Il biometano è il vettore energetico chiave per consentire il passaggio graduale da una economia basata sui carburanti fossili ad una economia decarbonizzata e sostenibile.
La produzione di biometano si basa sulla tecnica conosciuta come upgrading, in italiano purificazione, consistente nell'eliminazione del diossido di carbonio e i gas traccia contenuti nel biogas. Esistono diverse tecnologie per la purificazione del biogas, ma in Italia il freno alla produzione di biometano non è causato da questioni tecnologiche bensì politiche.

L'incentivazione del biometano è disciplinata dal Dm 5/12/2013 e prevede tre tipologie di incentivo per il metano immesso in rete, a seconda della sua destinazione d'uso:
  • il biometano utilizzato per i trasporti è incentivato tramite i rilascio di Certificati di immissione in consumo (Cic);
  • il biometano immesso nella rete di trasporto e distribuzione del gas naturale, senza specifica destinazione d'uso, è incentivato con maggiorazioni rispetto al prezzo del gas naturale;
  • il biometano utilizzato in impianti di cogenerazione ad alto rendimento (Car) è incentivato con le tariffe per la produzione di energia elettrica da biogas.

Gli scorsi 27 e 28 ottobre si è tenuto al Polo scientifico e tecnologico di Tortona il primo corso sul biometano.
Nell'occasione abbiamo intervistato il dottore Piero Mattirolo, presidente del Distretto agronergetico lombardo (Dael), ed uno dei pionieri del biometano in Italia.

Foto 1: Piero Mattirolo e l'autore durante una pausa del corso
 
Foto 2: Il primo corso tecnico sul biometano si è svolto con la partecipazione di quattro docenti: Piero Mattirolo (in piedi), Massimo Cellino (in centro), Andrea Chiabrando, e l'autore.
Hanno partecipato tredici professionisti, esperti del settore biogas provenienti da diverse regioni
 
Da tre anni si dibatte sulla possibilità di produrre biometano per l'iniezione nei gasdotti oppure per la sua compressione in bombole ed ulteriore utilizzo per autotrazione.
Quale sarà la politica di sviluppo della filiera del biometano?

"La prima settimana di ottobre è stato presentato in Regione Lombardia, il documento conclusivo del Tavolo di lavoro sul biometano, che ci ha visti tra i promotori iniziali, insieme ad Rse (il ramo del Gse per Ricerca sul sistema energetico) e a cui abbiamo lavorato, raccogliendo un vasto numero di contributi e partecipazioni, in rappresentanza dell'intera filiera produttiva, dall'azienda agricola al distributore stradale.

Questo documento ha certificato l'esistenza di numerose criticità, che dovrebbero essere recepite dalla revisione del decreto, che dovrebbe essere messa in consultazione entro un paio di settimane da parte del ministero dello Sviluppo economico. (N.d.R: Il documento è scaricabile qui).

A questo proposito, il 14 ottobre sono stato, con il colleghi di Fiper, al ministero dello Sviluppo economico (Mise), per mettere a fuoco alcuni delicati aspetti del nuovo decreto, con lo specifico obiettivo di proporre soluzioni che favoriscano la conversione a biometano degli impianti di biogas esistenti.

La proposta Fiper riguardava nello specifico una serie di criticità, tra le quali le più importanti sono:
  • assicurare elasticità al sistema di incentivazione
  • garantire un adeguato livello di incentivi
  • favorire l'impiego di matrici adeguate al contesto territoriale
  • favorire le riconversioni di impianti a biogas esistenti, per un più rapido decollo della filiera ed un più efficiente uso degli incentivi, rispetto alla tariffa onnicomprensiva elettrica".

Visto il tempo trascorso dalla promulgazione del Decreto Biometano, e la mancanza di un regolamento tecnico in materia, e considerato che altri paesi europei da anni purificano il biogas per l'iniezione nei metanodotti, si ha la sensazione che non esista un piano di sviluppo chiaro da parte del Governo, oppure che ci siano spinte lobbistiche per impedire.
Quale è la sua opinione in merito?

"Non credo che in Italia si possa oggi parlare di spinte lobbistiche avverse al biometano. Direi anzi che la situazione, rispetto a quando è nato il primo decreto del 2013 è molto migliorata. Ho soprattutto l'impressione che il mutato atteggiamento di Snam nei confronti del biometano, che si riscontra ormai da un paio d'anni, potrà avere un effetto positivo sulle concrete possibilità di immettersi nella rete di trasporto.

Nelle reti di distribuzione, invece, secondo le testimonianze che ho raccolto da più parti, si nota ancora un certo scetticismo. Ma va considerato che i gestori di queste reti sono coloro su cui ricade la responsabilità di fornitura al cliente finale.
Senza dimenticare che, in caso di immissione in queste reti, per la loro minor portata, il biometano sarebbe presente in concentrazioni ben più elevate. Questo spiega molta di questa cautela.

Sul tema delle pressioni lobbistiche contro il biometano, io le vedrei di più a livello di regole europee, dove gli attuali meccanismi di confronto della sostenibilità non rendono pienamente giustizia alle eccezionali prestazioni del biometano rispetto a qualunque altro biocarburante.

L'incontro al Mise ha evidenziato una effettiva volontà di sviluppare il biometano nella direzione dell'autotrazione con carattere prioritario. Infatti, a fronte delle difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi per i biocarburanti, le alternative allo sviluppo del biometano potrebbero unicamente essere per il nostro paese:
  • un aumento dell'importazione di biocarburanti dall'estero, oppure
  • l'estensione della classificazione di biocarburanti ad altre matrici assimilabili alle rinnovabili.

Il nuovo decreto si rivolgerà unicamente alla destinazione del biometano all'autotrazione, anche attraverso l'immissione in rete, semplificando molto il quadro delle opzioni. Inoltre sarà previsto un ritiro dedicato del biometano, che sarà veicolato all'autotrazione direttamente dal Gse.

Inoltre, per quanto riguarda la flessibilità, la revisione del decreto ammetterà la possibilità di immettere in rete per ritiro dedicato Gse, quantità non vendute direttamente su impianti di distribuzione propri.

E' chiaro comunque che gli spazi di manovra sulle tariffe sono limitati per il Governo, essendo necessario tenere conto di alcuni fattori:
  • livelli molto elevati dei Cic sarebbero eccessivamente onerosi per il mercato dei carburanti e potrebbero rendere competitiva l'importazione di biometano dall'estero;
  • una premialità eccessiva per la riconversione creerebbe delle disuguaglianze a danno di impianti di nuova costruzione;
  • orientamento europeo contrario al biometano di prima generazione (biomasse dedicate). La linea politica tende alla produzione del cosiddetto "biometano avanzato", cioè prodotto a partire da sottoprodotti e scarti agroindustriali, oppure da Forsu (frazione organica dei rifiuti urbani).

Le simulazioni presentate da Fiper e validate da Rse saranno comunque importanti al momento della presentazione alla Commissione europea della bozza definitiva di decreto, e questo sarà anche un primo frutto della nostra ormai consolidata collaborazione con Rse".
 
Foto 3: una stazione di biometano per autotrazione in Svezia
(Fonte foto: © Mario Rosato)

La fornitura di biometano compresso mediante carri bombolai sembra l'opzione più semplice, dal punto di vista del produttore, per evitare le lungaggini burocratiche, e vuoti normativi, connesse all'allacciamento degli impianti di upgrading alla rete nazionale dei gasdotti. La consegna con carri bombolai direttamente nelle stazioni di servizio sembrerebbe anche il modo più trasparente di assicurare che il biometano venga utilizzato per autotrazione e non derivato ad altri usi.
Quali sono le ragioni per le quali neanche questo meccanismo è stato sfruttato su larga scala in Italia?

"Ad oggi non esiste un valore certo dei Cic, in quanto le leggi non definiscono nessun prezzo di riferimento. Ciò penalizza la filiera, in quanto risulta azzardato realizzare investimenti in impianti se non si ha la certezza del ritorno economico degli stessi.

Ci sono anche delle difficoltà nel definire una normativa tecnica che specifichi i parametri di qualità del biometano per autotrazione: nel caso di biometano prodotto da Forsu, è inevitabile la presenza di silossani.
Questi sono dei gas che contengono silicio, il quale cristalizza all'interno dei cilindri dei motori durante la combustione, creando dei depositi fortemente abrasivi che danneggiano le parti meccaniche.

Le difficoltà incontrate dal comitato tecnico incaricato della redazione del progetto di norma CEN peEN16723-2 hanno spinto gli esperti a chiedere una proroga.
La nuova versione del documento sarà disponibile nel novembre 2016, e dovrà poi essere sottoposta a inchiesta pubblica. I tempi tecnici per la pubblicazione di una norma europea ed il suo recepimento dallo Stato italiano si stimano in almeno un anno"
.

Esiste già qualche impianto a biometano in Italia?
"La mia società, AdMil srl, è stata quella che, nel Polo di innovazione di Tortona, ha costituito la compagine che ha realizzato il primo impianto pilota presso Acea Pinerolese, per biometano da Forsu.
Ci siamo, fin dal 2010, posti il problema di individuare una tecnologia di upgrading che fosse adatta alle piccole taglie, dopo avere esaminato le diverse alternative presenti in tutto il mondo.

Penso che questo sarà ancora uno dei temi centrali per lo sviluppo della filiera. Le difficoltà di trasportare biogas "sporco" a distanze anche contenute, rende necessario l'upgrading sul posto, per quanto piccola sia la dimensione dell'impianto di produzione"
.
 
Foto 4: Il sistema di upgrading a membrane di Acea Pinerolese
(Foto gentilmente fornita da Piero Mattirolo)

Conclusioni
Alla data odierna si intravede finalmente una politica chiara, indirizzata verso l'utilizzo più sostenibile possibile del biometano, ovvero come vettore energetico sostitutivo della benzina.
La spinta normativa di Bruxelles favorisce la produzione di "biometano avanzato" cioè prodotto con sottoprodotti e scarti agrolimentari e Forsu, e non con colture dedicate, quali mais e frumento.

Gli interessati ad approfondire l'argomento possono rivolgersi direttamente a Piero Mattirolo, p.mattirolo@admil.com.