Il glicerolo è il sottoprodotto ottenuto dalla produzione di metilestere a partire da olii vegetali, nota come transesterificazione dei trigliceridi. Si tratta di un processo meno efficiente rispetto a quello dell'idrogenazione e cracking perché si perde circa il 10% della massa iniziale di olio, che si converte in glicerolo. Il biodiesel risultante dalla transesterificazione è "bio" solo al 90%, perché la reazione richiede l'impiego di metanolo, derivato dal petrolio o dal carbone. Ciò nonostante, gli impianti di transesterificazione sono molto diffusi in Europa perché la chimica del processo è molto semplice e chiunque può produrre biodiesel in tale modo, perfino a livello di bricolage.

In Italia, dove l'acquisto e detenzione del metanolo sono mission impossible, tale semplice processo non viene considerato un affare. Il glicerolo puro - derivato dal petrolio - viene impiegato nell'industria alimentare, codificato come additivo E422. Il glicerolo risultante dalla fabbricazione del biodiesel non ha la purezza richiesta dall'industria alimentare e quindi dovrebbe essere purificato per trovare una uscita commerciale.

Il processo di purificazione è però abbastanza complesso, per due motivi: 
  • Il glicerolo è miscibile in qualsiasi proporzione sia in acqua che in alcol e solventi, per cui diventa impossibile separare le impurità solubili negli stessi liquidi;
  • il punto di ebollizione a pressione atmosferica del glicerolo è pari a 290 °C, ma a tale temperatura la molecola si scinde liberando diversi composti gassosi e lasciando depositi carboniosi. L'unico modo di separare il glicerolo dalle impurità è dunque la distillazione sottovuoto a temperature minori di 290 °C, un processo molto costoso in termini energetici e spesso non giustificato a fronte di una piccola domanda di additivo E422, che è già coperta dal derivato petrolifero, più economico e al 100% puro.

Le problematiche legate all'utilizzo del glicerolo grezzo, come combustibile o come matrice di alimentazione degli impianti di biogas, sono state illustrate dall'autore in La glicerina: un sottoprodotto energetico da usare con cautela.
Secondo i dati dell'European biodiesel board, la produzione di biodiesel nel 2016 è stata di circa 11.6 milioni di tonnellate, da dove possiamo dedurre che la produzione annua di glicerolo grezzo sia di circa 1 milione di tonnellate. E' dunque naturale che da anni l'industria cerchi una risposta al problema: Come dare un'uscita commerciale a tale volume di sottoprodotto, del quale non esiste una domanda costante né definita?


Una soluzione semplice

E' noto che la pirolisi del glicerolo produce un syngas ricco di idrogeno, ma l'alimentazione del reattore e la gestione dei residui carboniosi, che tendono ad intasare gli ugelli di entrata, sono problemi difficili da risolvere. Nell'ambito del progetto Brisk (Biofuels research infrastructure for sharing knowledge) sono state condotte prove di pellettizzazione di biomassa mista a glicerolo grezzo. I pellet sono largamente utilizzati, sia negli impianti commerciali di gassificazione che in quelli di pirolisi, grazie alla loro facilità di movimentazione mediante coclee e sistemi pneumatici. La proporzione di miscela ottimale, riscontrata dai ricercatori, - un 10% di glicerolo e 90% di segatura di legno - garantisce un certo ritardo di tempo fra l'ingresso del materiale e la sua decomposizione pirolitica, evitando così l'intasamento dell'alimentatore per accumulo di depositi carboniosi. Tale proporzione garantisce anche l'integrità dei pellet durante il convogliamento, perché si è riscontrato che con percentuali maggiori del 15% gli stessi tendono a disgregarsi.

Gli esperimenti sono stati realizzati in un reattore da laboratorio, riscaldato da 150 a 500 °C ad una velocità di 16 °C/minuto, utilizzando pellet con e senza glicerolo, in modo da verificare la composizione del gas da pirolisi e la quantità di residuo rimanente (biochar). Si è riscontrato che i pellet di legno misto a glicerolo producono una quantità di gas pari al 77,1% della loro massa iniziale, lasciando un 22,9% di biochar residuo. I pellet di legno puro, invece, producono una quantità di gas pari al 73,6% della loro massa iniziale, lasciando 26,4% di biochar (Foto 1). 

I pellet carbonizzati (biochar) risultanti dal processo di pirolisi
Foto 1: I pellet carbonizzati (biochar) risultanti dal processo di pirolisi
(Fonte foto: Pyrolysis of pellets made with biomass and glycerol: Kinetic analysis and evolved gas analysis, P. Bartocci et al., Biomass and Bioenergy n.97 - 2017)

La qualità del gas da pirolisi prodotto dai pellet con glicerolo è leggermente migliore rispetto a quello prodotto dai pellet di legno puro. In pratica, l'aggiunta di glicerolo serve a produrre un gas di pirolisi con maggiore potere calorifico, perché contiene una maggiore proporzione di idrogeno e di formaldeide (Foto 2).

Andamento dei principali gas sprigionati durante il processo di pirolisi dei pellet di segatura di legno (linee rosse) e di legno con glicerolo (linee nere)
Foto 2: Andamento dei principali gas sprigionati durante il processo di pirolisi dei pellet di segatura di legno (linee rosse) e di legno con glicerolo (linee nere)
(Fonte foto: Pyrolysis of pellets made with biomass and glycerol: Kinetic analysis and evolved gas analysis, P. Bartocci et al., Biomass and Bioenergy n.97 - 2017)
(Clicca sull'immagine per ingrandirla)


Conclusioni

Lo scopo dei ricercatori del progetto Brisk era quello di verificare la convenienza dell'utilizzazione del glicerolo grezzo nello stesso impianto di produzione del biodiesel, con lo scopo di generare il calore necessario per il processo di fabbricazione che, ricordiamo, è endotermico, in una caldaia pirolitica, ottenendo biochar come sottoprodotto, il quale ha notevoli vantaggi ecologici come miglioratore dei suoli agricoli (si veda, dello stesso autore, Risparmiare acqua e fertilizzanti con il biochar).

I risultati ottenuti dalla sperimentazione aprono però altri possibili scenari: i pellet di biomassa arricchiti con glicerolo grezzo, oltre a servire come mercato di sbocco per l'industria del biodiesel, presentano maggiore densità energetica e minore contenuto di ceneri rispetto ai pellet convenzionali. L'aggiunta di glicerolo potrebbe dunque servire a migliorare la qualità dei pellet realizzati con biomasse erbacee, rendendoli adatti anche per il riscaldamento domestico e quindi per aprire un mercato interessante alle aziende agricole che attualmente trovano difficoltà a valorizzare i residui colturali, quali paglia di cereali e stocchi di mais o girasole.