riscontrata con il modello americano è stata di 16,2 tonnellate/ettaro nel primo turno e 20,3 tonnellate/ettaro nel secondo. Oltre alla maggiore produttività, il costo d'impianto è minore perché servono meno talee per unità di superficie, ed il valore del prodotto finale è maggiore, oltre ad avere più possibili mercati potenziali (Rif. [v]).

Sesto d'impianto del 'modello americano'
Foto 2: Sesto d'impianto del "modello americano"
(Fonte foto: Cra di Casale Monferrato, Rif. [iii già citato])

L'utilizzo dei salici per la fitodepurazione di suoli e acque superficiali è stato largamente studiato. L'assorbimento del ferrocianuro - il composto utilizzato per produrre il colorante tessile noto come blu di Prussia - è quasi identico nelle tre specie testate (Rif. [vi]). L'Arpa Veneto segnala il salice come candidato per la fitodepurazione di suoli inquinati con metalli pesanti, con produzione simultanea di biomassa (pagina 49). Il modello produttivo è quello "europeo", le rese in Veneto sono identiche a quelle riportate in Lombardia (Rif. [iii già citato]). Uno studio condotto in Cina segnala che il salice piangente assorbe di più il cromo trivalente rispetto a quello esavalente (Rif. [vii]). Altri studi segnalano che i salici in generale sono in grado di assorbire grandi quantità di zinco e cadmio da suoli inquinati (Rif. [viii]).

I meccanismi fitodepuratori dei salici sono quattro (Rif.[ix]):
  • Fitoestrazione: assorbono un ampio spettro di metalli pesanti (Cd, Cu, Zn, Ni, Pb, Fe) e depurano il terreno in profondità grazie alle loro radici.
  • Fitodegradazione: la flora batterica che si sviluppa in simbiosi con le loro radici è in grado di degradare idrocarburi. I salici hanno eliminato il 57% del petrolio da suoli contaminati nei campi petroliferi in Siberia; l'arieggiamento del terreno indotto dalle loro radici si è rivelato efficace per ridurre le esalazioni di metano dalle discariche di rifiuti; è stata dimostrata la loro capacità di depurare una falda acquifera superficiale contaminata con una miscela di benzina e alcol.
  • Rizofiltrazione e rizodegradazione: le radici dei salici tollerano elevati livelli di azoto e l'allagamento. Esse favoriscono lo sviluppo di una ricca flora batterica non simbiotica, per cui questa pianta è stata utilizzata con successo per la depurazione di fanghi fognari ed effluenti zootecnici.
  • Fitostabilizzazione: la capacità del salice di assorbire ed evaporare grandi quantità di acqua modifica la solubilità degli inquinanti, favorendo la loro precipitazione e immobilizzazione nella rizosfera della pianta. Agli inizi del XX secolo i salici venivano utilizzati per essiccare zone pantanose, con lo scopo di combattere la malaria.

L'applicazione più moderna del salice è la produzione di bioetanolo di seconda generazione. È stato scoperto che i salici che crescono in zone molto ventose, come il Nord della Scozia, subiscono uno stress meccanico che induce un cambio della densità e composizione delle loro fibre. Tale stress si può simulare in condizioni colturali, costringendo i salici a crescere legati a tutori piantati a 45°. Il legno di tali piante risulta più facilmente attaccabile dagli enzimi e quindi produce maggiore quantità di zuccheri fermentescibili, quindi aumenta la resa di etanolo (Rif. [x] e articolo con video della coltivazione in laboratorio). L'autore non ha però trovato evidenze che la scoperta inglese sia stata poi applicata a livello industriale.

Nonostante la corteccia del salice sia stata utilizzata per secoli nel trattamento della febbre, dei dolori reumatici e come antiinfiammatorio, la ricerca medica sull'utilizzo di altri estratti, diversi dalla salicina, è ancora agli esordi. Gli estratti della corteccia di Salix alba contengono anche polifenoli e flavonoidi (Rif. [xi]).
Benché - in teoria - l'estrazione di biomolecole è l'applicazione con il maggiore reddito potenziale, ancora non esiste un mercato definito per gli estratti di salice che ne giustifichi l'investimento. L'utilizzo come biofiltro per decontaminare terreni o falde superficiali è un'altra applicazione estranea all'attività agricola. La coltivazione di questa specie sembra dunque destinata a rimanere marginale, orientata alla produzione di biomassa ad uso energetico.

Bibliografia e approfondimenti
[iComitato termotecnico italiano, Biocombustibili specifiche e classificazione, Raccomandazione Cti elaborata dal SC 9 "Fonti rinnovabili di energia", aprile 2003, Cti - R 03/1.
[iiMichal Krzyzaniak, Mariusz J. Stolarski, Boguslawa Waliszewska, Stefan Szczukowski, Józef Tworkowski, Dariusz Zaluski, Malwina Snieg, Willow biomass as feedstock for an integrated multi-product biorefinery, Industrial crops and products, volume 58, 2014, pages 230-237, ISSN 0926-6690.
[iiiMark J. Prins, Krzysztof J. Ptasinski, Frans J.J.G. Janssen, Torrefaction of wood: Part 2. Analysis of products, Journal of Analytical and Applied Pyrolysis, volume 77, issue 1, 2006, pages 35-40, ISSN 0165-2370.
[ivBergante S., Facciotto G. e Annunziati M.; Nuovi modelli colturali per produrre energia e legno per l'industria, Fieragricola Verona 2008.
[vFacciotto, Gianni & Bergante, Sara. (2006). Impianti annuali, biennali, quinquennali. Produttività e costi in alcune realtà del Nord Italia. Sherwood - Foreste ed alberi oggi. 128. 25-30.
[viXiao-Zhang Yu, Pu-Hua Zhou, Yong-Miao Yang; The potential for phytoremediation of iron cyanide complex by willows; Ecotoxicology. 2006 Jul;15(5):461-7.
[viiYu XZ, Gu JD, Xing LQ. Differences in uptake and translocation of hexavalent and trivalent chromium by two species of willows. Ecotoxicology. 2008 Nov;17(8):747-55. doi: 10.1007/s10646-008-0224-y. Epub 2008 May 10. PMID: 18470609.
[viiiMalik J.A., Wani A.A., Wani K.A., Bhat M.A. (2020) Role of white willow (Salix alba L.) for cleaning up the toxic metal pollution. In: Hakeem K., Bhat R., Qadri H. (eds) Bioremediation and Biotechnology. 2020, Springer, Cham.
[ixBilal Ahmad Wani, Amina Khan and R. H. Bodha; Salix: A viable option for phytoremediation; African Journal of Environmental Science and Technology vol. 5(8), pp. 567-571, august, 2011 ©2011 Academic Journals Review.
[xBrereton, N.J., Ray, M.J., Shield, I. et al. Reaction wood - a key cause of variation in cell wall recalcitrance in willow. Biotechnol Biofuels 5, 83 (2012).
[xiShara M, Stohs SJ. Efficacy and safety of white willow bark (Salix alba) extracts. Phytother Res. 2015 aug;29(8):1112-6. doi: 10.1002/ptr.5377. Epub 2015 may 22. PMID: 25997859.  

Capitoli della pubblicazione della Fao Unasylva - No. 221 - Poplars and willows
Fonte foto completa: dipartimento di Scienze della vita, Università degli studi di Trieste. Foto di Andrea Moro, Comune di Ariano Polesine, località Rivà, lungo il corso del Po di Goro, Veneto, Italia 16 luglio 03. Distributed under CC BY-SA 4.0 license.