A dicembre del 2019 proposi alla redazione di AgroNotizie di creare una collezione di articoli sulle colture energetiche. Mi animava il desiderio di portare ai lettori italiani una visione panoramica del complesso mondo delle biomasse, spesso ridotto solo alle cosiddette "colture tradizionali" e quasi sempre documentato in inglese.

Il mio secondo obiettivo era anche contrastare la disinformazione, diffusa dai blog di parte e dalle reti sociali, frutto della tendenza comune a ridurre il concetto di agroenergia ad una dicotomia fra scuole di pensiero opposte: i portatori di interesse, che lo difendono come una panacea, e le fazioni politiche "verdi" e "antisistema" che lo demonizzano.

In realtà, entrambe le opinioni hanno una parte di ragione e tre parti di torto, perché i problemi del mondo sono talmente complessi che sarebbe impossibile pretendere di risolverli con la logica binaria della sovvenzione o con il divieto. L'impatto di un progetto non si misura solo in base alle emissioni di gas serra.

La mia intenzione è stata dunque di offrire ai lettori delle brevi monografie, contenenti dati obiettivi sui vantaggi e svantaggi delle diverse colture, in particolare quelle meno conosciute. Ogni articolo è frutto di una selezione di pubblicazioni scientifiche, puntualmente riportata alla fine per chi volesse approfondire.  L'inclusione di una bibliografia "peer-reviewed" è inconsueta nel genere giornalistico, ma di fondamentale importanza per demistificare, con dati obiettivi e verificabili da chiunque, le ideologie semplicistiche e spesso autoreferenziate che presentano alcune colture come "miracolo" o "panacea" e altre come "specie aliene invadenti".

Spesso ho sconfinato dall'argomento principale della mia colonna, evidenziando anche il potenziale di bioraffineria e i servizi ambientali che offrono alcune specie. Tale aspetto è spesso tralasciato dall'ideologia dei nostri legislatori, che vedono l'agricoltura solo come una fonte di cibo oppure di combustibili, ignorando questioni vitali quali i bilanci di carbonio e azoto, il contenimento della desertificazione, la conservazione dei suoli, la gestione delle acque, i risparmi nelle importazioni di materie prime, il valore commerciale delle biomolecole, la conservazione della biodiversità.

Questo articolo autobiografico è un ringraziamento alla redazione di AgroNotizie che accolse con entusiasmo la mia proposta, nonostante il lavoro extra che rappresenta gestire un "tema caldo" all'interno della più generica colonna delle bioenergie ed il "rischio" di proporre articoli in un formato poco convenzionale per una testata giornalistica. È soprattutto un ringraziamento ai lettori, il cui gradimento dei temi proposti è palesato dalle statistiche di lettura, dai tanti complimenti e richieste di articoli su temi specifici che continuamente ricevo attraverso le reti sociali.

Nel primo compleanno del tema caldo 'Colture energetiche' vi propongo la lista dei "Top dieci" più graditi dal pubblico, con qualche breve commento o approfondimento sugli stessi.
  • La coltivazione della paulonia: alto reddito o truffa?
    È il tipico esempio di "coltura miracolo", promossa come se bastassero pochi ettari per diventare miliardario. Promuoverla come albero da biomassa è anche il tipico esempio di pensiero lineare e semplicista, vista l'enorme variabilità dei risultati sperimentali. Comunque sia, i conti vanno fatti con criterio: nell'ipotesi di essere così bravi da ottenere produzioni da record, 80 tonnellate di biomassa/ettaro al quinto anno, il rendimento economico sarebbe compreso fra 2.240 euro/ettaro e 2.640 euro/ettaro, perché una tale produttività di biomassa si raggiunge solo con un'altissima densità d'impianto, che consente solo la produzione di cippato. Con densità d'impianto più basse, la produttività sarà, ottimisticamente, dell'ordine di 20-30 tonnellate/ettaro, ma il prodotto sarà legna in pezzatura da stufa, il cui valore di mercato è maggiore del cippato, quindi il ricavo sarà compreso fra 2.700 euro e 4.500 euro (prezzi del cippato e della legna da ardere tratti dal listino della Cciaa di Alessandria, dicembre 2020).
    Un lettore mi ha contattato attraverso una rete sociale obiettando che l'alto reddito si ottiene con la vendita di legno pregiato, il cui valore di mercato è maggiore della legna da ardere. Non sono entrato nel merito di tale questione perché non pertinente al tema della mia colonna - fatto spiegato nell'articolo stesso. Ma poiché qualcuno mi ha lanciato il guanto, accetto la sfida. Ammesso e non concesso che si possano raggiungere produzioni come quelle della zona d'origine della pianta, 6,5 m3 di legname per albero al diciottesimo anno, con una densità d'impianto pari a 300 alberi/ettaro, la produzione lorda sarà di 1950 m3/ettaro. Il prezzo di mercato è definito dalla Cina, principale esportatore di questo legno, e si aggira attorno ai 400-500 US$/m3 di legname già lavorato (si veda un esempio in questa pagina). A meno che il coltivatore non sia anche proprietario di una segheria, sembra poco realistico pensare di poter vendere i tronchi a più di 240 euro/m3, quindi la resa al diciottesimo anno sarà di 468.mila euro. Da un punto di vista finanziario, supponendo un tasso del 2%, compatibile con la situazione attuale, ciò equivale a guadagnare 32mila euro/ettaro.anno. Certamente un ottimo investimento se tutto va bene. Quando si tratta di soldi è sempre d'obbligo prevedere anche gli aspetti negativi: chi garantisce che la produttività nelle condizioni pedoclimatiche italiane sia uguale a quella cinese, che fra diciotto anni il prezzo di mercato dei tronchi di paulonia sarà ancora di 240 euro/m3 e che i "consorzi" che propongono l'acquisto di tutta la produzione esisteranno ancora? Quale agricoltore può permettersi di investire dai 3mila ai 5mila euro/ettaro e sobbarcarsi i costi annui di mantenimento e assicurazione per diciotto anni? Come quantificare il rischio di malattie o di danni meteorologici in un arco di tempo così lungo?
  • Il falso indaco (Amorpha fruticosa): una pianta ad alto biopotenziale.
    Ho scritto questo articolo perché un lettore ha punzecchiato la mia curiosità. Da apicoltore amatoriale conoscevo il potenziale mellifero dell'Amorpha, ma ne sono rimasto stupito della quantità di utilizzi, benché quelli biotecnologici siano fuori dalla portata di un agricoltore. È una pianta che andrebbe studiata e gestita meglio, invece di demonizzarla come "alloctona infestante".
  • La Canna indica L., una coltura dai mille utilizzi.
    La coltivazione della canna indica è il tipico esempio dell'arroganza culturale dei conquistadores del Nuovo mondo. Importata in Europa solo come ornamentale, il suo valore culinario e nutrizionale è stato tralasciato in quanto "cibo di indios". In chiave moderna, anche l'industria agroenergetica continua ad ignorare il suo potenziale come fonte di amido, come potente fitodepuratore per il trattamento dei liquami zootecnici e come ottima biomassa da digestione anaerobica.
  • Robinia per biomassa, bioraffineria e biodiversità agricola.
    L'etichettatura della robinia come "alloctona infestante" è un tipico esempio di manicheismo ideologico dei burocrati europei. Definire come "alloctona" una pianta introdotta in Europa ormai tre secoli fa è certamente una forzatura ideologica. Anche il mais e le patate sono alloctoni, dobbiamo dunque smettere di coltivarli? Il fatto che sia "infestante" è piuttosto colpa delle politiche agricole sbagliate, che hanno comportato l'abbandono di molti terreni e favorito dunque la propagazione della robinia. Una pianta non è buona o cattiva, semplicemente può essere gestita bene o male.
  • L'energia del topinambur.
    Il topinambur è una di quelle colture energetiche di cui se ne parla da almeno quaranta anni, ma nonostante ciò in Europa l'etanolo ancora viene prodotto maggiormente con frumento e mais.
  • Amaranto, il superfood diventa bioraffineria.
    Una pianta dall'enorme potenziale per combattere la salinizzazione dei terreni agricoli, meriterebbe maggiore attenzione dal mondo della ricerca. Nel mercato attuale, però, il "superfood vegano" è più redditizio dell'insilato per digestione anaerobica o dei materiali isolanti.
  • Dall'agave non solo tequila e spago.
    Una coltura abbandonata nel Dopoguerra che meriterebbe maggiore attenzione da parte del mondo accademico. A conti fatt,i però, nei terreni aridi siciliani sarebbe più redditizio produrre "trisquila" che bioenergia.
  • La coltivazione di alofite a scopo energetico e ambientale.
    Le politiche agricole europee hanno da sempre ignorato i benefici della coltivazione delle alofite. Andrebbero individuate le aree a maggior rischio di salinizzazione e promosse le colture capaci di assorbire il sale nei loro tessuti. Per essere efficaci, tali politiche dovrebbero tener conto della gestione ulteriore della biomassa residua, altrimenti il sale tornerebbe al terreno vanificando i vantaggi.
  • Tessuti-non-tessuti dalle fibre di canapa, lino e kenaf.
    La pandemia Covid-19 è stata una manna per i fabbricanti di tessuto non tessuto, il materiale con il quale vengono prodotte le mascherine. Il proibizionismo ideologico nei confronti della canapa ha fatto sì che l'Italia perdesse l'occasione e ne ha beneficiato il Canada.
  • Sorgo da biomassa: la coltura del XXI secolo.
    Il sorgo è il quinto cereale più coltivato al mondo, ma la sua grande variabilità genetica e facilità d'ibridazione offrono un enorme potenziale, ancora poco esplorato, per applicazioni industriali. È una coltura ideale per zone semi-aride, in quanto richiede meno acqua del mais.

Sono inoltre degni di menzione alcuni articoli di questa colonna scritti anni fa, ormai diventati dei "classici" perché registrano un numero di letture abbastanza alto e costante nel tempo.
Sono sempre benvenute le richieste di approfondimento sul potenziale agroenergetico di qualunque coltura ancora da esplorare: farò del mio meglio per trovare informazione affidabile.

Sono anche benvenute le obiezioni e le critiche, purché giustificate da dati scientifici provenienti da fonti attendibili e verificabili. Quindi, le argomentazioni tratte dai blog dei politici, dai siti delle associazioni di categoria, dalla stampa generalista o "prove" autoreferenziate non verranno presi in considerazione! Il confronto d'idee è la base del progresso scientifico, ma il metodo cartesiano si basa su regole definite e collaudate ormai da quattro secoli.

Ancora grazie a tutti quanti e non perdetevi gli articoli che verranno.