Fiori recisi, piante legnose ed erbacee in vaso, fogliame ornamentale e bulbose: queste sono le diverse sezioni di mercato che compongono il settore floricolo, che ha una notevole influenza sull'industria orticola.

 

Un comparto redditizio che per fare fronte alla competitività globale necessita di cultivar di pregio. Quindi di una costante selezione varietale per esaltare la bellezza del fiore, della foglia o del frutto.

 

Anche in questo settore, come per le arboree da frutto e le orticole, si stanno valutando le potenzialità dell'ingegneria genetica, per ottimizzare le piante e rispondere alle esigenze del mercato.

 

In questo articolo si fa una panoramica sulle potenzialità dell'editing genetico, con un focus sull'uso di Crispr/Cas9.

 

La genetica dà forma ai fiori del futuro

Per le piante ornamentali l'estetica è tutto. Quindi il miglioramento genetico mira prima di tutto ad ottimizzare le caratteristiche fiorali, di cui parleremo a breve, e l'architettura della pianta.

 

Ci sono poi altri caratteri, considerati secondari, come la regolazione del periodo di fioritura, la conservabilità e la resistenza agli stress biotici e abiotici. Pur avendo un impatto diretto sulla qualità e sulla resa finale, questi vengono generalmente trattati nelle fasi successive alla selezione.

 

Nel breeding tradizionale il principale ostacolo per le specie ornamentali è l'ibridazione sessuale, perché hanno un'elevata eterozigosi, sterilità, un maggiore numero di cromosomi, cicli vitali lunghi e/o pool genetici limitati. Tutto ciò si traduce in tempi lunghi per la costituzione di nuove cultivar.

 

Le biotecnologie invece offrono la possibilità di superare alcune barriere genetiche, accelerando i tempi di selezione e propagazione vivaistica. Il vantaggio risiede nella possibilità di effettuare modifiche sito-specifiche, cioè interventi mirati sulla sequenza del Dna che generano mutazioni attraverso inserzioni, delezioni o sostituzioni in geni target. Le principali tecnologie che permettono queste modifiche sono Zfn, Talen e Crispr.

 

Per cosa si differenziano queste tre tecnologie? Le Zfn sono nucleasi artificiali associate a "dita di zinco", domini proteici in grado di riconoscere specifiche sequenze di Dna. Le Talen funzionano in modo simile alle Zfn, ma usano attivatori di trascrizione per individuare i siti bersaglio. Invece, il sistema Crispr si basa su un Rna guida che dirige una nucleasi verso una sequenza target del genoma, dove avviene il taglio.

 

Si sottolinea che comunque alcune piante poliploidi che hanno un numero elevato di cromosomi (3n, 4n, o più serie) e quindi genomi molto grandi, necessitano di un sistema di editing altamente efficiente. Come per esempio il crisantemo e le rose. È necessario quindi avere informazioni genomiche sempre più accurate sulle diverse specie ornamentali, per perfezionarne i tratti e mantenerne la commerciabilità.

 

Dal laboratorio al giardino: nuovi colori grazie a Crispr/Cas9

Il colore del fiore è il carattere ornamentale più studiato per l'applicazione dell'editing genetico. Questo perché i pigmenti, oltre ad avere un ruolo estetico, fungono da barriera protettiva contro la foto-ossidazione.

 

In questo contesto Crispr/Cas9 è stato applicato per modificare il colore dei fiori nella campanella giapponese (Ipomea nil) mutando l'espressione del gene target Dfr. I risultati? Le piante mutate hanno perso la possibilità di produrre antocianina che ha portato ad avere steli verdi e fiori bianchi, rispetto alle piante non mutate che hanno steli scuri e fiori viola.
In generale, lo studio ha dimostrato che è possibile impedire la sintesi della pigmentazione del fiore e dello stelo, e che la progenie può ereditare la mutazione senza l'introduzione di geni esterni (quindi non è transgenica).

 

Un altro esempio interessante è l'uso di Crispr/Cas9 per editare la proteina glutatione transferasi 1 (Gst1) nei fiori di genziana giapponese (Swertia Herba). Si sono ottenute linee con fiori bianchi e blu tenue, rispetto alle linee non mutate che avevano il fiore blu scuro. Di fatto questo studio ha trovato delle nuove mutazioni di colore, non riscontrabili nelle piante con mutazioni spontanee e naturali, che potrebbero servire in futuro per costituire nuove cultivar.

 

I pigmenti vegetali coinvolti nella colorazione sono i flavonoidi, i carotenoidi (colore giallo), gli antociani (colori dal rosso al blu), le betanine e le clorofille α e β (colore verde).

 

Per la biosintesi di alcuni flavonoidi, come le antocianine, si conoscono alcuni geni chiave: Chs (Chalcone Synthase), Chi (Chalcone Isomerase) e Dfr (Dihydroflavonol Reductase). Per i carotenoidi, invece, enzimi come le fitoene sintasi e le licopene ciclasi sono noti per regolare la produzione di pigmenti, come il β-carotene. Infine, per le betanine è noto che la loro biosintesi coinvolge l'acido betalamico, ma i geni specifici non sono ancora ben caratterizzati.

 

Poi a livello cellulare esistono dei fattori di regolazione: il pH vacuolare, cioè variazioni nel pH che influenzano la stabilità e il colore di questi composti nelle cellule, e i trasportatori vacuolari che sono delle proteine, come la Gst (Glutathione S-Transferase) che traslocano le antocianine nel vacuolo, in cui poi si stabilizzano.

 

Conoscere nel dettaglio i meccanismi genetici e di regolazione, permette di intervenire con maggiore precisione sull'editing delle piante, apportando un reale valore aggiunto.

 

Fiori doppi e petali extra: il gene fa la forma

La figura fiorale è un importante obiettivo di breeding nel florovivaismo e consiste nel ricercare nuove forme e tipologie da presentare sul mercato.

 

Anche se i meccanismi molecolari responsabili della struttura floreale rimangono in gran parte inesplorati, è noto che esistono alcuni geni responsabili di determinate caratteristiche.

 

Ad esempio, i geni Petalosa (Pet) possono fare produrre a piante come rose, garofani e petunie un numero maggiore di petali rispetto al normale. Oppure, il gene Agamous (Ag) che svolge un ruolo cruciale nello sviluppo degli organi fiorali, in particolare degli stami (organi maschili) e dei carpelli (organi femminili).

 

Il doppio fiore è una caratteristica ornamentale molto apprezzata e ricercata nel settore vivaistico

Il doppio fiore è una caratteristica ornamentale molto apprezzata e ricercata nel settore vivaistico (Foto di archivio)

(© pro2audio - Adobe Stock)

 

Recentemente, Nishihara e collaboratori hanno utilizzato il sistema Crispr/Cas9 per migliorare la genziana (Gentiana L.) e creare linee a fiore doppio, una tipologia fiorale molto ricercata dal mercato vivaistico. Questo perché la genziana è limitata al solo fiore singolo. Editando il gene Agamous (Ag-Ag1) si sono ottenute con successo piante a fiore doppio, e quindi risorse genetiche preziose per i futuri programmi di miglioramento genetico.

 

Modificare perciò questi geni target consente di creare fiori con petali duplicati, esteticamente molto attraenti per i consumatori.

 

Conservabilità dei fiori, capire i meccanismi per migliorare

Le caratteristiche quantitative dei fiori come le dimensioni, il peso, il numero, e la quantità di foglie sono cruciali nel determinare la qualità dei fiori recisi. Questo perché una volta raccolti i fiori recisi vengono trasportati e venduti senza radici, un periodo quindi molto delicato che necessita di strategie per allungare la conservazione e ridurre le perdite in post raccolta.

 

I tratti target per ridurre le perdite sono la conservabilità, la durata in vaso, la resistenza alle infezioni batteriche durante la conservazione e i fattori di senescenza indotti dall'ormone etilene.

 

Per quanto riguarda la senescenza, si riporta un esempio in cui l'editing genetico ha apportato dei miglioramenti.

 

Nella cultivar di petunia 'Mirage Rose' la tecnologia Crispr/Cas9 è stata applicata per modificare l'enzima della biosintesi dell'etilene, studiando anche se i livelli di trascrizione dei geni PhACO siano associati alla produzione di etilene in diverse fasi della fioritura. Lo studio ha mostrato che le petunie transgeniche (linee T0), con PhACO1 mutato, hanno mostrato una produzione di etilene significativamente ridotta, e con una maggiore longevità dei fiori rispetto al tipo selvatico. Dimostrando quindi che si può migliorare la qualità floricola in post raccolta.

 

Ma non solo, perché gli strumenti genetici possono aiutare ad approfondire i meccanismi molecolari che regolano la durata del fiore. È il caso dello studio condotto su Petunia × hybrida 'Mitchell Diploid', in cui la tecnologia Crispr/Cas9 è stata utilizzata per editare il gene ATG6 coinvolto nei processi di autofagia, ovvero un processo cellulare di riciclo dei nutrienti. Le piante con questo gene "spento" hanno mostrato un'accelerazione dell'invecchiamento dei petali di 2-3 giorni, accompagnata da una maggiore produzione precoce di etilene. È stato osservato anche un calo nella produzione di semi e una diminuzione nella rimobilitazione del fosforo durante la senescenza. Suggerendo quindi che il gene ATG6 regola il fenomeno dell'autofagia, e che questo fenomeno cellulare interagisce con diversi fattori regolatori durante la senescenza dei petali.

 

Fragranze floreali, nuove prospettive

I Composti Organici Volatili (Cov) emessi dai fiori contribuiscono all'attrazione degli impollinatori e alla difesa dai patogeni. Ma vengono impiegati anche nei settori della cosmetica, della profumeria, dell'alimentazione e della medicina. Nonostante il loro utilizzo in diversi settori c'è ancora una conoscenza limitata dei percorsi metabolici coinvolti nella biosintesi del profumo.

 

Negli ultimi anni però l'editing genetico ha aperto nuove possibilità per migliorare o introdurre il profumo nei fiori ornamentali, superando i limiti del miglioramento genetico tradizionale, reso difficile dalla complessità ereditaria di questo tratto.

 

Ad esempio, per migliorare il profumo in lisianthus (Eustoma grandiflorum) si è introdotto con successo il gene dell'acetil-transferasi (Beat) dell'alcol benzilico, un gene presente in Clarkia breweri. Questo perché il gene Beat è responsabile della produzione di acetato di benzile, una delle molecole chiave del profumo floreale, e perché il lisianthus ha fiori esteticamente molto belli ma inodori.

 

In questo studio i fiori transgenici di lisianthus hanno effettivamente prodotto dei Cov profumati, ma solo in presenza di un substrato alcolico durante la fase di coltivazione in vitro, confermando quanto sia importante il controllo dei precursori metabolici.

 

Sono necessarie perciò ulteriori ricerche in questo campo. Anche perché ogni specie floreale sviluppa una combinazione specifica di composti (terpenoidi, fenilpropanoidi/benzenoidi e derivati degli acidi grassi), originando così essenze uniche.
Comunque sia i risultati ottenuti finora aprono scenari promettenti per la creazione di cultivar non solo belle da vedere, ma anche profumate da sentire.