Il 20 e 21 novembre scorsi si è tenuta a Bruxelles la riunione plenaria dell'Etip-Bioenergy (European technology innovation platform bioenergy). Il programma delle due giornate è stato ricco di contenuti, con la presenza di circa un centinaio di esperti tra ricercatori, rappresentanti istituzionali e operatori economici, perlopiù del Centro-Nord dell'Ue.

Ha aperto i lavori la dottoressa Maria Georgiadou del direttorato generale della Ricerca e l'innovazione per la transizione energetica pulita della Commissione europea. Il suo intervento ha riassunto le politiche e gli obiettivi europei per il 2030, proposti dalla neo-presidente della Ce, Ursula von der Leyen, e noti come European green deal nei seguenti punti:
  • 50% di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2050.
  • Condurre negoziati internazionali con i maggiori paesi emettitori di gas serra entro il 2021.
  • Istituzione del Fondo per la transizione giusta, un fondo di coesione per la riconversione delle città che dipendono dalle miniere di carbone.
  • Economia circolare.
  • Economia blu (Nda.: traduzione di "blue economy" che nel gergo euroburocratese significa lo sfruttamento razionale e la tutela delle risorse marine. Concetto da non confondere con l'omonimo metodo di sviluppo industriale teorizzato e promosso dall'economista Gunter Pauli.
  • Biodiversità.
  • Impronta di carbonio del settore dei trasporti.
  • Zero inquinamento.
  • Carbon border tax, una tassa alle importazioni di prodotti extracomunitari ad alta impronta climalterante.
  • Revisione della direttiva 2003/96/EC sulle imposte sull'energia.

Per raggiungere tali ambiziosi obiettivi la Ce punta su cospicui finanziamenti alla ricerca e all'innovazione industriale: 100 miliardi di euro dal 2021 al 2027, dei quali 3,5 miliardi al fondo di garanzia InvestEU.

Le risorse sui cui la Ce intende basare lo sviluppo europeo sono praticamente tutte quelle immaginabili: residui lignocellulosici, frazione organica dei rifiuti urbani e industriali, microalghe e cianobatteri, macroalghe, gas di scarico industriali, CO2, acqua, energia da fonti rinnovabili, biogas.
La ricerca si concentrerà su quattro tipologie di processi per lo sfruttamento di tali risorse:
  • Conversione chimica, biochimica e biologica.
  • Pirolisi secca, pirolisi ad umido, gassificazione.
  • Organismi chemio e fotoautrotrofi.
  • Fotosintesi artificiale diretta ed indiretta in sistemi chimici, biochimici o puramente biologici.

I prodotti desiderati dalla trasformazione delle biomasse ottenuti mediante i suddetti processi sono fondamentalmente i sostituti del petrolio: biocarburanti paraffinici e alcoli pesanti, bionafta e biokerosene per aviazione, biodiesel e biobenzina, carburanti sintetizzati a partire da CO2, vettori energetici intermedi di origine biologica (biometano, biometanolo…).

È altresì previsto l'incentivo per: microsistemi di cogenerazione, caldaie residenziali a basse emissioni, cogenerazione e teleriscaldamento a biomasse, integrazione di altre energie rinnovabili con i sistemi di cogenerazione a biomasse, vettori energetici intermedi prodotti da biomasse di scarto e colture in terreni marginali, conversione a biomasse di centrali termiche convenzionali e il loro retrofitting - cioè l'aggiunta di moduli per il recupero termico - e la  produzione su larga scala di vettori energetici intermedi.

Tutte le suddette attività richiederanno un notevole impegno di trasformazione culturale, con una serie di azioni trasversali:
  • Educare la cittadinanza per garantire l'accettazione dei nuovi impianti e la riconversione di quelli esistenti.
  • Abbattere le barriere per la distribuzione del biometano.
  • Definire nuovi standard di sostenibilità.
  • Convertire le aree marginali in aree di produzione agroenergetica.
  • Creare reti logistiche per lo stoccaggio e trasporto dei vettori energetici intermedi.
  • Capacity building, ovvero il processo complesso che prevede sia la formazione professionale dei lavoratori che l'accesso al credito delle imprese, affinché si concretizzino gli investimenti in tecnologie più efficienti. 

Le successive presentazioni tecniche, allineate agli obiettivi politici definiti nel Green deal, hanno illustrato progetti e tecnologie di produzione di biocarburanti liquidi a partire da biomasse forestali e/o rifiuti urbani, anche indifferenziati, sviluppati nel Nord europeo.
Le tecnologie presentate come modello sono comunque nuove varianti di vecchi concetti:
  • Pirolisi rapida di biomasse forestali su letto di sabbia circolante. Produce Fpbo (Fast pyrolysis bio oil, nome altisonante per chiamare il catrame) e come sottoprodotto vapore per generazione elettrica o processi industriali (Foto 1). Il catrame si può utilizzare direttamente come combustibile in caldaie a nafta, ma è acido e corrosivo. Pertanto, gli sforzi della ricerca si concentrano nella co-raffinazione assieme al petrolio nelle distillerie convenzionali. Il vantaggio competitivo del Fpbo è che si può produrre in impianti "piccoli" (150 tonnellate/giorno di biomasse lignocellulosiche).
  • Gassificazione di rifiuti urbani e sintesi tipo Fischer-Tropf di metanolo, con ulteriore conversione a etanolo. Si contesta di tale tecnologia il fatto che il prodotto finale non è del tutto "bio", in quanto può processare indistintamente sia la frazione organica che le materie plastiche (Foto 2). Esiste già un impianto funzionante in Canada e attualmente sono in progetto due nuovi impianti nei porti di Rotterdam (Olanda) e Tarragona (Spagna).
  • Nuovo catalizzatore per stabilizzare il Fpbo, per facilitarne la idrogenazione ed ulteriore distillazione in prodotti identici ai derivati petroliferi.

Esempio di sistema di pirolisi di biomasse presentato dalla ditta Btg Bioliquids B.V
Foto 1: Esempio di sistema di pirolisi di biomasse presentato dalla ditta Btg Bioliquids B.V
(Sito fonte foto)

L'impianto di gassificazione e sintesi di Enerkem ad Alberta, Canada
Foto 2: L'impianto di gassificazione e sintesi di Enerkem ad Alberta, Canada
(Sito fonte foto)

Una delle priorità europee è la decarbonizzazione del trasporto aereo. Un settore soggetto a normative stringenti: i combustibili devono essere stabili alle basse temperature ed avere alta densità energetica (norma Astm D7566). In pratica, né il biodiesel né l'etanolo sono ammissibili come carburanti per aviazione, e neanche sono miscibili con il kerosene. Il progetto Demo Spk è il primo tentativo, a livello commerciale, per dimostrare la fattibilità delle miscele di kerosene tipo JET-A1 con Spk (Synthetic paraffinic kerosene, prodotto a partire da biosyngas e sintesi Fischer-Tropf). Le prove condotte nell'aeroporto di Leipzig-Halle (Germania) utilizzando le miscele di kerosene-Spk hanno dimostrato la possibilità di tagliare del 35% le emissioni di CO2 e ridurre l'emissione di polveri sottili dal 30-60%.
 

Conclusione

Le politiche della Ce spingono fortemente per la sostituzione dei carburanti fossili in tutti i settori del trasporto e per la riconversione degli impianti termici e termolettrici esistenti. Almeno a parole, il Governo von der Leyen vorrebbe favorire gli impianti decentralizzati di piccola taglia, ma la realtà industriale sembra puntare nella direzione contraria. Oltre alla riduzione delle dimensioni degli impianti, necessaria per la produzione di biocarburanti "a km 0" e la autosufficienza energetica di famiglie ed imprese, il problema critico per la sostituzione dei combustibili fossili è sempre uno: la sostenibilità della produzione di biomassa. Dedicheremo il prossimo articolo a questo importante argomento.
 

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